X: Colloquio notturno

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Nel corso dei giorni passati, Taron aveva coccolato e costruito l'idea insinuata dal guardiano, cercando di stabilire se potesse essere intelligente o quantomeno utile; non si era neppure preoccupato di provare a grattarla via, conscio che ormai nessuno avrebbe potuto distoglierlo dal suo proposito. Doveva parlare col mutaforma, e doveva farlo prima dell'arrivo del sovrano, nonostante il divieto impostogli dal padre.

Proprio a causa di ciò, dopo una manciata di pomeriggi trascorsi nel tentativo di comprendere come fosse meglio muoversi, aveva deciso di coinvolgere un'ulteriore volta Blas nelle sue follie.

"Ti prego" l'aveva supplicato, dopo il netto rifiuto che gli era stato rivolto. "Ho bisogno di fare questa cosa."

Blas aveva nicchiato per un'intera giornata, mostrando una resistenza con cui Taron non aveva mai avuto a che fare, ma alla lunga era comunque riuscito a strappargli dalle labbra due promesse: la prima, che gli avrebbe rivelato come raggiungere le segrete tramite i corridoi; la seconda, che avrebbe fatto ubriacare la guardia a cui sarebbe stata affidata la ronda notturna. A un certo punto, aveva anche pensato di convincere il vecchio servo a rivelargli come raggiungere la camera in cui si trovavano le orfane, ma era riuscito a sopprimere una simile idea grazie a un profondo moto di disgusto verso se stesso – non voleva essere come suo padre e, oltretutto, non poteva perdere altro tempo dietro a una maledetta infatuazione.

"Ricordati che sei promesso" si rimproverò, mentre attraversava i corridoi della servitù con una lanterna in mano. "E concentrati, per gli dèi! Non sei a fare una scampagnata."

Si mosse tra le mura umide, seguendo le indicazioni sulla mappa che gli aveva tracciato Blas. Sperò che il vecchio amico avesse tenuto fede anche alla seconda parte della promessa, altrimenti non avrebbe saputo come entrare nella cella del mutaforma in modo discreto e senza che qualche voce giungesse al padre.

Cercando di essere ottimista, si diresse fino all'ingresso delle segrete e, arrivato alla porta, appoggiò la lanterna sul pavimento e socchiuse l'uscio per sbirciare l'esterno; solo dopo aver notato che non era presente nessuno, sgusciò fuori e raggiunse con poche e rapide falcate la svolta che dava sul corridoio in cui si trovava la cella del mutaforma, davanti alla quale stava seduta una guardia dagli occhi chiusi e la testa china sul petto.

"Questa era la parte facile" pensò, mentre l'uomo grugniva e si sistemava meglio sullo sgabello, urtando appena l'alabarda appoggiata al suo fianco.

Si avvicinò a passo leggero, pregando a fior di labbra che l'altro continuasse a dormire o che fosse troppo ubriaco per rendersi conto di cosa stava accadendo. Quelle sottili speranze, però, durarono poco; la guardia, infatti, in un ulteriore tentativo di mettersi più comoda, urtò l'arma, che cadde a terra con un tonfo metallico che si propagò per tutto il corridoio.

Taron si fermò, congelato, mentre l'uomo si alzava in piedi. "Chi va là?" urlò a nessuno in particolare, la voce impastata dal vino.

Il giovane lo osservò mentre si chinava a raccogliere l'alabarda e tornava a sedersi sullo sgabello, per poi girare la testa nella sua direzione e ripetere l'avvertimento con gli occhi socchiusi e un'espressione idiota a piegargli il volto flaccido.

"Non riconoscete il vostro signore?"

"Se procede..." L'altro si lasciò sfuggire un sonoro rutto prima di completare la frase. "Se procede come un ladro..."

Taron ringraziò Blas tra i pensieri e si avvicinò alla guardia con l'aria più decisa che possedesse. "Preferite insultarmi al posto di rispondermi?" lo incalzò, mentre l'uomo continuava a squadrarlo confuso.

"Voi siete..." provò a balbettare, grattandosi il cranio pelato. "Voi siete... il figlio. Quello che non deve stare qui..."

Il giovane represse la sorpresa che subito gli montò in corpo, deciso a non mostrarsi timoroso; non avrebbe mai immaginato che, per una volta, il Governatore avesse deciso di compiere il suo dovere, ordinando di non lasciarlo passare.

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