26- Comatose.

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Le ruote della macchina strisciarono sull'asfalto provocando un rumore che mise in allerta Daphne. Ancora non era convinta di quella strana esperienza che l'avevano convinta a fare, non amava particolarmente i concerti, men che meno quelli di un genere scatenato come il rock, ma le mille suppliche di Lily e le spiegazioni sul fatto che nemmeno morta ci sarebbe andata sola con Colby, l'avevano fatta esasperare a tal punto da finire con l'accettare. Scese dall'auto e subito si ritrovò lo sguardo furbo e malizioso di Jonathan, era uno di quegli sguardi che normalmente avrebbe ignorato, ma quell'uomo riusciva ad accendere dentro di lei qualcosa che nessuno era mai riuscito nemmeno a far scintillare e la ragazza al suo fianco si chiese come faceva a lasciarsi andare in quel modo.

Sì, insomma, aveva permesso che Colby la baciasse, ma era stato solo una piccola distrazione che le era costata cara. Dopo quell'accaduto non riusciva a toglierselo dalla mente in nessun momento della giornata, ovunque si voltasse sentiva i suoi occhi di fuoco puntati addosso con un ardore tale da mandarla in fiamme e consumarla in modo lento e logorante; era maledettamente frustrante per una come lei che amava avere il controllo di se stessa e delle proprie emozioni, ma non aveva fatto i conti con quelle mai provate, quelle sempre evitate.
Al solo pensarci avvertiva il cuore battere un po' di più e dovette prendere un lungo respiro per calmarsi e far sì che quel battito accelerato si placasse. Doveva distrarsi.

«Grazie per avermi accompagnata, Daph! Non so come farei senza di te.» le rivolse un sorriso sincero, aveva subito sentito il bisogno di prendere aria e lei l'aveva compreso. «Vedrai che ti piaceranno!» la rassicurò battendo le mani.

«Il mostriciattolo ha ragione, sono una band conosciuta da pochi, ma con un repertorio da far paura!» la sua voce la fece sobbalzare e Colby le rivolse un ghigno divertito, si divertiva a torturarla come non mai.

La vide guardarlo per qualche istante, arrossire e distogliere immediatamente lo sguardo. Si lasciò sfuggire una piccola risata a quella reazione, troppo genuina, troppo pura per una donna come lei che non capiva. Decisamente non si era accorta dell'effetto che aveva avuto su di lui non appena era scesa da quelle scale, si era quasi dannato per aver avuto quella stupida idea di andare ad un concerto, ma lei aveva ignorato il suo sguardo insistente e famelico; tacchi alti e vestiti in pelle non erano una giusta accoppiata per la sua sanità mentale di quella sera, ma lei aveva la capacità di sembrare così innocente anche con quei pantaloni fin troppo attillati, che quasi gli fecero perdere la testa quando la ragazza gli diede le spalle.

«Che maiale che sei, babe!» Jon aveva palesemente intercettato il suo sguardo e ghignava spudoratamente. «Se ti becca, sei morto!» gli diede una leggera pacca sulle spalle e lanciò un'occhiata alle due ragazze qualche passo più avanti.

«Pensa alla tua ninfa, sta attirando parecchi sguardi addosso con quelle belle calze colorate, babe.» marcò l'ultima parola con fare divertito e vendicativo, cogliendo nel segno e nell'orgoglio vivo di Jonathan Good.

L'uomo raggiunse il suo obbiettivo subito e la prese sotto la propria ala protettiva, il che stava a significare: sguardo omicida per chiunque avesse anche solo osato rivolgerle un'occhiata più eloquente del dovuto. Era bella, la sua Daphne, tanto che brillava come il sole anche se il cielo era buio come il carbone. E si sentiva un perfetto idiota nel pensare quelle sciocchezze, ma era inevitabile perdersi in quello sguardo vagante e quelle labbra che si mordevano; le calze colorate sembravano risultare l'ultimo dei suoi problemi, se a guardarlo erano i suoi occhi limpidi con il quale l'aveva stregato e reso un comune mortale destinato all'inferno più crudele.

Lily camminava con la testa tra le nuvole già da un po' e non si era nemmeno resa conto delle persone che iniziavano ad aumentare e alla folla che l'aveva circondava in pochi secondi. Si maledì ancora una volta per quelle distrazioni assurde su Colby e quel maledetto divano che li aveva ospitati bollenti e senza lucidità. Ancora non poteva credere di averlo toccato così tanto e di avergli permesso di toccarla in quel modo così... Così. Si era persa nel ricordare i brividi che aveva avvertito lungo la spina dorsale e le iridi di lui che erano state così profonde da permetterle di affogarci dentro ed era finita col perdersi davvero; nessuna traccia di Daphne, Jon o l'odioso Colby.

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