XXVIII: Lacrime di rabbia

Comincia dall'inizio
                                    

"Insomma... guardati attorno" continuò l'uomo, spalancando le braccia. "Nonostante la città stia tornando ai fasti di un tempo, non abbiamo ancora le risorse necessarie per affrontare una guerra."

Lei sbatté gli occhi, il viso aperto in una smorfia di stupore. Scrutò anche Peeke, sicura che fosse della stessa opinione di Winloas, ma lo scoprì disinteressato al dibattito, preso a seguire il volo di un drago al di fuori della finestra. Nives fece per aprire bocca e rimproverarlo, ma l'ingresso di un paggio la costrinse a trattenersi.

"Mia regina" disse il servo, inchinandosi. "Verkað chiede di essere ammesso alla vostra presenza."

"Fatelo entrare" replicò lapidaria. Dopodiché chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, pensando che il colloquio non era neppure iniziato e già si profilava un fallimento; oltretutto, non riusciva a comprendere perché Winloas non le avesse mai espresso i suoi dubbi prima di allora.

"Mia regina."

La voce di Verkað la costrinse ad aprire gli occhi e portarli sull'esile figura che, lenta, avanzava verso di lei, la barba che sfiorava il tappeto.

"Verkað" replicò in tono di sfida, incapace di trattenersi. "Credevo si sarebbe presentato il Consiglio al completo."

Il vecchio abbozzò un sorriso. "Non avete di che preoccuparvi: ne incarno al meglio la volontà."

Nives rimase in attesa che Verkað si posizionasse al fianco di Winloas, scoccando nel frattempo un'occhiata a Peeke che, invece, non pareva affatto intenzionato a unirsi alla conversazione, tanto era impegnato a osservare l'esterno. Cosa ci fosse di così interessante era per lei impossibile da comprendersi.

Scosse la testa, decidendo di concentrarsi sugli altri uomini. "Credo sia meglio evitare inutili digressioni e discutere subito con chiarezza" esordì, raddrizzando la schiena. "Come penso abbiate intuito, non ho alcuna intenzione di permettere a Everett di regnare impunito: dobbiamo scendere in guerra e spodestarlo."

Verkað socchiuse gli occhi, quasi stesse ascoltando voci lontane che solo lui poteva udire. Nives non rimase affatto sorpresa nel sentire scivolare dalle sue labbra un "No" netto, nonostante il tono fosse stato pari a un sussurro.

"Per quale motivo?" gli chiese, imponendosi di tenere a freno la lingua. Solo comprendendo quali fossero le ragioni del rifiuto sarebbe riuscita a trovare un modo per convincerlo del contrario.

"Innanzitutto, mia regina, il nostro esercito non è abbastanza forte per vincerlo" rispose Verkað pacato. "Molti uomini non aspettano altro che un vostro ordine per prendere le armi, ma altrettanti, se non di più, non hanno alcuna intenzione di combattere: le ferite subite devono ancora guarire del tutto, e non si può spingere un corpo a compiere uno sforzo a cui non potrebbe sopravvivere."

Nives strinse le labbra. "C'è altro?"

"Oltre alla scarsità degli approvvigionamenti, mia regina, bisogna anche considerare che Everett non ha dato alcun segno di voler combattere, nonostante sappia di certo della vostra presenza a Centrum Norr."

"Non l'ha dato ora, ma potrebbe in futuro" replicò lei, stringendo le mani a pugno. "Devo ricordarvi che ha già tentato di uccidermi? Avete davvero la certezza che abbandonerà il suo intento?"

Il vecchio schioccò la lingua, di sicuro con una replica già pronta, ma Winloas fu più rapido. "Non credete possa essere stanco di combattere?"

Nives spalancò gli occhi e boccheggiò, quasi fosse stata colpita da uno schiaffo in pieno volto. Le mani presero a tremarle e gli occhi, all'improvviso, furono umidi di rabbia, tanto che fu costretta a serrarli per evitare di piangere davanti a loro; l'avrebbero interpretato come un gesto di debolezza, la reazione stizzita di una bambina che non aveva ottenuto ciò che desiderava.

HydrusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora