VII: Il volere degli dèi

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Nives, ancora scossa in seguito alla cerimonia, aveva raccolto i suoi pochi averi dalla camerata dove soggiornava con le altre benedette e, con le lacrime che minacciavano di tornare a scorrere, era salita su una delle carrozze che avrebbero portato lei e le compagne al palazzo.

Quando i Guardiani avevano annunciato di aver accettato la proposta mossa dal Governatore un mormorio sorpreso era corso da una bocca all'altra, subito zittito dalle dure parole dei loro educatori. Nives aveva ascoltato il discorso con cui le invitavano a mantenere intatte le loro virtù con scarso interesse, visto che già era a conoscenza del piccolo trasferimento e di tutto ciò che avrebbe potuto comportare; durante il ritorno dal consiglio, infatti, i guardiani avevano discusso di una simile eventualità, cosa che l'aveva portata a pensare di sfuggire alle loro grinfie con un misto di disgusto e timore.

Oltretutto, non era affatto entusiasta nel sapere che, da qualche parte tra le mura del palazzo, giacesse il mutaforma, forse desideroso di completare ciò che aveva lasciato incompleto. Al pensiero si accarezzò distratta i lividi violacei che ancora le marchiavano il collo, sentendo un brivido correrle lungo la schiena.

"Perché proprio io?" pensò col fiato spezzato. "Perché Regn?"

Ingoiò le lacrime e, nel tentativo di relegare quei pensieri in un angolo nascosto della mente, si mise a osservare le strade che scorrevano fuori dalla carrozza; aveva iniziato a piovere ancora una volta e l'acqua, imperterrita, creava sottili rivoli che si snodavano sulla via principale di Myrer, accumulandosi in pozzanghere pronte a essere rotte dal passaggio del mezzo. Portò poi lo sguardo verso il palazzo del Governatore, arroccato nel punto più alto di tutta la città. Nives riteneva che il fascino del luogo risiedesse soprattutto nel suo essere sinistro, capace di far venire la pelle d'oca ai bambini e a chi ne ricordava le vicende più turpi; cresceva, quasi fosse dotato di vita propria, dietro le spesse mura che lo isolavano dalla Città Vecchia, ergendosi dal terreno con un corpo centrale in pietra scura da cui uscivano accavallamenti di torri su torri. Le numerose finestre illuminate parevano tanti minuscoli occhi di mosca intenti a osservare famelici ogni angolo nascosto della città, perdendosi tra i vicoli fino nelle risaie.

"Che bellezza..." sospirò la compagna seduta al suo fianco, mentre la carrozza varcava le mura per infilarsi in uno spoglio cortile. "Erano anni che sognavo di entrarci."

Le altre fanciulle mormorarono qualche commento in egual modo entusiasta, a cui anche Nives si sarebbe unita un tempo, se solo la sottile eccitazione non fosse ormai legata a filo doppio al ricordo di Regn. Le scappò un singhiozzo che fu coperto dal brontolio sordo di un tuono, subito accompagnato dal bagliore azzurro di un lampo.

"Ci siamo" pensò col cuore in gola quando la carrozza si fermò a pochi metri da un grosso portone in legno, davanti a cui si trovava un uomo. Rigido, con la pioggia che gli colava sul volto, le parve uno spaventapasseri.

Nives calò il cappuccio del mantello sulla testa e, appena il guardiano che conduceva la carrozza aprì lo sportello, scivolò all'esterno inspirando a pieni polmoni l'aria umida. Doveva calmarsi. Si diresse verso la figura sconosciuta, cercando di evitare le pozzanghere e inzaccherarsi di fango; appena la raggiunse accennò un inchino e rimase in attesa che le benedette distribuite sulle altre due carrozze li raggiungessero, incurante della pioggia - il cielo risuonava talmente bene con la sua anima da riuscire a farla sentire sull'orlo della pace.

Quando tutte le giovani si furono raccolte davanti a lui, l'uomo si decise a parlare. "Benvenute" disse, inclinando la testa in segno di saluto. I corti capelli brizzolati erano fradici, così come il viso e il mantello. "Rimanderei le presentazioni a quando saremo all'asciutto."

Senza aspettare alcuna risposta, si avvicinò al portone che, nel frattempo, si stava aprendo.

"Non sorprendetevi" disse l'uomo nel vedere la faccia meravigliata di alcune fanciulle. Entrò a passo di marcia, subito seguito dalle benedette e da un guardiano. "All'interno ci sono degli uomini addetti all'apertura e alla chiusura."

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