Rapimento in causa.

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Non serve raccontare l'ennesimo terribile pomeriggio, un dio che vagava nella neve come in fiamme, una ragazza che spalava neve, correva a finire ogni lavoro.
Un paio di dei, che andavano in collina, in discesa, fra i rami, fra i prumi, osservavano ogni traccia, cacciatori esperti, dall'altra parte della foresta, così, andò avanti fino a che, la piccola Elisa, fece un errore madornale.
Provare ad ingannare il dio, ulteriormente, o meglio, provare ad andargli incontro con un inganno degno di lui.
Lo aveva lasciato sulla panchina innevata, blu, in un posto appartato, stava fissando da lontano il fenomeno di una nuvola troppo persistente, troppo strana. In effetti, vi era una guardia dai denti d'oro, immobile, che sinceramente si godeva il silenzio di non riuscire a vedere; è terribile, avere tutto un brusio nella testa, vedere ogni spiraglio d'universo e non riuscire a liberarsene mai più di quelle immagini.
Elisa, aveva fasciato un cavallo, rigorosamente, partite da metà, non troppo tirato, non troppo lasciato, scendere, un giro sotto al nodello, anche due, tornare su, chiudere verso l'esterno, nel farlo, aveva capito, che era ora di recuperare la gemma dell'infinito, e la seconda.
Oggetti, di cui aveva una paura intrinseca, il dio che tornava lui, con quel carattere, quella rabbia, Thor, pronto a combattere nella sua terra.
Rabbrividi, al pensiero e per il freddo, le nuvolette di vapore condensato erano le uniche piccole barzellette che allentavano la morsa di quella posizione terribile.
Si alzò andò in casa, vide dov'era, allora passò dal retro, mettendosi un giaccone pesante, lo zaino ben foderato, dove mettere i due artefatti.
Immaginatevi, una che ha visto guardiani della galassia, quanta voglia ha di toccare a mani nude un oggetto di simile potenza, sapendo di essere incompatibile, di essere uno scricciolo  d'umana, tendini, ossa, carne e sangue.
Non voleva rimanerci secca, non voleva che lui lo prendesse però, era combattuta, ma lasciarla cadere in mano a Thor, sarebbe stata la morte di lui.
Sì, si era già schierata dalla sua parte, quel uomo insopportabile dai dettagli dolci, stette attenta i primi venti minuti, la neve cancellava le sue traccie, la neve la proteggeva secondo lei. La neve parlava con lui.
Il percorso fu lungo, impervio, non era fresca, era fredda, il naso rosso, le guancie uguali, non poteva sapere che il fantasma che la seguiva stava ammirando quei dolci dettagli.
Nel vento, nella nevicata, chi starebbe a pensare che una copia di un dio era appostata alle calcagna.
Era rabbiosa, ma nei gesti passava attraverso a tutto, come tirando via, il come potesse evocarla, stava nel come l'aveva portata alla macchina la notte prima.
Un Maestro di menzogna e di doppio gioco, si stava ridestando, una concentrazione esemplare, era faticoso destreggiare una simile arte da lontano, in un mondo che non ti risponde, era una meditazione profonda.
Ne valeva la pena, ne valeva la vita.
"Sta andando da Thor"
Ringhió, lei continuava, non andava verso Nord, andava verso una rimessa per la legna, verso un buco di topi e riserve, era a un'ora da lì un rifugio, era sempre stato così vicino?
Solo un'ora! Sveglia tanto sveglia, Elisa non avrebbe mai lasciato in un luogo a caso oggetti simili, mai troppo lontani, mai troppo vicini.
La copia la precedette, adesso era lui a vedere per primo dove stava andando, vide la casetta di legno coperta di neve fino all'orlo, entrò, mentre lei era dietro di una decina di minuti, lo vide, il suo scettro, la sua arma, i suoi poteri, si fece improvvisamente vivida la copia, traeva forza da lì, traeva forza da quel bagliore, ma anche il bagliore iniziò a rafforzarsi dal suo caos.
Senti un imprecazione.
"O, merda! Lo sapevo che andava fatta la porta sopraelevata! Stupidi!"
Iniziò a liberare davanti, con foga, con i piedi, adesso iniziava a guardarsi intorno percepiva qualcosa che non andava, ormai era legata a lui da sentimento.
La copia prontamente si incarnó, svaní, o meglio si nascose dietro la capanna, voleva vedere cosa ci voleva fare, voleva vedere cosa usciva da quella mente. Era insicuro e rabbioso aveva paura lo volesse mollare lì, a casa, mentre andava dalla sua amica, lasciava le armi agli dei del bene.
Si fomentava la rabbia, boccadoro percepí qualcosa uno sguardo fugace a una ragazza che scavava.
Iniziava l'escalation dell'ansia, finalmente cedette la neve, la porta si apriva verso l'interno, immaginate una baita con la porta verso l'esterno? Ecco.
La legna scricchiolava, lei sospirò.
"Come posso toccarvi senza ammazzarmi." Canticchió tesa, la prima volta le aveva toccate per incoscienza, adesso le toccava misurata, andò avanti, il legno del tavolo era cambiato, colava in modo strano, la felpa uguale, il bagliore era forte. Chiuse un attimo gli occhi, si ritrovò bloccata da dietro, da lui apparso.
"Stai ferma ragazzina."
Un tuffo al cuore."Pensavi di fregarmi?"
"Loki, come?" "COME? Come tu! Volevi andare da loro non è vero? Consegnarmi.." stringeva forte, molto più forte di altre volte le mani di un dio immortale, cercò di muoversi, non ci riusci. "Lasciami! Mi fai male!"
Ma la paranoia era una brutta bestia. "Chetati!" La spinse via, andò a prendere la sua roba, ma lei si piazzò in mezzo, gli puntava una pistola alla fronte.
"NO!" "Mi uccideresti!?" Funesto, adesso aveva una conferma, voleva ammazzarla, alzò le mani, non poteva quasi crederci. "Tu?" La sua mano era tremante, non aveva il sangue freddo necessario, non sparava da una vita, e poi, poi lei lo amava, come poteva pensare di premere il grilletto?
Lui la stava odiando, e adesso sarebbe morta. "Adesso sì!"
Faceva finta di essere pacato, dopotutto aveva quasi tutto sotto controllo, un gesto e sarebbe arrivato da lui l'arma, che adesso vibrava.
"Thor, Sif, giù, a sud, lo vedo, è con un'umana, sbrigatevi."
Disse colui che vedeva tutto, un corvo si alzò andando a chiamarli, mostrare la strada, stavano scendendo.
"Corriamo" disse la dea della guerra, nemmeno detto qualcosa Thor prese a correre vicino a un ruscello coperto di neve, poi, sul sentiero. Ci avrebbero messo comunque troppo, troppo lontani.
La partita si gioca fra amanti, tutto il mondo si gioca in un letto, a baci rubati, a cortelli nella schiena, gli amici sono i nemici, i mariti, le mogli, i fratelli. Ecco le guerre più sanguinose della storia, dei drammi per antonomasia ecco per cosa lotta l'uomo:l'amore.
"Fallo!" Disse lui, la vedeva, vedeva che stava bleffando,doveva sparare, doveva provare che lo odiava.
"Tu cosa farai?" La voce spezzata, una lacrima sulla pelle arrossata, brució, le mani piccole e tagliuzzate, avevano più paura di affondare che morire
"Ovvio, ti uccideró, uccideró loro, e me ne andrò." Disse beffardo.
"Che io sparì o no, non cambia vero?"
Lui rise, beffardo.
"Ovviamente, sei sempre stata una ragazza sveglia. Dammela."
Si avvicinò a lei, improvvisamente preoccupato, calava la maschera, preoccupato per lei?
"Scappa via, via da me topolino"
"No"
Un corvo gracchió, un attimo, colpo di mano, ecco lo scettro, la pistola cadde, i suoi occhi blu, improvvisi.
"Non volevo farlo gattina."
Disse prendendola prima che cadesse, svenisse.

Si svegliò legata a un letto, soffitto d'oro, stanza regale, veste da concubina.
"Che?"
La stanza era vuota.

 La regina di LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora