XXXI: Le isole

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A Bergstad Mistiss aveva sognato il mare con tristi sospiri, certa che non avrebbe mai avuto l'occasione di inspirarne a pieni polmoni l'aria salmastra e bearsi della potenza esaltante dei cavalloni. Nonostante il cuore piangesse davanti a simili pensieri, si era convinta che la visione delle placide acque dei fiumi che irrigavano la valle, gelide durante tutto l'anno, le sarebbe bastata.

Gli dèi, però, nei loro giochi coi fili del destino avevano accontentato il suo sogno infantile, spingendola a Saat e permettendole di provare un'ammirazione sempre crescente per come la superficie marina si plasmasse diversamente di giorno in giorno, disegnando dipinti meravigliosi per i suoi occhi incantati.

Nell'intimo si era convinta che nulla avrebbe potuto essere più bello delle coste del Laeiros, ma la recente fuga in compagnia di Calypso fino alle Isole dei Draghi aveva ridimensionato quella convinzione, mostrandone l'infantilità e la rigidezza. Il mare, infatti, riusciva ad apparire differente anche lì, dove le coste si alternavano tra sabbia nera, pietre vulcaniche e sassi levigati dall'acqua, mentre quest'ultima copriva lo spettro che andava dal cristallino al blu intenso, colorandosi nel mezzo di infinite sfumature azzurre. Oltretutto, i draghi che volteggiavano in cielo, passando da un'isola all'altra, riempivano di tinte l'ambiente, regalandole una serenità che ormai trovava difficile raccogliere alla corte di Cain.

"Non mi avrà mai più" si disse, passeggiando sul bagnasciuga. I piedi erano lambiti dallo scivolare delle onde che li invitavano ad ancorarsi alla sabbia cinerea, frutto del vulcano che ribolliva nel cuore dell'isola.

Se solo fosse stato possibile, avrebbe trascorso il resto della sua vita lì, senza più mettere piede a Saat.

Dopo che si era presentata in lacrime davanti a Calypso, la vecchia sovrana aveva organizzato in uno schiocco di dita la loro partenza, ribadendole che non avrebbe dovuto fidarsi di Cain, vista la sua natura da freddo predatore; eppure, con la stessa dolcezza di una balia, l'aveva anche consolata, sussurrandole che le Isole dei Draghi avrebbero potuto donarle la pace persa almeno per qualche giorno. Mistiss all'inizio non ne era stata convinta, ma pur di scappare dalle mura soffocanti in cui era costretta si sarebbe consegnata al tiranno stesso. Aveva quindi accolto la proposta dell'altra e l'aveva seguita; ci era voluto poco per sentire rinascere tra le ossa l'equilibrio perduto, nonostante le si chiudesse ancora la gola al pensiero del sovrano.

"Non mi avrà, non mi avrà, non mi avrà" ripeté a se stessa, sollevando a ogni passo sottili schizzi d'acqua. "Non posso permetterglielo."

Distratta, roteò la mano destra un paio di volte e bloccò a mezz'aria le gocce, per poi ordinarle in fila e spingerle verso le onde. Sentiva le mani bruciare per quello sforzo inutile, tanto che le rune brillavano con una potenza maggiore del solito, ma continuò fino a quando, stremata, si lasciò cadere sulla sabbia bagnata, incurante del fatto che le onde le lambivano la veste leggera, bagnandola e attaccandola al corpo.

In silenzio, rimase immobile a guardare il moto regolare dell'acqua e la costa dell'isola opposta a quella su cui si trovava, all'apparenza così vicina da farle credere che sarebbero bastate solo poche bracciate per raggiungerla a nuoto, se solo fosse stata in grado di farlo. Le sarebbe piaciuto imparare un giorno, tanto che accarezzò l'idea di non tornare mai più indietro e adattarsi allo stile di vita dei coral; avrebbe pregato i loro dèi, mangiato il loro cibo, sposato un loro uomo... ma non sarebbe mai riuscita a farne parte, né sarebbe diventata la sua casa. Quanto ancora avrebbe dovuto vagare prima di trovarne una?

Si sdraiò supina, rabbrividendo appena quando un'onda le scorse sotto la schiena e si infilò tra i capelli come una carezza. Seguì il volo di un drago sopra la sua testa, richiamando alla mente quando, alla partenza, Calypso le aveva detto che avrebbero viaggiato su uno di loro.

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