Storielle da pub

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Alzò più volte lo sguardo il dio, prestando attenzione a quello che stava uscendo dalle casse.
C'era di tutto in quella playlist e lui le stava scartando, metteva, ascoltava l'introduzione e poi scartava, con un viso sempre più buffo, a volte più sorpreso che schifato e a volte il contrario. I testi di quei piccoli umani erano stranamente sempre troppo scomodi, la musica che su Asgard serviva esclusivamente a raccontare ballate e guerre, ed a levare il silenzio durante i banchetti, sulla terra invece, come per tutte le altre cose, prendeva tutt'altra piega. Il Rap,  o meglio quello che il dio non sapeva si chiamasse cosi, Loki lo trovava orecchiabile ma gli veniva voglia d'ammazzarli per le frasi che certe volte tiravano fuori. Il rock incarnava forse il loro continuo desiderio di ribellarsi, troppo forte per lui nella situazione in cui era, era confusione il più delle volte. La musica leggera certamente al contrario era fin troppo banale, ridicola, testi noiosi ed ovvi, di fermava più sui vecchi classici, e sui brani ormai passati di moda da almeno un decennio che lei teneva per puro piacere personale.
Chopin fu degno di qualche secondo in più, quando passo per la musica classica e i suoi esponenti fece un sorriso più interessato, sussurrò, fra se e se, pensando di non essere ascoltato:"Dannato Mozart! Dovevi proprio berti la birra Asgardiana?" Lei lo guardó più curiosa di quanto lo era mai stata, lui se ne accorse e cambio di colpo, però per levarsi il suo sguardo di dosso dovette per forza dare una veloce spiegazione.
"Odino l'ha voluto a corte.....Lui si è buttato giù delle birre asgardiane ed è andato fuori gioco! Indovina chi ha salvato il sedere a Thor suonando al posto suo?" Non trattenne una risata, beccandosi uno sguardo di rimando a freccia. "Teofilo loki! Il piacere è mio!"
"Ma non mio!Fu difficile riportarlo fino a casa da sua moglie mentre era ubriaco fradicio, mi ha vomitato addosso una decina di volte quel weekand!"
"Come sei scontroso.."
Improvvisamente lo disse a vele spiegate, guardandolo con una schioppettata di dita, fu lei a cambiare il ritmo, per cercare altre prove, altre reazioni, sul delicato blues di una donna sola si fermò.
Anche lui mise il suo mirino su di lei, contratto, ancora mostrava l'alabastro della scomodità del dolore.
"Sei acida e schizzata, ho il diritto ad esserlo."
Una risposta a sillabe, lente, raschiate, finalmente stava abbandonando l'autostrada, lo fece in maniera talmente brusca che a lui venne da tossire.
I suoi occhi marroni si erano chiusi, una conchiglia viva, irritata, lo aveva fatto a posta.
"Taci" lima.
"Cresci"
Silenzio in aula, voleva solo abbandonare tutto e lo avrebbe fatto, ancora strada, ma stavolta a curve, su e giù, riprese ad accomodarle per lui, prostrava affetto immaturo ai suoi dolori, senza intendersi pienamente.
Il dio degli inganni abbassò il finestrino, aria fredda, un dito di pioggia, era un clima infernale, anzi, la tempesta lo inneggiava alla pazzia.
Pensava solo all' ucciderla, a fermare il suo cuore, a non ascoltare più niente, scaraventata questa idea in un buco di niente, un attimo dopo, di lei vi era solo cenere. Il dipinto della curiosità, il dolore delle labbra si attenuava nel fissare le sue morbide ventose, no, "ventose", un nome che aveva sempre usato per le ragazzine che trascinavano nel suo letto; lei aveva un frutto rosso da cui scappava.
Doveva sapere di veleno, ecco cosa si disse, ansimando al freddo in segreto, entrava l'acqua, a lei, della tappezzeria importava zero, del gelo?
Il gelo era un dio accantonato in terra.
"Tu dovevi essere il ragazzo che alle feste fa il santo."
Considerazione leggiadra, che dire di più? Il nerd introverso, che si metteva a giudicare tutti gli stupidi come estrogeni in moto, altro che uomini in festa, barbari.
Il padre di tutte le streghe si voltò, alzò il finestrino, a filo di chiusura, quanto bastava a percepirne il fischio della pressione.
"Sono quello che non si diverte a fare il troglodita sulle tavole."
Sembrava che la sua voce sprofondasse nel thanatos; ogni secondo di più.
La ragazza beffarda se la stava solo godendo, vederlo cosi,che in qualche modo sopportava la faceva sentire meglio.

