XLIII: Foglie di tasso

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"È sempre incosciente?" aveva chiesto a Litthard, che nel frattempo le si era avvicinato e le aveva stretto la spalla in un tentativo di conforto. "Non sarebbe meglio togliere le coperte? Suda terribilmente..."

L'uomo si era morso il labbro inferiore prima di sputare fuori un "No..." carico di amarezza. "Dobbiamo seguire gli ordini del medico... E temo non vi piacerebbe vederlo sveglio."

Non si era fatta scoraggiare e, nei quattro giorni successivi, aveva passato il tempo a correre tra la tenda di Taron, quella di Winloas e la sua, sulla cui branda si lasciava crollare stremata ogni notte. Le sue azioni non erano piaciute né al dragoniere, né a Magnus e Peeke, che avevano provato a farla ragionare in ogni modo, arrivando addirittura a implorarla di non costringersi più a sopportare un simile dolore. Solo il Reggente dei Ghiacci non aveva provato a fermarla, nonostante Nives gli leggesse nello sguardo la medesima preoccupazione che animava gli altri.

Non le importava, però: aveva preso la sua decisione e non si sarebbe fatta abbattere.

"Mia signora" le disse il medico, con un assistente al fianco. Come ogni mattina, l'accolse con un inchino, facendole segno di avvicinarsi. "Sono lieto di rivedervi, anche se mi preme dirvi ancora una volta che non lo ritengo uno spettacolo adatto ai vostri occhi."

Nives ricambiò lo sguardo che l'uomo le lanciò coi grandi occhi bigi, così in tono col suo essere. Tutto in lui era grigio, dalla barba e agli abiti, passando addirittura per le unghie, sporche e spezzate; le conoscenze possedute in campo medico, oltretutto, le parevano poco brillanti, ma non aveva osato esternare alcun dubbio. Nonostante fosse cosciente che le sue erano quasi nulle, negli ultimi anni trascorsi a Centrum Norr Nives aveva visto essere guarito più di un giovane cavaliere ferito dall'irruenza di un drago; nessuno si era mai trovato in uno stato simile a quello di Taron dopo giorni di cure continue, attenzioni amorevoli e pianti disperati. Chi non poteva essere salvato veniva graziato subito.

"Non avete da preoccuparvi" gli rispose, distogliendo lo sguardo. "Possiamo procedere."

L'uomo alzò un sopracciglio, ma non le disse niente; non sarebbe stato lui a impedirle di aiutarlo, se era un suo desiderio. La guidò invece fino al paziente, per poi invitarla a togliergli le coperte mentre lui si voltava verso tavolino, sul quale erano state poste delle bende pulite e acqua calda.

Nives eseguì il compito e, dopo averli piegati, spostò i teli su una sedia vicina. Quando tornò da Taron notò con una certa apprensione che era scosso dai brividi di freddo.

"Togliete le bende" le disse intanto il medico, che stava inumidendo uno straccio pulito con un estratto di erbe che aveva definito purificanti. Cosa fossero nello specifico non si era mai sbilanciato a dirlo e Nives, d'altro canto, non si era mai preoccupata di chiederglielo.

Aiutata dall'assistente, svolse il nuovo compito affidatole. La prima volta che la ragazza aveva toccato le bende, lorde di sangue denso e scuro, aveva represso a fatica l'impulso di ritrarre le mani e immergerle nella bacinella vicina, così da strofinarle fino ad arrossarle; col passare del tempo, però, era riuscita a reprimere tale disgusto, desiderosa solo di essere d'aiuto. Tempo di concludere l'operazione e il medico le fu accanto, il panno umido stretto nella sua mano. Nives si scostò e lo lasciò libero di chinarsi sul paziente con gli occhi ridotti a una fessura, attenti a studiare ogni minima variazione della ferita.

Il peggio, per la ragazza, non era rappresentato dal cattivo odore, né dalla pelle pulsante e screpolata che definiva le lacerazioni; nemmeno il pus e il sangue che uscivano dalla slabbratura nerastra che si apriva sul fianco erano la causa del dolore più profondo. Il peggio erano le urla.

Bastò che il medico appoggiasse il panno sulla ferita perché Taron tornasse subito in sé e lanciasse grida disumane, da bestia morente, che la costrinsero a premere le mani sulle orecchie. Come ogni altro giorno, non poté far altro che rimanere immobile, mentre l'aiutante si precipitava a bloccare gli spasmi del corpo del malato e il medico, impassibile, concludeva il lavoro di purificazione.

HydrusWhere stories live. Discover now