Silenzi e mareggiate.

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Cristalli penzolano allineati dal soffitto, sfrigolano al vento, scivolano, cascano, adesso sono fra loro, una composizione floreale, scarlatta, porpora, invisibile.
Il sipario può essere di stoffa pesante o di patina clemente, il sangue sgocciola nel lucido di una mattonella ruvida, i loro occhi spenti, un gioco di toccata e fuga, ellisse a due fuochi.
Nessuno si permette di ammettere, contrarre, partire, lei, grata, indubbilamente grata, avrebbe voluto spiegarsi, ma le parole cadevano in gola, uccellini in un pozzo senza fine:
vedevano la luce e poi impallidivano, giù di nuovo in picchiata fino allo stomaco.
Confusa, schifata, tremante, di nuovo, di nuovo tremante; allo strascico, alla sua sinistra: amorfo, ginocchia piegate, busto incurvato e dritto, fissava la mano, le sue vene si confondevano con il manto della sera, tornava viva la carne. Lui la sentiva tutta, ma sapeva sopportare, alla fine, forse non era il suo periodo peggiore, tuttavia, era altro a battere in distruzione.
Attendeva la forza anche solo per guardarla, anzi, erano entrambi di un vuoto opaco, un colore costante, i problemi che affioravano ritrovavano il caldo sotto tutto.
Vulcani dalle camere magmatiche ricolme, eppure sotterrate talmente a fondo che non se ne rendevano neanche conto di alcuni borbottii.
"Domani vieni tu a fare la mattina?Al massimo ti scalo...."
Messaggio da inviare, incompleto, lo lasciò li accanto, mise il silenzioso, no, il frastuono era proprio l'ultima medicina a quel confessionale muto.
Il panorama perturbato dal discendere era bello, solo poche volte ci cadde la mente.
Elisa, smise per prima la fuga, lo aveva guardato, lo aveva solo guardato e lui si era zittito, perché?
Anzi, "guardato", aveva davvero intenzione di guardare e basta?
Lasciarla toccare, sporcare, distruggere da un uomo così?
Gli sguardi incatenano l'irrazionale,
percepirli è insulso, è momentaneo; non farlo? Impossibile.
Le risposte erano già nel catino, ma, a parte il dio, nessuno le avrebbe sfiorate, per un attimo, con il viso nelle sue mani si era calmato, come, un vero calore e tepore.
Il grido di un 'va tutto bene' svenduto, bugia a basso costo, in saldo, gratis, lo puoi trovare ad ogni negozietto, angolo di strada, spiffero di mente.
Questo, questo era inaccettabile, il dio dell'inganno non può credere a queste spilline dello scout: un tocco, uno sguardo, una parola, scemenze!
Cascata, ecco, la seconda o forse prima domanda, avrebbe goduto dello spettacolo? Si, probabilmente, come aveva fatto altre volte, chiamarsi fuori, tagli netti, amputare arti di sentimenti, trovarsi addirittura a ridere invece che piangere.
Lei, se lo meritava, per un attimo gli era venuto quel germe per la testa, carne come le altre, carne da dare in pasto ai cani, eppure non era così.

Entrambi provarono a incontrarsi di nuovo, un tocco, uno sguardo, ecco, lei si preoccupava per la sua mano, la guardava, ringhio, arresa.
Lui, lui si chiedeva fin dove era stata toccata, curiosità? Doveva essere così, l'idea di quanto potesse essere caduto il profumo di more lo sgridava.
Quel "se lo meritava" era passato in fretta al "nessuno doveva toccarla, né prima nei bagni, né ora."
Lei si era nascosta, imbarazzata, e alla fine, stesa, si era ritrovata con la testa vicina alla sua coscia, a guardare dal basso, si, bacio di sguardi, finalmente, timido. La mano di lui, tentennó a mezz'aria mentre si metteva col busto perpendicolare alla panchina di marmo, cacciarla, afferrarla, ignorarla...
Cosa? Cosa fare?
Soffio, un soffio dalle sue labbra, il vestitino stretto e il suo contenuto contratto dal freddo si abbassó, lui, mano di carta, spostò dei capelli scuri.
Per poi passare su un manto invisibile, lei non riusciva a capirlo, il lobo del orecchio sfiorato da un dito le diede un brivido.
Non riusciva a controllare quella parte, peccato, il mostro non sa rimettere la maschera dell'umano, ecco, si sentiva così, nudo per sempre.
"Siete proprio piccoli"
Pensó fra se e se, appoggiò la schiena alla colonna, la ragazza evitó il tono e ne prese i secondi fini.
Fra tutti i possibili versi di una frase, si sbaglia quasi sempre a sentirne le intenzioni, forse quella volta, mentre tossicchiava, si, doveva avere la febbre, essersi presa qualcosa, o era solo stress; aveva scelto la ragione giusta.
Un commento di un vecchio ad un bambino che cammina con un palloncino legato al polso, ecco cosa le era sembrato, una stanchezza pesante. Mise la testa sulla sua gamba, lui non si spostò, anche il cuscino, sbuffó.
Quello fu l'ultima cosa che elisa sentì uno sbuffo nel silenzio della notte mentre l'acqua crollava scambiando il cielo con la terra.

 La regina di LokiWhere stories live. Discover now