Decisioni di famiglia

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Rose Weasley

Quando aveva annunciato ai suoi genitori di non voler continuare gli studi, sapeva che avrebbe dovuto lottare. Il massimo dei M.A.G.O. non poteva essere sufficiente, se eri Rose Weasley-Granger.

Aveva aspettato che le vacanze Potter-Weasley si concludessero, prima di parlare chiaramente ai suoi genitori. Solo nel salotto della loro casa di Londra, si era decisa a dire quello che aveva deciso per il suo futuro.

«Sono stata accettata per un lavoro alla Gringott.»

«Non se ne parla proprio!»

L'urlo, di proporzioni epocali, l'aveva gelata sul posto. Non perché non se lo aspettasse, ma certo era convinta che quella che l'avrebbe presa peggio sarebbe stata sua madre. 

«Lasciala spiegare, Ron.»

Titubante, Rose proseguì. «Mi hanno chiamata per una prova da spezzaincantesimi a giugno, e sono andata bene. Mi hanno offerto un posto.»

«Fammi indovinare, è la stessa cosa che farà quello Zabini che tanto ti piace tirarti appresso?»

Rose aveva sentito un'ondata di irritazione scuoterla. «Non scelgo il mio futuro in base a quello che fa Derek. Siamo maghi, possiamo benissimo far convivere due carriere diverse. E il fatto che lui mi abbia fatto appassionare alla cosa non significa che la mia scelta sia meno sentita.»

«Comunque la risposta è no.»

«Perché?» lo implorò, cercando lo sguardo di suo padre. Pensava che più di tutti lui avrebbe capito.

«Perché sei in gamba, Rose. Troppo per sprecare la tua vita in qualche angolo remoto del globo a cercare tesori per i goblin. Perché non vuoi diventare guaritore? Oppure auror?»

«Perché mi piace l'idea di vivere avventure.» ammise, per la prima volta ad alta voce.

«Ah, le avventure.» commentò suo padre, sprezzante. «Le vogliono vivere tutti, finché non ci capitano in mezzo.»

Rose, rossa in volto e piena di vergogna per quelle parole, aprì la bocca per replicare. Glielo avrebbe detto che era maggiorenne, e che poteva decidere da sola. Che se ne sarebbe andata di casa, come a suo tempo aveva fatto lo zio Bill.

«Calmatevi, tutti e due.»

Rose si girò come una furia verso sua madre, probabilmente pronta a rincarare la dose.

«Se è questa la strada che hai scelto, sono contenta per te. L'importante è che tu ti applichi in un campo che ti appassioni.» iniziò, lasciandola sconcertata. «Tuttavia sono d'accordo con tuo padre che il lavoro con i goblin sia difficile e non sempre favorevole. Perciò, ti propongo un compromesso. Il Ministero cerca spezzaincantesimi abili per i manufatti dell'ufficio misteri. Ovviamente, i più qualificati sono della Gringott, ma in pochi amano stare così tanto in Inghilterra da accettare questa collaborazione, e ci sono dei posti vacanti. Potresti fare domanda lì. Credo che sarebbe un impiego più vario, e metterebbe d'accordo tutti. Che ne dici?»

Rose la osservò in silenzio, chiedendosi se stava parlando sul serio. Davvero convincere sua madre era stato così facile? Osservò di sottecchi suo padre, che annuì seccamente. «Potrebbe essere accettabile.»  

«Se papà mi avesse lasciata finire di parlare.» borbottò infine, osservando le sue scarpe. «Vi avrei comunicato che io e Derek siamo stati reclutati da un addetto del Ministero. Abbiamo fatto la prova per quella divisione.»  

Hermione sorrise alla figlia. «Quindi... spezzaincantesimi

«Spezzaincantesimi.» confermò, sorridendo a sua volta.

«Comunque non sono d'accordo.» s'intromise Ron, guadagnandosi un'occhiata in tralice da entrambe le sue donne. «Con questa storia di Zabini. Non sono d'accordo.» 

«Se ne farà una ragione.» commentò Hermione, sollevando le spalle con fare rassegnato.

«Ci mette sempre un po' di tempo a digerire le novità.» continuò Rose, annuendo energicamente.

 «Sarei in questa stanza.» 

«Comunque l'ho visto a King's Cross: è proprio un bel ragazzo quel Derek.» continuò Hermione, con un guizzo divertito nello sguardo.

«Ma è anche maturo, intelligente, sensibile. Ha ottenuto dei M.A.G.O. quasi come i miei.» snocciolò in risposta Rose, con sguardo ora sognante.

«Fantastico.» 

«Rosie cara, quando vuoi sentiti libera di invitarlo a cena. Anche dopo il vostro viaggio.» le suggerì sua madre, posandole una mano sulla spalla.

«Credo sia ancora presto mamma. Ci stiamo solo frequentando, e poi credo che papà abbia bisogno ancora di tempo.» le spiegò, sorridendo beata.

«Mah. Io ci rinuncio.»   

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Sia chiaro: non amo far passare Ron per scemo. Credo che questa complicità tra madre e figlia sia in realtà una complicità di famiglia, dove ognuno conosce pregi e difetti altrui e ci giochi. Perché se Ron non fosse Ron, non starebbe al gioco.

Empatia - Missing MomentsWhere stories live. Discover now