Capitolo 38

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Sapevo fin da subito che qualcosa sarebbe andato storto.
Mi sveglio con centinaia di dolori alle articolazioni, probabilmente dovuto allo scontro di ieri. Subito mi accorgo di non essere più nel bus, fra le braccia di Newt. Mi alzo di scatto, facendomi venire un capogiro e appannandomi gli occhi. Mi appoggio al muro per stabilizzarmi, rendendomi conto che mi sto arreggendo su un muro di una stanza. Mi guardo intorno: sono all'interno di una stanza con un letto singolo, un piccolo bagno e una porta di ferro.
Sapendo già che non si aprirà, appoggio la mano sul pomello, facendo almeno un tentativo. Con mia grande sorpresa, il chiavistello della porta fa clic e, spingendo la porta leggermente, si apre. Faccio capolino dal leggero varco che ho creato aprendo la porta, guardando a destra e a sinistra. Vedo una grande stanza bianca, illuminata da una luce sorprendentemente bianca. In lontananza, al margine destro della stanza, vedo una scrivania in legno marrone. Dietro, seduta su una sedia girevole, sta una donna in là con gli anni, che mi sorride, dandomi un senso di inquietudine. Sia a destra che a sinistra della scrivania stanno due uomini, anch'essi sorridenti. Esco dalla mia stanza e mi richiudo lentamente la porta alle spalle. Cammino nella loro direzione con fermezza ed impassibilità. Quando sono a meno di un metro da loro mi fermo, guardando la donna dritta nei suoi occhi azzurri. Appoggio le mani sulla scrivania e mi protendo in avanti.

"Dove mi trovo?" chiedo con freddezza a voce bassa. La donna continua a sorridermi, alzandosi in piedi.

"Non ha nulla da temere, Julia. È al sicuro" dice la donna, con voce ferma e calma. Sento gli occhi pizzicarmi, lo stomaco attorcigliarsi su se stesso e il respiro farsi irregolare.

"Io non vi ho mai detto il mio nome..." dico, sentendo la voce incrinarsi "Siete voi, siete sempre stati voi..." Sento le gambe farsi molli e mi manca il respiro: sto usando tutta la mia forza di volontà per non mettermi a piangere.

"Stia calma, non ha nulla di cui preoccuparsi. Non farà più prove, abbiamo tutto quello che ci serve" dice la donna per rassicurarmi, non riuscendoci neanche minimamente.

"Dove sono gli altri?" chiedo, con lo sguardo rivolto verso il basso.

"Tranquilla, li rivedrà presto" risponde lei, addolcendo la voce. Il mio respiro si mozza.

"Sta mentendo" dico io con disprezzo, guardando la donna. Lei scuote la testa sorridendo.

"No, non sto mentendo. E posso capire se non vuole credermi, ma basta bugie. I suoi amici sono in una stanza qui accanto, li potrà rivedere presto. Ma prima dobbiamo riferirle delle cose" annuncia la donna prendendo dei fogli da sotto la scrivania. Li legge velocemente e poi si schiarisce la voce.

"Le abbiamo già riferito che ci sarà una seconda prova, la Prova della Zona Bruciata, ma lei non né farà parte. Avrà notato che nel Labirinto ha avuto degli attacchi d'ira esagerati, questo perché abbiamo abbassato i suoi livelli di autocontrollo e alzato un po' quelli dell'impulsivitá. Non per questo..." dice la donna, ma io la interrompo.

"Avete giocato con il mio cervello?" sbraito io, sentendomi il sangue ribollirmi nelle vene.

"Proprio di questo le stavo parlando, Julia. Lei non è realmente così, ma abbiamo avuto bisogno di controllarla per avere delle cianografie complete, lo abbiamo fatto con tutti. E solo da lei ne abbiamo ottenuta una perfettamente completa. È per questo che non dovrà partecipare alla prossima prova, non ce ne sarà bisogno. Ma, mi duole dirle, che purtroppo i suoi amici non hanno ottenuto i risultati che noi speravamo, quindi saranno tutti obbligati a procedere con la prossima prova. Lei potrà guardarli attraverso degli schermi, mentre si gode la sua libertà" conclude la donna, sorridendo.

"Questa la chiama libertà? Non è libertà per me, è solo una punizione, non lo capite? Io voglio stare con i miei amici, voglio stare con..." dico, sentendomi le lacrime agli occhi.

Day One Greenie?Where stories live. Discover now