XXXV: Non fidarsi

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"Lögi dei Vítur, noto come il Reggente dei Ghiacci, e il consigliere..."

Taron strinse gli occhi e avvicinò il foglio al naso, per poi provare a pronunciare il secondo nome presente sulla lista. La lingua si intrecciò nel tentativo, tanto che alzò lo sguardo su Pyr e Ryr, in piedi davanti a lui appoggiati alle rispettive spade, e scosse la testa.

"Non credo sarò mai in grado di pronunciarlo" ammise con una scrollata di spalle, guardando un'ultima volta l'intrico di lettere siglato dalla calligrafia disordinata di Nives.

Ryr sbuffò e allungò una mano verso di lui. "Dammi la lista, allora."

Il giovane non se lo fece ripetere e, rapido, lasciò spazio al cirment per studiare il pezzo di carta; gli scappò un sorriso nel notare come anche Ryr ne fosse incapacitato in ugual modo.

"Temo che il tuo secondo abbia fatto uno scarabocchio senza senso" sentenziò infine, lasciando che il fratello gli strappasse dalle mani il conteso pezzo di pergamena. "È solo un'accozzaglia di lettere." Taron scosse la testa, già sconfortato dall'idea di dover avvicinare di nascosto Nives per chiederle di dirgli il nome del secondo possibile alleato. Si sentiva stanco, svuotato di ogni forza, e in ciò erano complici le lunghe notti passate insonni causate dagli incubi e le mura del palazzo stesso, che di giorno in giorno diventavano sempre più strette. Stava perdendo del tempo prezioso, tanto che ormai l'idea di fuggire da quel maledetto luogo non era più vista come un sogno irraggiungibile, ma come una prossima realtà.

Le uniche stanze del palazzo in cui riusciva a svuotare almeno per qualche ora la mente, tornando a essere se stesso, erano l'armeria e la sala degli allenamenti: riempire i manichini di fendenti e affondi aveva su di lui un effetto calmante, così come il sottile rumore della spada che fendeva il vuoto prima di incontrare e distruggere la paglia. Forse era proprio per questo che aveva deciso di incontrare i due trafficanti di schiavi proprio lì.

"Io lo so leggere, eh!"

L'intervento improvviso di Pyr fece girare sia lui che il fratello, mentre l'altro, con l'orgoglio dipinto in volto, sventolava il foglio. "Shashibhushan, il consigliere del re Prabhusabh" concluse tronfio, per poi allungare la lista a Taron.

"Il matto che non mangia mai!" esclamò subito Ryr, battendosi una mano in fronte. "Shabucoso."

Il generale, messo il foglio al sicuro nelle sue tasche, arricciò il naso, perplesso dal fatto che un possibile alleato di Nives si portasse dietro una nomea simile. "Matto?"

"Abbastanza." Ryr si picchiettò con l'indice la tempia. "Però è un grande amico della colombella e quindi dovrebbe essere semplice da rintracciare e convincere. Per l'altro... mah."

"Oh dèi, in cosa mi sono cacciato?" pensò Taron. "Dovrei essere sotto le mura di Havnen, non a Saat a tramare contro Cain ed Everett al contempo."

Si appoggiò alla spada con entrambe le mani, sentendo la stanchezza pesargli ancor di più sul capo, e lasciò che i cirment continuassero a parlare in sottofondo; lo raggiunsero labili alcuni commenti su Mistiss e il particolare abitante dell'Oltre suo amico, chiacchiere che non aveva né la voglia, né la forza di seguire. Era spossante rendersi conto che la realtà in cui era immerso era composta da un intrecciarsi di fili, mentre relazioni sconosciute venivano a galla e si legavano a nuove persone, disegnando una trama sempre più complessa e in cui si sentiva irrimediabilmente perso.

"In ogni caso, non hai nulla di cui preoccuparti."

Taron tornò a guardare Ryr, che d'altro canto lo osservava con le braccia incrociate sul petto; aveva riposto la spada nel fodero, così come il gemello, e la preoccupazione che il generale leggeva nei loro occhi non prometteva niente di buono.

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