La ragazza scosse la testa, deglutendo. Sentiva la voce incastrata in un angolo della gola secca, impossibile da fare uscire se non con un rantolo. "Perché ha ucciso il re."

"Dopo essere rimasta incinta, quell'uomo non le serviva più" confermò lui, guardandola negli occhi. "Non giudicatela. So che lo state facendo, ma non potete capire. Nessuno può farlo."

"Non ne ho alcuna intenzione." Nives scosse la testa, sottolineando le sue parole. "È il vostro regno, e non ho la forza di prendermi a carico i suoi problemi."

Lasciò che la quiete calasse di nuovo tra loro, indecisa se interrompere la conversazione o dare voce alla lama di curiosità che le scavava la carne. "Vorrei porvi una domanda" disse infine, convinta che fosse la decisione migliore. "Perché mi avete raccontato ciò?"

"Mi fido di voi, e desideravo farvelo comprendere" rispose l'altro, strappando un soffione. "Mi fido di te." Si rigirò il fiore tre le lunghe dita e lo osservò con attenzione. "Vuoi esprimere un desiderio? Nel mio regno, i bambini narrano che hanno il potere di avverare qualsiasi sogno."

L'uomo le sorrise sghembo e le offrì il soffione. Dopo un attimo di esitazione, dettato dal modo in cui la guardava, Nives allungò la mano e afferrò l'offerta, per poi piegare le labbra in un piccolo sorriso; anche lei, da piccola, aveva amato un simile gioco ed espresso richieste di ogni tipo. Scosse piano la testa e soffiò via tutti i semi che, leggeri, si dispersero nel prato.

Tutto d'un tratto Lögi rise, battendo le mani sulle gambe prima di alzarsi e stiracchiarsi. "Temo tu abbia appena sprecato un desiderio" le disse, indicando una figura che correva tra le risaie in direzione dell'accampamento.

"Si può considerare in modo differente" replicò Nives, afferrando la mano che l'altro le aveva porto per aiutarla ad alzarsi. "Si è subito avverato."

Litthard odiava trovarsi al centro dell'attenzione

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Litthard odiava trovarsi al centro dell'attenzione.

Si era ormai abituato al ruolo di secondo, al vivere sempre all'ombra di Taron; oltretutto, gli dava una certa tranquillità evitare di prendere sulle sue spalle il peso delle decisioni più importanti. Non ne era mai stato in grado, neppure quando era stato costretto. L'improvviso ruolo di generale, considerate le circostanze, gli stava quindi stretto.

Se a ciò si aggiungeva il fatto che l'uomo in piedi davanti a lui, dalle braccia incrociate sul petto ampio e un cipiglio cupo, lo rendeva nervoso, si poteva comprendere ancora meglio il suo disagio. Winloas, si chiamava, ed era consigliere e intimo amico della regina – gli dèi dovevano averlo preso in antipatia, non riusciva a trovare altra ragione alla sua sfortuna.

"Ne siete certo...?" La voce di Winloas risultò sfumata da una terribile nota dolorosa, che lo portò a mangiucchiare preoccupato il bocchino della pipa.

"Sì" rispose con un sospiro. "Le sue condizioni sono..." Scosse la testa, incapace di parlare.

L'altro si passò una mano tra i capelli biondi, sporcati da fili argentati che ne indicavano l'età avanzata, e borbottò qualcosa sottovoce che Litthard non comprese, troppo occupato a seguire lo sciogliersi dei suoi pensieri. "Se solo fossi stato più veloce..."

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