Capitolo 21

1.9K 96 19
                                    

"Che cosa?" esclamo stupita, scambiando un'occhiata confusa con Minho.

"Avete capito bene: un Dolente morto. Completamente stecchito. Appena siamo entrati, sono bastate due svolte per trovare il corpo di una di quelle bestie per terra" spiega il ragazzo moro.

"Chiama Alby" ordina Minho a Newt, che esegue il comando, allontanandosi subito da noi.

"Magari è lo stesso che hai ucciso tu l'altra volta" propone Minho.

Io scuoto la testa "No, la mattina dopo, nel Labirinto, non c'era più, si era smaterializzato. E poi il mio aveva parecchie parti elettroniche danneggiate, dopo le coltellate che gli avevo inflitto" rispondo.

"Sono sicuro che questo è come nuovo, sembra quasi addormentato" chiarisce Ben. Qualche secondo dopo, arriva Newt insieme ad Alby, il quale ha in faccia stampata un'espressione seria e impassibile.

"Allora, cos'è questa storia?" taglia corto Alby.

"Un Dolente morto. A pochi passi dalla Porta" spiega velocemente il moro.

"Il problema non è questo..." inizia Minho.

"È chi l'ha ucciso" concludo io, guadagnandomi un'occhiata preoccupata da parte di Newt.

"Dobbiamo andare a controllare" propongo, pronta.

"Sì, ma non tu" mi impone Alby "Dammi il tempo di prendere un paio di coltelli, ci vediamo fra cinque minuti davanti alla Porta" conclude lui rivolto a Minho.

"Cosa? No, vengo anche io" rispondo io seria.

"Senti pive, non fare storie, tu resti qui punto e basta, chiaro?" mi ordina Alby a sua volta.

"Non è chiaro per niente. Sono una Velocista, posso benissimo venire anche io" dico determinata, più che convinta della mia decisione. Gli occhi di Alby si iniettano di sangue e rabbia e si avvicina a me di un passo.

"Brutta pive del caspio, l'ultima volta che qualcuno è stato così cocciuto da voler entrare nel Labirinto, ci ha quasi rimesso la pelle. Adesso stammi a sentire, perché non lo ripeterò un'altra volta: in veste di capo della Radura, ti ordino di rimanere qui. Che tu lo voglia o no" continua lui. Gli rifilo un'occhiata truce.

"Allora perché Minho mi avrebbe dato il ruolo da Velocista? Eh, perché?" lo sfido io. Alby sembra sul limite di un attacco isterico. Mi afferra per il colletto della maglia e mi guarda talmente male da farmi quasi secendere un brivido freddo. Ai suoi occhi, però, cerco di rimanere impassibile.

"Non ti sopporto e non ti ho mai sopportato. Sei una cavolo di ragazza ingenua, non pensi mai prima di agire, eh? Vuoi sempre fare l'eroina di turno, far vedere che sei superiore. Da quanto è che sei qui, scusa? Un mese? Bè, ti dò una notizia: io sono qui da due cavolo di anni e fosse per me non rimetterei mai più piede in quel Labirinto. Ma tu sì, come mai? Troppe domande e neanche l'ombra di una risposta. Ti avverto, ti conviene non metterti contro di me, stupida pivella"  e detto questo, allenta la presa sulla mia maglia e se ne va, in direzione della catapecchia contenente in un seminterrato tutte le armi a disposizione per i Radurai. Mi sento gli occhi di Newt, Minho e gli altri due Velocisti puntati addosso, e questa cosa mi irrita visibilmente. Stringo i pugni così forte da conficcarmi le unghie nei palmi e il mio viso si contorce lentamente in una smorfia di rabbia. Senza voltarmi a guardare gli altri, a grandi falcate, inizio a camminare in direzione del bosco, in preda alla collera. Dopo aver raggiunto un albero, resto ad osservare a lungo la corteccia del tronco, per poi prendere bene la mira e tirarci un pugno con tutta la forza che l'adrenalina mi sta dando in questo momento. Il dolore arriva quasi subito, e questo mi costringe ad urlare, metà per frustrazione e rabbia e metà per il dolore accecante che mi percorre tutta la mano. Dopo questo, mi sento improvvisamente meglio, e basta a farmi calmare un po'. Mi siedo per terra, con la spalle appoggiate sul tronco che aveva appena subito la mia ira. Mi guardo la mano, e cerco di stringerla a pugno, ma mi fa davvero troppo male, è davvero malridotta: le nocche sono completamente arrossate e coperte di sangue, le dita sembrano essere appena state colpite da un martello, tutte sbucciate e anch'esse ricoperte di sangue fino alle unghie. So di aver fatto una cavolata, sono una stupida, ma mi è stato utile, anche se la mia mano ne risentirà a lungo. Sembra che sia stata appena messa su un carbone ardente, ed è quella la sensazione. Per una volta lascio le mie emozioni uscire libere, piangendo calde lacrime che vanno a depositarsi sull'erba fresca e umida. Incastro la mia testa nelle gambe e singhiozzo rumorosamente. Piango per il modo in cui mi trattano tutti, piango per il mio amore non ricambiato, piango per essere in questo posto, piango per Teresa. Sono milioni le emozioni che esplodono dentro di me in questo momento: odio, amore, rabbia, frustrazione, tristezza, solitudine. Vorrei solamente scomparire, sotterrarmi e comparire in un posto più bello e confortevole. Odio la mia vita, l'ho sempre odiata, ne sono certa.  Anche senza ricordi, so per certo di non aver mai provato vera felicità. Odio il modo in cui venga trattata, come una bambina irresponsabile, ma non sanno che sono una ragazza ribelle e indipendente. Odio gli sguardi di tutti puntati addosso costantemente. Le mie lacrime stanno ancora scorrendo libere sulle mie guance, portando con loro tutta la sofferenza che sto passando. Sento una mano posarsi sulla spalla, e la scosto bruscamente, alzandomi di scatto e guardando la persona che si è appena seduta accanto a me, l'ultima che mi sarei mai immaginata. Un Leonard sorridente, un sorriso vero, mi sta guardando.

Day One Greenie?Where stories live. Discover now