XLIII: Foglie di tasso

Start from the beginning
                                    

"Fasciatelo."

La parola, soffiata tra i denti storti, suonò nella mente di Nives come delle campane a festa. Senza farselo ripetere, si occupò di bendare il torace di Taron come meglio poteva; le mani le tremavano, ancora memori delle terribili grida e consce dello sguardo con cui il generale, distrutto dal dolore, la seguiva.

"Resisti, resisti, resisti..." si ripeté, senza sapere a chi dei due fosse rivolto l'invito.

Afferrò una coperta e la stese sul corpo di Taron, che ancora non scostava lo sguardo da lei; i suoi occhi scuri, infossati in profonde occhiaie, la seguivano in ogni più piccolo movimento, mettendola a disagio e facendole scappare di mano gli oggetti.

"Mia signora." La voce strascicata del medico la riscosse. "Mi perdonerete la speranza di non vederla domani."

"Ve la perdono" mormorò lei. "Credo, però, che abbiamo ormai compreso che è vana."

L'uomo sospirò. "Dicono la speranza sia sempre l'ultima a perire."

"Avete ragione" pensò, cadendo in ginocchio vicino alla branda una volta che l'uomo uscì dalla tenda. "Forse è per questo che tutto è così doloroso."

Rimase in silenzio, accarezzando il viso di Taron. Lui non le aveva ancora detto una parola, ma continuava a seguirla con quello sguardo che pareva volerla denudare, lasciandola libera da ogni maschera e menzogna in cui si era avvolta. Avrebbe voluto esserlo, ma temeva che una simile occasione non si sarebbe mai presentata.

"Se almeno mi parlassi..." sussurrò, facendogli scivolare le dita sulla cicatrice che gli tagliava il viso. "Forse potrei capire."

Tempo di pronunciare simili parole che le venne un groppo in gola, capace di farle salire agli occhi le lacrime trattenute nei giorni precedenti. "Non avrei mai dovuto coinvolgerti" disse, inspirando a pieni polmoni nel tentativo di non piangere.

Taron, intanto, girò la testa verso di lei con una lentezza straziante, le labbra serrate in un'espressione di rimprovero. Bastò quello perché le sopraffacesse qualcosa che era peggio di tutto il dolore che l'aveva attanagliata fino ad allora; si sentiva sconfitta, sola, priva di ogni speranza, un grumo di emozioni nere e terribili che la soffocò e le impedì di trattenersi oltre. Scoppiò a piangere e, chiusi gli occhi, appoggiò la testa sulla brandina, liberando i singhiozzi disperati che le premevano dentro. Fu il peso di una mano appoggiata sul suo capo che la riscosse e la portò a sollevarlo. Trovò gli occhi dell'altro pronti ad accogliere i suoi.

"Non piangere" fu il sussurro accompagnato al gesto. "Non è... questo non è colpa tua" continuò il giovane, a fatica. La voce era secca, un raschiar faticoso sulla gola.

Nives non rispose. Si alzò a riempire un bicchiere d'acqua, per poi aiutare Taron a bere; un sospiro di piacere si liberò dai polmoni dell'altro e la ragazza, dopo un attimo di esitazione, si distese vicino a lui, incastrandosi con la testa tra la spalla e il mento. Lasciò che la mano andasse ad accarezzare i fili ritorti della barba, gli occhi socchiusi e ancora umidi.

"Non andare via."

Le nuove parole, unite a un leggero premere di dita sul suo fianco, le tolsero il fiato. Gli baciò il collo e lo strinse a sé. Miei dèi, quanto scottava.

"Mai."

"

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
HydrusWhere stories live. Discover now