40. (Damiano)

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Non ho mai pensato agli aeroporti come a posti malinconici. Sarà per il lavoro che fanno i miei genitori o forse perchè tutte le volte che sono stato in aeroporto ero io a dover partire.
Ricordo la prima volta che presi un aereo, stavo andando in vacanza studio a Londra l'estate dopo la prima superiore e mia madre mi aveva salutato in lacrime dal vetro della sala d'imbarco. Mi ricordo di essermi messo a ridere e di aver scrollato la testa, pensando: "Ma che avrà mai da piangere? Sto via solo tre mesi, mica parto per sempre!"
Eppure, adesso che sono qui, in fila per due cappuccini, capisco con estrema chiarezza il perchè delle lacrime di mia madre e di quel sorriso che mi aveva riservato appena prima che consegnassi il mio biglietto alla hostess. Non centrava quanto poco sarei stato via, o quante volte avremmo potuto sentirci, non voleva lasciarmi andare. E non perchè fosse egoista o perchè non volesse farmi inseguire le mie passioni. Non riusciva a pensare a come avrebbe fatto la sera, senza infilare la testa in camera mia per darmi la buonanotte, o a come avrebbe superato le pigre mattine d'estate, senza qualcuno da rimproverare per essersi dimenticato ancora una volta di svuotare la lavastoviglie. Le sarebbero mancati i fogli sparsi per tutta la casa, sui quali avevo scritto i testi delle mie canzoni  e che dimenticavo sempre di riordinare. Avrebbe sentito la mancanza delle urla mie e di Jacopo che litigavamo per le partite a FIFA.
E quel sorriso, quel sorriso che mi aveva fatto poco prima che mi voltassi, non era un sorriso di felicità, non aveva cambiato idea sulla mia partenza. Era solo accettazione.
Aveva accettato la mia partenza e che avrebbe dovuto fare i conti con la casa vuota, di tanto in tanto. Mi aveva sorriso per dirmi:"Ho capito. Sono triste, ma ho capito!"
Mi sento così solo. Avrei dovuto chiedere ad Alice di restare, avrei dovuto essere egoista e dirle che la amo e che se parte si porta via tutto il buono che c'è in me, tutto quello che ho costruito con lei.
Ieri sera siamo stati a Fontana di Trevi, anche se in realtà non mi andava nemmeno un pò di uscire. Avrei voluto starmene chiuso in camera e fare l'amore con lei per tutta la notte, guardarla dormire e stringerla finchè non sarebbe stata l'ora di accompagnarla in aeroporto.
Ma lei non voleva pensare alla partenza, voleva godersi Roma prima di partire e così ho pensato di portarla a Trastevere per fare scorta di frizzarelle e poi al Fontanone.
Mi sono vestito come un barbone per non farmi riconoscere e fare in modo che nessuno mi rubasse tempo prezioso con lei, l'ho portata a bere quel thè freddo che le piace tanto e poi siamo andati ad esprimere qualche desiderio. Ma se oggi sono qui, significa che il mio non si è realizzato. Tra poco le chiederò che cosa ha desiderato e vedremo se almeno lei ha ottenuto quel che voleva.
La cameriera mi porge i cappuccini con un sorriso ammiccante che scelgo accuratamente di evitare. Mi volto, la vedo in lontananza e le bevande che ho tra le mani non scottano nemmeno più. E' tutto freddo anche se è Maggio. 
Raggiungo Alice e mi sorride. Vorrei farlo anche io, ma mi limito ad appoggiare i bicchieri sulla sedia vuota tra noi e ad incurvare un poco le labbra, giusto per non farla preoccupare.
"Ecco il suo cappuccino caramellato, signorina" le dico passandole lo stecchino e la bustina di zucchero "Spero sia di suo gradimento".
Mi chiedo chi controllerà da oggi che non metta troppo zucchero nelle bevande.
"Scusa il ritardo ma mi hanno fermato in una decina per fare le foto" mento. Non è vero niente, ho solo perso tempo perchè non voglio dirle addio. Non ho mai detto addio a nessuno ad un aeroporto. Come si fa a lasciare andare via le persone?
"Grazie" mi dice, mescolando il suo cappuccino, poi ne beve un pò ed arriccia il naso.
Lo sapevo che sarei dovuto andare nella caffetteria più avanti. Questo è l'ultimo cappuccino italiano che beve per un bel pò e gliene ho portato uno che fa schifo.
Sto per scusarmi ma lei si volta, afferra qualcosa nella sua borsa e me lo porge.
"Ecco" mi dice "Questo è per te"
"Che cos'è?" domando.
"Il mio libro...Il nostro libro"
Il nostro libro....
Do un'occhiata veloce alla copertina dalla stampa casalinga e scorgo una mia foto in bianco e nero. Mi sto passando una mano tra i capelli e tengo una sigaretta tra le labbra.
Beggin...
E' così che ha chiamato la nostra storia? Come quella canzone partita per sbaglio?
"L'hai scritto sul serio? E' la nostra storia?"
"Quando eri ad X Factor, scrivere mi aiutava a non pensare" mi risponde "Lo ho stampato tutto e ho pensato di lasciartelo"
X Factor...Sembra così lontano.
Cerco di non sembrarle troppo malinconico e di non intristirla, così le faccio un sorriso ed apro e richiudo il libro tra le mani.
"Beggin..." dico a bassa voce, leggendo il titolo "E mi hai anche messo in copertina!"
"Ti piace?" mi chiede.
No. Mi rende triste e non voglio leggerlo.
"Non l'ho ancora letto" le rispondo fingendomi divertito "Ma il filtro in bianco e nero sulla mia foto da bad boy mi dice già che sarà una bomba"
Alice scrolla la testa e la piega di lato è così bella che non riesco a smettere di guardarla, mentre passo le dita sul titolo.
"Lì c'è tutta la nostra storia" mi dice.
"Tutta?" inarco un sopracciglio e la guardo divertito.
Anche il divano ad Ostia? Anche i graffi sulla schiena, il sesso in camera tua con la musica a tutto volume, i morsi sul collo, i nostri profumi mischiati a quello del fumo? Anche il bacio sotto casa sua? Anche la sua voce rotta che gridava il mio nome?
"Tutta...Anche le parti più bollenti" mi legge nel pensiero "L'ho terminato stanotte"
Stanotte?
"Allora vedrò di non farlo leggere a nessuno" le dico stringendo il libro al petto. Non è una bugia. Non voglio che qualcuno legga di noi, di quello che abbiamo fatto, di quello che ci siamo detti. Non voglio condividere con nessuno quello che abbiamo avuto e che è durato troppo poco.
Per colpa mia? O forse di Tiziano.
Massì, chi se ne frega! La sto perdendo...Non importa di chi sia la colpa.
"L'ho già inviato alle case editrici"
Cosa?
"Che cosa?" le domando spaventato.
Case editrici? Con nomi e cognomi? Marta mi ammazza davvero questa volta!
"Tranquillo, ho cambiato tutti i nomi" mi rassicura "Nessuno saprà mai che parlo di te"
"Perchè non me lo hai detto?"
"Non lo so....Era solo un progetto senza senso" mi dice guardando in basso "Non penso avrà mai un futuro"
Si che lo avrà. Noi no...Non non avremo futuro.
Guardo in alto per non piangere e stringo le dita attorno al libro.
"Io credo di si" le dico.
"Vedremo" risponde lei alzando le spalle.

BEGGIN -(IN REVISIONE PRE PUB)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora