Mio.

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A volte è meglio sapere di essere soli, la solitudine è la salvezza eterna, se si impara a stare da soli, a chiudersi nella nostra testa, combattere i nostri demoni; si diventa invincibili.
La felicità per questo è uno stato mentale pressoché inarrivabile, dopotutto, siamo dentro a un corpo per sentire, amare e massacrarci: vivere.
Erano ancora entrambi molto lontani dalla salvezza privata, così presi da tutto quello che poteva essere stata colpa loro. Mettere le mani nelle cose altrui è così strano quando non ci si è abituati, quando non si è in confidenza, aveva troppe cose assurde per Elisa quel uomo, non sapeva da che parte rifarsi, non sapeva nemmeno cosa fossero certi oggetti, era stanca, finalmente sola eppure doveva sistemare tutto per quel Dio del Tuono.
Non riusciva a non pensare a quel inganno, a quella bella idea di spedirla altrove, aveva sperato, anzi, aveva voluto credere che lui avesse detto la verità.
Dopo un po' senti un sospiro dietro di lei, si tese immediatamente, si voltò appena, era lui, non aveva idea nemmeno di come fosse entrato, se era entrato...poteva essere solo una copia.
«Non ti preoccupare, sarò fuori dai piedi appena tuo fratello si rialza da tavola.» Loki non sapeva che dirle, certamente non amava l'idea di lasciarla andare, aveva bisogno di restare in contatto con lei.
«Guardami.»
Solo questo, non pensava potesse essere così taciturno, lei si voltò:
«Che altro mi vuoi ordinare?»
Non aveva voglia di litigare, quindi si avvicinò semplicemente, mostrandole un ciondolo.
«Mettilo, così saremo in contatto.»
Lei lo fissò.
«Non mi interessa essere in contatto con te.» Seria.
«Vai con lui solo perché è troppo stupido per restare qui, mi hai promesso che lo avresti fatto.«
«Andare in guerra non era nel contratto.» lui aveva sperato di riparare con quel ciondolo, invece stava solo tornando tutto come prima, iniziava ad arrabbiarsi, non riusciva mai, mai, a trattare con lei decentemente.
«La guerra sarà qui, quindi in effetti non lo sarai e nessun campo di Asgard è stato mai sconfitto:Mettitelo.»
Stava mentendo molto probabilmente, lei lo guardò molto male.
«Non prendo ordini da te, smettila di provare a raggirarmi.»
«Ragazzina io non l'ho mai fatto!»
Acido, lasciò a quel punto quel dannatissimo ciondolo sul primo ripiano disponibile.
«Fai come vuoi.» un ringhio, lei rispose come uno scambio di sorrisi fra iene. «Bene.»
Poi lui si avvicinò, prendendola per quel vestito, con forza.
«Ma ricordati che hai un patto con me e se solo proverai a pronunciare il mio nome a qualcuno io ti ucciderò.»
Era la prima volta che la minacciava dopo tanto tempo, lei strattonò indietro:«Tu non vuoi restare in contatto, vuoi controllarmi..» offesa, lui non voleva dire cosa voleva davvero, voleva sapere se stava bene, ma sarebbe stato tutto inutile cercare di ragionarci:«Credi a quello che vuoi.» la lasciò come fosse un niente, le diete le spalle, voleva andarsene, andarsene prima di distruggere tutto, l'idea che potesse davvero non credere a niente del buono che cercava a suo modo di farle lo faceva infuriare.
«Credo che sarà difficile rispettare un patto da morta.» lui si bloccò, si voltò indietro era istabile, così istabile che per la prima volta si chiedeva Elisa se si fosse del tutto sognata certi suoi aspetti. Erano un sistema oscillante, entrambi magnetici a loro modo, come giravano si respingevano o si avvicinavano, casualmente, a seconda del vento che gli scuoteva, a seconda della realtà.
«Tu non morirai.» lei stava per scoppiare a ridere, che dannato pazzo che era, prese quel ciondolo con una mano, lo guardò, lui tornò a voltarsi, voleva assicurarsi che lo mettesse al collo, non si sarebbe più tolto: un tranello? Sì, a fin di bene, era un guinzaglio? No, o meglio, per chi teneva la corda appariva solo un sistema di sicurezza. Dopotutto, tutti noi abbiamo usato una cosa simile almeno una volta nella vita: usiamo i guinzagli sugli animali a noi cari, scriviamo il nome sulle cose che amiamo, tutti leghiamo da qualche parte, affiggiamo, dichiariamo, firmiamo che qualcosa è nostro, soltanto nostro:perché quindi non dovremmo volerlo fare anche con le persone? È contorto e teneramente spaventoso il voler possedere qualcuno, ma ineluttabile.
«Come funziona.»
Lui alzò un sopracciglio, non sapeva cosa le avesse fatto cambiare apparentemente idea, non se lo chiese, preferiva l'accondiscendente Elisa , per quale motivo lo fosse era poco rilevante.
«Come un telefono, basta che chiami il mio nome e si attiva.»
Non era certa fosse solo quello, si fidava di Loki ma non delle sue parole, anche certi paradossi possono dare certezze.
«Può anche localizarti ovunque: va bene?» esplose, fra l'ironico e lo stizzito, a quel punto lei si fece cautamente scorrere la catenina intorno al collo, appena toccata la sua pelle si illuminó per un attimo, loki la guardò in maniera strana; soddisfatto. Elisa era certa ci fosse altro, tuttavia non voleva veramente scoprirlo: il vaso di Pandora non si apre, lei aveva già fin troppo sbirciato.
«E non si può togliere.» un sorriso smagliante.
«Oh, né ero certa.» Ironica, era certa che dovesse sempre esserci un prezzo con lui. «Loki, dovresti fidarti di me.»
Lui si portò una mano alla testa, non si aspettava un simile volume, non aveva mai usato una cosa simile.
«ah, proprio nella tua testa? Divertente..»
«Non proprio ragazzina, ma funziona.»
Lei ridacchiò, poteva torturarlo? Beh, lo avrebbe fatto, una volta scoperto che lui la sentiva forte e chiaro, proprio nella sua testa, lei pensò bene a quanto poteva essere usato a suo vantaggio. Le piccole vendette sono le migliori, quelle che possono passare per innocenti, ma si portano via tutto.
Possedere non è mai come essere posseduti, tutti lo imparano solo quando qualcun'altro decide di incidere il proprio nome sul loro corpo.
«Usalo solo se strettamente necessario.»
Volle tagliare corto lui, a quello sguardo malizioso, preoccupante.
Aveva scelto di fare una cosa simile solo perché era l'unico modo, se li avessero presi avrebbe funzionato fino a che la sua mente fosse rimasta in vita, ma aveva degli effetti collaterali, il mal di testa e il fatto di funzionare in entrambi i sensi.
Puntava sul fatto, che lei non fosse proprio in grado di usarlo per localizarlo o forse segretamente ci contava.
«Certo, Loki..penso di apprezzarlo già moltissimo.»
«Ti odio.» sbuffò lui, toccandosi le tempie era fastidioso, ma sentiva bene, il ti odio per la prima volta arrivò dritto dal ciondolo, o meglio né sentì due. Loki aveva detto a lei quel ricevitore perché pensava fosse troppo debole per ricevere direttamente nella testa, o forse, aveva paura di essere troppo fragile lui per entrarci.
«Puoi sentire anche le mie conversazioni con altri?»
«No, per fortuna.» la risposta fu così rapida che lei non dubitò minimamente, era la verità, alzò le spalle.
«Sfortuna forse..il tuo obbiettivo non è usarmi come cimice umana?»
Lui sospirò, doveva andarsene, era già troppo tempo che era lì, era esposto all'arrivo di altri servitori e di Thor.
«Mi basta e mi avanza sentire la tua voce nella mia testa.»
«Come si chiude?» in effetti, adesso lui continuava a sentirla nella testa, e lei da quel microfono, che poi era stranamente elegante, un piccolo nocciolo verde dentro un abbraccio di metallo.
«Basta che dici: "Perth"»
Appena lo disse lui, la comunicazione si interruppe.
Fece per andarsene e lei non lo fermò, anzi lo guardò bene, lui che spariva nella parete come non fosse mai esistita.
«Come la runa.» commentò da sola, non capiva perché se ne fosse andato così in fretta, aveva altre domande da farli, non lo nominò però, non voleva insistere.
Poco dopo la porta si spalancò, Thor entrò nella propria camera sorridente, Elisa capì che era per questo che si era volatilizzato.
«Allora, visto che dobbiamo partire dimmi che sai fare!» Elisa fu colta alla sprovvista, Thor era visibilmente troppo allegro, in effetti era gioioso di avere qualcosa da fare.
Aveva passato un periodo triste vedendo invecchiare la propria famiglia, la propria figlia, aveva iniziato a viaggiare per distrarsi e trovare qualche impresa nuova, ne aveva fatte di ogni forma, ma il mondo era diventato troppo tecnologico per lui, lui non era un agente delicato, non era in grado di confondersi con l'ambiente circostante, anzi! In un mondo sempre più pieno di tecnologia, Thor sembrava una statua immutabile, mentre ad Asgard tutto restava come lui, fermo e si risentiva a casa.
«So cavalcare.» Elisa istintivamente, distogliendo lo sguardo, sapeva fare solo quello, solo quello era la sua vita; era, passato, adesso era solo la cimice di un Dio capriccioso.
«Già qualcosa!- Thor andando a sciacquarsi il viso.-
Sai tirare con l'arco?»
«Perché? Non proprio, ho provato solo un paio di volte alla turca.»
«Alla che? Vabbhe, perché può essere utile, le tende asgardiane sono protette da campi di forza, tuttavia può essere utile saper fare qualcosa.»
Lei sorrise:«Sono lì per servirvi.»
Thor annuì, l'idea di avere un'umana fragile alla tenda non li piaceva, in tutto il palazzo avevano servitori pericolosi: trasformisti, velenosi, razze molto più resistenti degli umani anche se, vedendo quanto si erano espansi: come un germe nell'universo, aveva i suoi dubbi che fossero davvero così fragili, tuttavia da soli, da soli erano come un gattino, al massimo graffiavano.
«Sì, ma è meglio essere pronti a ogni evenienza.»
Lei annuì, mentre il Dio del Tuono premeva una specie di bottone su una cassa, si sentí:"impronta accettata"
Elisa allungò lo sguardo, era pieno di armi e cose strane, sembravano uscire da un film di fantascienza, si chiedeva a quel punto se avrebbe visto l'Interprise.
Sull'interno della cassa c'era una foto di Jane sulla cinquantina con accanto un'altra ragazza più giovane e Thor, Elisa lo notò ma stette in silenzio.
Thor ci passò sopra gli occhi senza curarsene, iniziò a passare alla ragazza oggetti su oggetti senza spiegare niente.

 La regina di LokiWhere stories live. Discover now