L: Feluss

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Per Taron, rivedere Feluss era stato come essere trascinato indietro.

Quando aveva scorto in lontananza le bianche mura che cingevano la città in un cerchio perfetto era tornato bambino, accompagnato dalla medesima sensazione di ansia e paura che gli aveva fatto tremare le gambe quando aveva calcato per la prima volta le strade della capitale. Anche il mondo esterno sembrava essersi cristallizzato, eludendo il corso del tempo: il sole batteva sulla sua testa con la stessa intensità di quel giorno lontano, il cielo era di un azzurro limpido, da vertigini per quanto appariva sconfinato, e le cime delle montagne a confine con l'Oltre rilucevano sul limitare dell'orizzonte... Tutto da stretta al cuore.

La piana, però, gli aveva ricordato quanti anni fossero passati e quanti avvenimenti gli avessero squassato la vita. La calma atmosfera che permeava nei ricordi, infatti, era sparita, lasciando spazio a una confusione da insetti nei pressi delle porte – il vagare di uomini e donne che si accalcavano per chiudersi nell'abbraccio delle mura ricordava proprio quella.

"Dovremmo riuscire a confonderci tra loro anche così" aveva sperato, disgustato al solo pensiero di bere la pozione di Mistiss. Oltretutto, era preoccupato per Nives, che ancora mostrava i segni della precedente trasformazione; pallida e dagli occhi velati dalla stanchezza, gli era parsa sul punto di cadere per non rialzarsi. Aveva smesso di sorprendersi dei ringraziamenti sibilati a denti stretti agli dèi quando la vedeva svegliarsi ogni mattina.

A causa di simili timori, aveva provato a discutere con Pyr dell'altra possibilità che avevano, quando ancora erano accampati nei pressi della città, nei boschi di querce provati dall'arrivo dell'autunno.

"Non possiamo rischiare" aveva ribattuto l'amico, seduto vicino al fuoco del bivacco. "Se qualcuno vi riconoscesse, saremmo morti. Solo il dragoniere può ritenersi al sicuro."

Taron aveva annuito, conscio che non avrebbe dovuto farsi annebbiare dalle preoccupazioni, e aveva trascorso il resto della notte in silenzio, fino a quando non aveva dovuto svegliare nell'ora più buia Ryr e Magnus per il cambio – avevano deciso di comune accordo che Nives non avrebbe più sostenuto turni di guardia, non fintanto che la fatica le pendeva ancora sul capo. Si era steso sotto il manto stellato, incapace di placare l'animo inquieto, e non si era neppure accorto di essere scivolato in un sono agitato, in cui la realtà e il mondo onirico erano collisi in esplosioni di sangue. Nessuna alternativa era nata dal marasma ribollente dei suoi pensieri, nulla che potesse smuovere Pyr che, sotto lo sguardo affranto del fratello, li aveva costretti a bere la pozione.

"Non posso definirla peggiore dell'ultima trasformazione..." aveva borbottato Nives con la voce infantile della bambina di cui aveva assunto le forme. Taron aveva sorriso nel vederla così, coi corti capelli biondi scompigliati e i grandi occhi azzurri che brillavano sul viso coperto da una foresta di efelidi. Lei, in tutta risposta, aveva arricciato la bocca in una smorfia, mostrando i denti scheggiati.

"Un uomo, sua figlia e un amico..." aveva commentato Pyr. Aveva squadrato Taron, che aveva l'aspetto di un contadino a cui mancavano l'indice e il mignolo della mano destra, e poi Magnus, intrappolato anch'esso nella forma di un bracciante. "Un'ottima idea. Temo dovremmo comunque dividerci per entrare in città."

"Cosa avete in mente?" aveva chiesto Taron.

Pyr gli aveva sorriso, gelido. "La migliore delle idee."

Forse era proprio la mancanza dei due cirment e di Magnus a renderlo inquieto. A malincuore, era stato costretto ad accettare la proposta dello schiavista e aveva preso con sé Nives per unirsi alla folla eterogenea accalcata all'ingresso occidentale. Uomini e donne si ammassavano verso l'effimera salvezza di Feluss, spingendosi a vicenda ed emanando un tanfo di disperazione insopportabile, tanto che a Taron pareva di stare per esserne soffocato.

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