XVI: Tradimento

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Blas aveva capito.

Già dopo aver consegnato l'orfana nelle mani della notte aveva avvertito una strisciante sensazione di pericolo che non si era placata neppure col levarsi del sole. Forse avrebbe dovuto essere più saldo davanti alle richieste del signorino, porre un limite, ma al sentirne i sospetti non era stato in grado di negargli un ultimo aiuto e aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per far fuggire la benedetta: le aveva indicato quale strada seguire, dato degli abiti maschili caldi e raccomandato di galoppare il più lontano possibile, rassicurandola sull'intelligenza della bestia lasciatale da Taron. Il fatto che avesse sacrificato un così bel cavallo per lei indicava quanto il giovane fosse preoccupato. Eppure, Blas riuscì a rendersi conto della gravità della situazione solo in quel momento, mentre era in piedi davanti al sovrano. Aveva capito.

"Come può essere sparita?" chiese Everett al Governatore, intento a passarsi una mano sul volto pallido. "Perché mai avrebbe dovuto fuggire?"

"Non lo so" sospirò l'uomo. "Le guardie non hanno segnalato alcun movimento e lei non possedeva certo le chiavi dei passaggi della servitù, né poteva sapere che svolte prendere."

Vicino a loro, Taron osservava la scena con aria corrucciata, turbato dalla notizia; Blas non avrebbe mai immaginato che il signorino fosse in grado di mascherarsi così bene, soprattutto dopo il recente ballo, ma doveva essere scattato qualcosa in lui capace di renderlo più cauto.

"Allora qualcuno l'ha aiutata a scappare, non c'è altra soluzione." Everett si alzò, gli occhi ridotti a delle fessure. "Ma perché qualcuno avrebbe dovuto farlo? Cosa poteva mai avere di così importante una simile ragazzina?"

"Ne so quanto te" replicò il Governatore.

Blas distolse lo sguardo dagli uomini, entrambi chiusi in un silenzio contemplativo, e lo portò alle due guardie presenti nella sala, ferme vicino al trono, una con in mano un'alabarda, l'altra con una spada; nonostante parte del viso fosse coperta da un elmo con pennacchio, era certo non averle mai viste prima di allora. Accorgendosi che il signorino aveva portato lo sguardo su di lui, fece un leggero cenno del capo nella direzione degli intrusi. Il viso di Taron si rabbuiò, cosa che gli fece sperare che avesse compreso.

"Cosa possiamo fare?" chiese il Governatore, rompendo il silenzio. "Desideri che sia mandato un contingente a cercarla? Anche se fosse riuscita a scappare da Myrer, non dovrebbe essere andata troppo lontano."

"Certo, ma vorrei capire il perché" borbottò Everett, avvicinandosi all'amico. "Sai se qualcuno ha conferito col mutaforma in questi giorni?"

L'altro ammutolì per un attimo, senza osare distogliere lo sguardo da quello del sovrano. "Nessuno..." ammise cauto. "Tranne me."

Blas, appoggiato al muro della sala, spostò gli occhi prima sul signorino, ancora impassibile, e poi su Hubertus, che osservava il Governatore con la fronte aggrottata, le sopracciglia aperte in una muta domanda. Bastò un'occhiata del suo signore, però, perché chiudesse la bocca e tornasse al distacco che più gli si addiceva.

Everett aggrottò la fronte. "Perché non me ne hai parlato ieri?"

"Aspettavo un momento più opportuno" rispose il Governatore. "Non che ci sia molto da dire, comunque."

Bastò un leggerissimo cenno del sovrano affinché una guardia si allontanasse dalla sua postazione e raggiungesse Hubertus, puntandogli un coltello alla gola. Il consigliere sbiancò, così come il Governatore e anche Taron che, sorpreso, non riuscì mantenere la sua gelida maschera, lanciando un grido strozzato.

"Partiamo da capo, vi prego." Everett andò a sedersi di nuovo sullo scranno, lanciando un'occhiata a tutti i presenti. "Elias, cosa ti ha detto il mutaforma?"

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