Il locale era permeato dal odore di frittura e vecchia tappezzeria, lei entrò per prima, dopo aver neanche donato mezza parola al giunco divino che la seguiva, un blu che sbiancó, per ultimi gli zaffiri, il karaoke mal fatto già rigava i suoi timpani come le unghie sulla lavagna, doveva immaginarlo, umani!
Stupidi animali che amavano distruggere il silenzio in nome di una falsa libertà.
"Adesso basta! Ti rendi conto di dove siamo!" Indicò tutto intorno, lo squallore, le puttane ai lampioni, non era monaco, era lo sputacchio del mondo nella tabacchiera del albero della vita, nemmeno il dannato scoiattolo poteva vederlo.
La trattenne, una diversa ira toccò il fondo, delusione in cristalli puri, lei, lei che considerava meglio di altri, l'aveva condotto nel vomito, in quello stato.
"Sei libero di andartene."
Entrò, alla fine non era così male come si presentava all'esterno, questa fu la prima verità che lo colpi, insieme a un accozzaglia di colori caldi, di musica.
Una manciata di anime perse e meno controversie di quelle due appena entrate, forse più atte al limbo di quel orario bastardo che lascia superstiti solo i vagabondi senza famiglia, i disperati, e infine, infine i giovani, che ruspanti nel cuore della notte cercano l'avventura.
Lui fu travolto, lei da capitano esperto fu pescata dal barrista in fondo, non credevano ai loro occhi, fecero il gesto del mirino, la chiamarono, convenevoli troppo affettuosi, il naso fine, a punta del dio, finì ad osservare una sorta di riconcigliazione.
Seduto su degli spalti invisibili, neanche si presentarono, gliela portarono via, lui li segui,l'anonimato lo zuppava di una sensazione strana, era tornato ad asgard, e lei? Lei era il suo miglior nuovo libro, appena distrutto dai ragazzini ciechi e alterati da sentimenti a lui sconosciuti.
Fitta di dolore e birra di fronte, del cibo, lei, lei aveva pensato a prendergli qualcosa, trascinare il ciclone da lui, almeno in parte, non coinvolgeva con le parole, si era messa sullo sgabello vicino, un occhio di sbieco lo cullava.
"Perché lo hai portato? Avevi bisogno di un padre per venire da noi? Da quando?" Il ragazzo se la rise, passó la parola allo sconosciuto, la pantera dagli occhi zaffiro, lei sperava che non facesse niente di matto, di stronzo. O forse? Era proprio quello che voleva? Già, il sarcasmo, l' intelletto affilato, solo uno sguardo per graffiarsi, quel ragazzo era un arma, un dio, e lei, amava il pericolo, le armi, e le cose da aggiustare.
"No, mi ha detto che mi portava ad adottare bambini." Sarcasmo di stile asciutto, di spazio, e lei paradossalmente veniva respinta e attratta:"Ignoratelo, ha avuto una serataccia"
"Lo hai mandato in bianco?"
Il ragazzo con un occhiolino voleva tornare a pescare nelle sue risate, sapeva chi era, i suoi tormenti, le era stato accanto e anche ci aveva sperato.
Uno scozzó di sguardi, ma la sorella di lui si era messa in mezzo, cercando di parlare con lui, convenevoli, battute, altri due, più un vecchietto andato alla saggezza del vino, alla fine fu solo teatrino di battute. Finché non firmarono la fine di quel ritrovo ritirando fuori la storia di lei, che si era fatta trovare nuda a cantare per ore, in mezzo alla sala, con gente che voleva pagarla per altro, un nervo? No, anche tutto gli salto, dopo tutte le strozate, non voleva più sentirli, come un bambino che si mette le dita nelle orecchie si alzò, e uscì. Prima in bagno, e lei, se ne fregó, ma i murales di quel bagno dicevano abbastanza, forse lei era uguale a tutti gli altri, non aveva carattere, era una di quelle facili, una di quelle che pregavano il fratello?
Si stava aprendo davanti a se quello che poteva essere, non era una ragazza da mettere sul piedistallo, l'unica ad averlo toccato, no, era quella della terza porta al bagno, "bussi tre volte e ti fa le giravolte".
Falso, falso, errati, niente di quelle parole si legavano più a lei, pezzi di vecchie false vicende, travisare, lo vide andarsene dalla porta, e lei, se ne dimenticó per i dieci minuti successivi, pensando che tornasse.
Alla fine uscì lei invece, seguita di nascosto da un camionista che aveva ascoltato tutto, lei cercava lui, un camionista cercava lei, la luce era quasi zero, il sangue a bollore.
Le gelosie scottano di freddo.

 La regina di LokiWhere stories live. Discover now