Intenso

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Tutto ha bisogno di essere intenso per essere ricordato, colori forti, schiaffi, baci, graffi.
E un libro non deve essere da meno, come la realtà deve segnarti dentro, quel sogno che aveva bucato la stoffa del mondo, stava aprendo sempre più i tagli che aveva già fatto sotto forma di mera fantasia nell'animo di quella ragazza, sempre più consumata, scaricata.
Come, la sua gemma abbandonata nel bosco, che iniziava a diffondere negli stagni, nelle roccie, la propria magia stava iniziando a mettere le radici per fare i suoi percorsi indomiti, ma, adesso, nella mente di lei, c'era solo da mettere in moto.
Con il dio al fianco, che guardava il cielo plumbeo alle sue spalle e poi lei, si erano staccati a forza, soprattutto lui.
Dopo quelle parole non aveva voluto ascoltarne altre, allibito, basito, non ci credeva: Non era un mostro? Come osava non dargli del mostro, o ancora, come osava lui, sentire sollievo da quelle parole.
Lei era andata a cercare in tutta fretta il suo cellulare, il suo mondo reale, che cosa stava facendo, che aveva nella testa?Era stata una catastrofe quella nottata, temeva che fosse solo l'aperitivo.
Il suo mondo bolla, tra i due universi, quanto avrebbe voluto mettere anche lui un segnetto e qualche parola in un arcaico cellulare per sistemare tutto, ma non lo aveva, si ritrovò scivolare addosso un altro "grazie"
quando vide che aveva inviato il messaggio in sospeso.
Riprese la strada di casa, lentamente, il navigatore aiutava, la domanda sorse spontanea, come aveva fatto a portarla fino alla macchina? Era pesante, e lui un cencio, poi, ancora, quante multe aveva preso, effrazioni da pagare, pace pregava solo si sistemasse tutto per entrambi.
"Mi hai portato tu?"
"Dove?" Scocciato, strascicato, guardandola, per poi calare di nuovo nel silenzio, in sospeso, solo nella coda, già, l'ora di punta terribile, in mezzo ai camion, ci fu il punto a quella frase.
"Si, e non lo farò più, la prossima pazzia, ti lascio lì."
Mentiva egreggiamente, il ginocchio buono andava su e giù, una mano di lei sul cambio, la noia incendia il fil di ferro che impacchetta i cuori.
"Va bene"
Di getto, a bassa voce, non pioveva, ma le nubi promettevano freddo e forse, forse nevischio e lei rabbrividi.
Gli occhi del dio si persero nel buio, anzi nel cielo, c'era qualcosa che non lo convinceva, troppa calma, forse, c'era nei suoi occhi il riflesso della preda inseguita.
La donna, la notò, bhe, era il suo lavoro notare l'ansia allungò una mano per sbaglio, aveva una fame moriva,e anche il dio, si era solo bevuto uno di quegli amari e schifosi cosi caldi, un caffè, ma non aveva avuto abbastanza soldi per felpa e altro.
Lui, si spostò, scintilla:
"Come fate a vivere così? Dannazione!"
Riferito ai mortali, le sue mani facevano blu, rosa, blu, rosa, era insopportabile, lei, era quella che aveva visto di più il suo vero colore, quella che respirava ancora, dopo aver toccato il mostro.
"Così...si va avanti." Rammaricata.
"Imbottigliati, topi,cercate in tutti i modi le catene, poi, io ero il regnante d'inferno, vero? Anche tu, come tutti gli altri mi avresti dato del pazzo, poi guardatevi, una mandria di pecore, stupide, che fanno sempre le.stesse cose." Si zitti, notando come lo guardava, perché lo fece? Beh,la verità scivola sulle guance, e lei, lo aveva sempre saputo, era il suo senso più grave, l'impotenza.
Essere costretta negli eventi, senza scegliere:
"Loki, basta, avevi ragione, ma siamo piccoli e non vogliamo sentire."
Qualcosa stava cambiando già, si delineava una terra di nessuno, non si combatteva più, no, in quella zona non si entrava, non si giocava.
Il rispetto di regole di tatto è alla base dei più duraturi rapporti, non va espresso sempre tutto, non va inneggiato, accarezzato ogni taglio. Vanno lasciati chiudere e, magari, sarà spontaneo mostrarli più tardi.
Fra un silenzio e un imprecazione arrivarono ad un centro commerciale, prima di andare a casa, già, lei aveva da prendere delle cose ordinate, nella catena di negozi per cavalli, in più, le medicine, mangiare qualcosa, i vestiti per il dio. Si, lui, lui era incredibilmente riconoscibile, soprattutto i capelli, lo sguardo, chiunque poteva dire."loki"
Parcheggiarono, lui non voleva scendere:"ci sono stato una volta, mai più" odiava i centri commerciali, odiava il modo midgardiano di fare le cose, i colori, la folla, le ragazzine.
Vide un poster con la sua faccia entrando nel parcheggio, avrebbe voluto incenerirlo, Elisa, imparò che non l'aveva mai guardata con odio da quello sguardo.

Uno scarpone toccò il sottobosco, uno, poi due, poi quattro, poi sei, una tempesta improvvisa colpi un albero, il contingente dei mastini di asgard stava per toccare la terra di nessun dio. La figura che trionfava in una sala del palazzo d'oro insieme alla sua arma, (dovuta a loki, ma, questo se lo erano tutti dimenticati) varcó la soglia con le doglie di una donna.
"Dov'è quel pazzo"
Neanche fratello, neanche un nome, il dio del tuono era stonato, sfigurato dallo scontro, adesso, era il sosia del padre, senza un occhio, i corvi passarono con lui, insieme a sif.
Il creatore di ponti allo stesso modo, Sif, la guerriera rispose:
"Non può essere andato molto lontano quel verme, deve essere qui intorno"
Bocca d'oro non riuscì a vedere niente, era stato faticoso il viaggio, si dovette arreggere al bastone, mai, mai, si sarebbe accorto che una volta il dio degli inganni gli aveva salvato la vita, mai, si sarebbero ricordati del bene che aveva fatto nel suo modo di fare le cose.
Eccoli, la tradizione, il contegno dei conservatori, "il risultato è abominevole se il metodo non è canonico" sembravano gridare, il manipolo degli ottusi.
Thor prese a camminare, ma, il martello si fece sempre più pesante, nessuna legge magica reggeva, c'era solo la fisica.
Sif, allo stesso modo, sempre più pesante, bocca d'oro, comprese, prima dei corvi che persero l'orientamento.
"Non c'è magia"
"Ma è middgard" Thor, come un ragazzo che non avrebbe mai visto oltre i suoi capelli biondi,l'eroe, che su una pietra appoggió il martello e mai, mai più l'avrebbe risollevato.
"Dev'essere stato lui."
Sif era convinta, la sua vecchia, vecchissima cotta nei suoi riguardi la rendeva sempre più acida nei confronti di quel falso Odino, gli ultimi anni erano stati così belli, e ora, credere che fosse stato tutto un illusione, che il posto di prima guerriera di Asgard le fosse stato conferito da quel gracile elfo della notte la rendeva isterica, insicura, furiosa. Nessuno valutava più .nulla, dopo il ragnarock, che, leggenda vuole scatenato dalla morte di loki, che in realtà era stato scatenato dallo stesso martello che ora, si affacciava, era stato ricostruito dai nani dopo la sua distruzione, era stato proprio loki a chiederlo per il fratello.
Eppure, tutto si erano dimenticati, la beffa all'orgoglio era troppo grave, il trono e ciò che aveva fatto su di esso doveva essere stata tutta una manovra per distruggere e regnare.
Nessuno glielo avrebbe levato dalla testa, soprattutto a Thor, che in segreto, aveva sempre voluto più che bene al fratello, lo aveva quasi, quasi...No, nemmeno io che scrivo posso permettermi.
Dunque, mentre Elisa si addormentava sulla coscia di loki degli dei cadevano a livello degli umani.

 La regina di LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora