Bonus #3 (Stefano)

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Non ho più di fiato.
Sto correndo da troppo tempo e non so nemmeno perchè. Dovrei avere avere ancora un'oretta di scarto. La realtà è che sto correndo perchè sento la terra che mi trema sotto i piedi.
Ora capisco cosa intendeva Alice quando diceva che il mondo a volte le sembrava andare troppo forte. Sento anche io questa sensazione adesso. Come se tutto andasse talmente veloce da farmi correre per stare al passo.
Ancora qualche minuto e sarò arrivato.
Non so nemmeno che cosa farò una volta arrivato lì, ma per ora l'aria fredda mi taglia la faccia per la velocità a cui sto andando e questo mi basta. se non fosse per il freddo non saprei nemmeno di essere vivo in questo momento. Il cuore sembra fermo, non fosse che batte all'impazzata per la corsa.
Una macchina si ferma appena in tempo quando attraverso senza guardare e mi suona il clacson. Lo sento a malapena e continuo a correre.
Le nocche mi fanno male per il pugno che ho sferrato a Damiano. Non ho nemmeno guardato che non sanguinassero. Nei film lo fanno sempre.
Corri, Nardi, non pensare a ste stronzate!
Che cosa dirò quando gli sarò davanti?
E se ci fossero tutti a guardarci?  E se mi prendesse a pugni?
Come cazzo mi è venuta in mente un'idea così folle?
Che poi, ho mai avuto idee che non lo fossero?
Ma questa...Oh, questa è di sicuro la più impulsiva, stupida e insensata che io abbia mai avuto.
Mi tornano in mente le parole di mio padre e le lacrime escono da sole.
'Persone come te non le voglio in casa mia' e ancora 'Ti dovresti vergognare, pensa a curarti'. Mi tagliano la pelle più del freddo, me le sento addosso a succhiarmi il sangue. Un macchia indelebile che diventa sempre più grande e raggiunge il cuore. 
Che cosa diresti ora, papà?
Che cosa diresti di tuo figlio, adesso che sta per fare la più grande cazzata della sua vita?
Che cosa diresti del tuo piccolo Sesè, guardandolo correre come un pazzo verso la disfatta della sua vita sociale?
Mi ameresti comunque?
Mi amerai mai come prima?
Non ho tempo di asciugarmi le lacrime, devo arrivare la campo prima che la partita finisca e mancano solo venti minuti. Con il dorso della mano faccio il possibile per eliminare il sale e continuo a correre.
Meno male che ho avuto la brillante idea di bere quei prosecchi prima di avere questa cazzo d'illuminazione.
Che strana sensazione ho in corpo. Non sembra nemmeno adrenalina.
Le luci di Roma mi sembrano quasi più luminose del solito. E nonostante sia notte, i colori mi sembrano più accesi, pieni di nuove sfumature che prima non vedevo.
E' così che ti senti quando capisci chi sei?
E' questo che provi quando ti rendi finalmente conto del posto che occupi nel mondo?
Era tutto così semplice? Bastava davvero solo dirlo ad alta voce?
E allora perchè fino a ieri faceva così paura?
Perchè quello che ieri sembrava un ostacolo così grande tra me ed il traguardo, ora è solo un puntino lontano dietro di me?
E' questa la sensazione di libertà di cui parlano tutti?
Ma se è così bella, allora perchè c'è ancora gente che non mi ritiene degno di provarla?
Perchè c'è ancora gente che vorrebbe tenermi in gabbia?
Sarebbe bello avere qui mio padre, per domandarlo a lui.
Scrollo la testa per togliermi dalla mente quei pensieri.
Non posso pensare a mio padre, non adesso che sto facendo la prima cosa veramente coraggiosa della mia vita.
Sono quasi arrivato, vedo le gradinate in lontananza e rallento il passo solo una volta di fronte alla porta d'entrata degli spogliatoi. Il professor Zanelli sta chiudendo il gabbiotto con l'attrezzatura e con..Oh cazzo! Voglio farlo davvero?
"Prof!" dico con il fiatone, piegandomi in avanti e poggiando le mani sulle ginocchia "Hanno già finito?"
"L'avessi avuta nelle mie ore sta voja de correre, Mainardi!"
"Prof, la prego..." cerco di respirare "Sono ancora lì i ragazzi?"
"La partita è finita, ma stanno facendo un'amichevole tra loro, io me ne vado a casa prima di morire di freddo"
"Posso entrare?"
"Dove?"
"Nel gabbiotto...La prego mi ci hanno nascosto una cosa per una scommessa" mento, sorridendo.
Zanelli scrolla la testa:"Mainardi, la maturità è stata solo un esame, vero?"
"Cosa?"
"Quand'è che diventerete adulti, dico io!" estrae il mazzo di chiavi dalla tasca "Chiudi bene quando hai finito e poi va a dormire. Lasciale al solito posto" 
Mi lancia le chiavi ed io le prendo al volo.
Sono contento che si fidi ancora di me, dopo tutte serate qui al campo di atletica, solo per dimostrargli che ero un vero uomo, proprio come tutti quelli della mia classe.
Se sapesse quello che sto per fare...!
 "Ci vediamo, Mainardi" mi dice allontanandosi "E ogni tanto vieni e damme na mano con i primini al mercoledì!"
"Lo farò, professore!" gli grido.
Rimango di fronte alla porta del gabbiotto e la fisso, mentre sento le grida dei ragazzi della mia ex classe. Non posso credere a quello che sta per succedere.
Abbasso gli occhi, sorrido a me stesso e scrollo la testa, dandomi da solo dello stupido.
Apro la porta del gabbiotto e mi ci chiudo dentro prima di ripensarci.
Non è cambiato nulla, ci sono ancora i palloni nell'angolo a sinistra e sono certo che se guardassi nel cassetto della cattedra troverei ancora le merendine che Zanelli si mangia di nascosto dalla moglie.
Mi sporgo e dal vetro vedo i ragazzi rincorrersi e cercare di segnare una rete. Gli stessi con cui ho passato gli ultimi cinque anni della mia vita. Ed è strano ma non sembrano nemmeno più gli stessi ora che sono io ad essere diverso. Ora che vedo tutto con un paio di occhi nuovi.
C'è anche lui e sta rincorrendo Sposetti per rubargli il pallone.
Che poi non mi è nemmeno mai piaciuto quel pompato di un moro. O si?
Ora che ci penso meglio, credo che il pugno che, per grazia ricevuta, non mi ha dato Damiano, me lo darà lui. Ed è ironico pensare che la mia vita da gay dichiarato inizierà con una rissa.
Abbasso lo sguardo e trovo il microfono.
Mi metto a ridere. Una di quelle risate che fai solo quando sai di essere da solo perchè altrimenti la gente ti prenderebbe per pazzo. E' tutto così romanticamente ridicolo che persino mio zio riderebbe di me e mi darebbe della checca.
Premo il tasto blu con il simbolo del megafono e do un paio di colpi al microfono per essere sicuro funzioni. Credo di sì, dal momento che per tutto il campo di atletica si propaga un suono simile ad uno sparo.
"Buonasera a tutti" dico, ascoltando la mia voce dalle altoparlanti disposte agli angoli del campo "Sono Stefano" aggiungo.
L'intero gruppo guarda verso il gabbiotto in cima agli spalti. Alcuni si mettono a ridere ed altri a saltare e fare i coglioni.
"Mainardi, che stai a fà?" grida Sposetti "Ce voi fa 'a serenata?"
Sono ancora in tempo per andarmene.
Racconterò a tutti di essere stato ubriaco e tutto tornerà come prima.
Come prima....
No, niente deve più tornare come prima. Mai.
"No, ragazzi...Ma c'è una cosa che devo dirvi"
Alessandro mi guarda, fermo in quel gruppo di persone che continuano a dimenarsi. Come se sapesse quello che sto per fare, come se avesse intuito dalla mia voce che sto per dire qualcosa di così assurdo che sarà difficile sopravvivere dopo.
"Io...."
Fermati, Nardi! Sei ancora in tempo.
Non posso...Non posso più!
"Sono gay" vedo le parole appena pronunciate levarsi in aria e piombare sul gruppo come un macigno enorme. Nessuno risponde.
Alessandro non dice una parola, ma ha uno sguardo strano.
La fronte piegata in un'espressione che è a metà tra il sorpreso e l'impietosito.
Era questo quello a cui puntavo? Fargli pietà?
"Buon per te, Nardi" grida Tiselli "Adesso se po tornà a giocà?"
Credo non mi stiano prendendo troppo seriamente.
"No...C'è un'altra cosa che devo dire"
Non farlo, Nardi. Giocare con la tua vita è un conto, ma quella degli altri? E' sbagliato!
Mi prenderò tanti di quei pugni che dovranno ricoverarmi in rianimazione, già lo so.
Ma vivere senza aver tentato, nemmeno una volta, di essere felici, a che cazzo serve?
Prendo un respiro profondo e per il nervoso sto quasi per scoppiare a ridere.
"Anche Alessandro lo è" 
Gli occhi di Cella si spalancano e nonostante i compagni attorno a lui, saltino e lo scrollino ridendo. Lui è serio, impassibile.
"Se volete vi lasciamo soli!" grida Grespi.
"Senti ma quanto v'hanno dato pè fà sta pagliacciata?" chiede Cravedi.
Alessandro non risponde, nonostante nessuno mi stia prendendo sul serio e nonostante io abbia appena rivelato in un microfono la sua omosessualità.
Ha lo sguardo severo e furioso.
Lo vedo salire sulla prima gradinata e chiudo gli occhi. So già cosa sta per fare.
Mi levo la sciarpa marroncina. Non voglio si macchi di sangue.
E' sempre più vicino, cazzo!
Esco dal gabbiotto e gli vado incontro. Anche se forse avrei dovuto rimanere dov'ero. 
Se dovesse prendermi a pugni, mi farei molto più male cadendo sui gradoni in cemento.
Mi arriva di fronte e le voci degli altri diventano solo un sottofondo ovattato.
"Cella, io...Porca puttana, d'accordo forse è stata una cattiva idea fare tutto questo"
Mi afferra per la giacca con una mano e quasi mi solleva.
"O-Okay, okay...Forse è stata una PESSIMA idea, ma posso spiegare. Io..."
E' sempre stato così muscoloso?
Lo sto davvero trovando attraente? Ma soprattutto, com'è che lui trova attraente me?
Piega l'altro gomito e fa per sferrarmi un pugno ad altezza viso.
Io chiudo gli occhi e mi giro dall'altra parte come riflesso incondizionato.
Non arriva nulla.
Passano i secondi e...Niente.
Apro prima un occhio e poi l'altro.
Alex è ancora nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato. Solo con un'espressione meno furiosa. Mi lascia andare ed abbassa lo sguardo, come se fosse triste.
Che persona di merda che sono!
Forse quel pugno, in fondo, me lo meriterei.
Trovo gli altri ragazzi vicino a noi. Alcuni hanno addirittura estratto i telefoni, per registrare la rissa. Altri stanno cercando di calmare Alessandro ed altri ancora stanno scrollando la testa.
Io sono lì, fermo, guardo la scena a rallentatore, come fossi lo spettatore del film della mia vita.
"Ha ragione" dice a bassa voce.
Cosa? Sul serio?
"Che vò dì?"
"Che sta a dì la verità, Tiselli..." grida di colpo "Sono gay"
"Me stai a pija pè 'r culo?" chiede il biondo serrando i pugni.
Alessandro scrolla la testa.
"Ma sei serio è l'avete organizzata sta cosa?" chiede Sposetti.
"E' tutto vero" ammette Alessandro, vergognandosi di guardare i suoi compagni in faccia.
"Da quanto?" chiede di nuovo Tiselli.
"Dalla prima superiore"
"E non ce l'hai mai detto? Lo veniamo a sapè da 'r primo coglione che lo grida al microfono?"
Quanto ha ragione! 
"Che cazzo dovevo fa?"
"E Clarissa?" chiede Cravedi "Lo sa?"
Alessandro fa segno di si, senza aggiungere altro.
"Oh, io nun ce credo che c'hai preso per il culo a tutti!" dice Tiselli "Ma vaffanculo va!" dice alzando il medio e correndo giù per le gradinate.
"Tisè, viè qua, dai! Nun fa l'infame!" gli grida Longarini, ma l'altro non si ferma e se ne va.
"Dovrei annà pure io" dice Grespi "Sennò mia madre me da pè disperso"
Che scusa del cazzo!
Alessandro saluta con un gesto accennato della mano e piega la testa.


Nel giro di pochi minuti se ne sono andati tutti e siamo rimasti solo io, Alex, Longarini e Cravedi.

C'è un silenzio che spacca i timpani per quanto grida forte. E la sensazione di aver rovinato la vita di un amico è sempre più intensa, mentre mi attanaglia il cuore.
"Vabbè..." dice Cravedi, allungando una mano sulla sua spalla "Finalmente ti sei deciso" gli sorride, complice.
"Lo sapevi?" chiede Alex sorpreso.
"Diciamo che lo avevo intuito"
"E poi te pare che uno che gioca così male se poteva scopà una come Clarissa?" dice Longarini.
"Anche tu?"
"Avevo i miei sospetti dall'inizio del quinto anno" piega la testa e sorride.
Io ho le lacrime agli occhi e vorrei davvero piangere ma credo che non sarebbe il momento ideale, perciò mi trattengo.
"A te invece nun c'era bisogno de sospettà niente, vè?" chiede Longarini, dandomi una pacca amichevole sulla schiena.
"Io..."
"Eh daje, lo vedevano pure i cechi, Nardi" mi dice Cravedi alzando la voce "Sei stato coraggioso" aggiunge poi.
"E' vero...Io al vostro posto me sarei cagato sotto"
"Non tornano più, vè?" chiede Alex, indicando le porte degli spogliatoi. Riferendosi agli amici che sa di aver perso.
"Me sa de no" dice Cravedi a bassa voce, quasi non volesse ferirlo troppo.
"Mi dispiace Alex!" dico sinceramente "Mi dispiace così tanto"
"No, va bene così...Almeno adesso so chi sono i miei veri amici"
"Io ho un'idea" dice Cravedi "Na birretta da 'a Zingara? Come 'a vedi?"
"Eh, come la devo vedè? 'A vedo bene!" 
"Nardi, tu vieni?"
Io? A bere una birra con loro? Ma se non mi hanno mai nemmeno invitato alle partite di calcetto. E' questo che succede quando dici la verità?
Che ti restano accanto poche persone...Ma quelle giuste?
"Si...Mi andrebbe parecchio" dico con la voce spezzata.
Longarini mi mette un braccio attorno al collo.
Longarini che fino a nemmeno un anno fa, mi faceva lo sgambetto se solo gli passavo di fianco.
Longarini che mi ha sempre nascosto lo zaino in giro per la scuola, dopo la ricreazione.
E Cravedi? Davvero sto uscendo a bere una birra con lui?
Cravedi...Lo stesso che mi ha sempre preso per il culo, con cori da stadio, quando non riuscivo a saltare a ginnastica?
Sto per uscire con persone che ritenevo così schifose?
Sorrido e scrollo la testa, pensando a quanto è strana la vita delle volte e che in fondo, se stasera sono rimasti, quei due sfigati poi tanto male non lo sono.
"Paghi tu, è Nardi?"
"Io?"
"Sei l'unico sotto il metro e settanta...Non vorrai metterti contro di noi"
Longarini mostra il bicipite ed io sorrido.
Certe cose non cambiano mai. Solo le persone.
"Si..." dico spensierato "Offro io"

AMATE. SEMPRE. CHIUNQUE.
Debby.

BEGGIN -(IN REVISIONE PRE PUB)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora