Capitolo 7

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Aggiornato 

Jane's POV

«Jane come ti senti?» la voce dolce di Belle mi risveglia dal mio breve sonnellino.
Ho freddo ma sto sudando, i brividi percorrono tutta la mia schiena ma sento il sudore colare dalla mia fronte, le palpebre le sento pesanti, mi sembra di avere una tenaglia nel cervello che lo stritola e cerca in tutti i modi di  spappolarmelo fino a ridurlo in poltiglia e, per concludere in bellezza ho una gamba inondata di sangue e non me la sento tantissimo.

«Sto da dio» dico sforzando un sorriso, nel frattempo ci fermiamo.
Cerco di capire perché ci siamo fermati, ma vedendo tutti fissare sopra le nostre teste, provo a muovere di poco la mia per vedere cosa stanno osservando e, nonostante il mio torpore, riesco a vedere che siamo arrivati a destinazione. 
Ora resta la cosa più difficile da fare per me.
Salire.
Devo salire quei pioli in metallo per arrivare nuovamente in superficie nel giardino di casa mia.
Facile a dirsi, difficile a farsi.
Una persona con un bambino in braccio può tranquillamente passare per quel tunnel, ma una persona con un altra persona sulle spalle non credo ci passi con tanta facilità.

«Jane, per quanto tu sia piccina, credo che con te in braccio non riusciremo mai a passare in quella cavità» dice il troglodita.
Ma va? Davvero? Ed io che pensavo ci passasse anche un elefante in sovrappeso.
Guardo storto il ragazzo e cerco un punto dove potermi sedere. Forse posso sedermi qua, posso aspettare che loro arrivino in superficie e vadano a chiedere aiuto a qualcuno, quel qualcuno può darmi soccorso ed io posso essere sollevata in superficie con una corda . M ehi, è una fognatura per bacco!qui in torno ci sta solo melma marrone e maleodorante e per giunta è talmente alta che a Belle arriva quasi alle sue parti intime, non oso immaginare dove arriverà a me.

«In un modo o in un altro dobbiamo salire. Belle, devi farti coraggio e salire su quelle scale contuo figlio in braccio. Può sembrare difficile e sicuramente sei terrorizzata di perdere la presa su di lui, ma devi stare serena perché è semplicissimo: passa il braccio in mezzo alle sue gambine per farlo stare seduto e mettigli  la mano dietro la schiena poggiando la sua testa sul tuo palmo per non farlo cadere. Inizi tu a salire. Dietro di te ci starà lui, così se dovessi cadere potrà prenderti tranquillamente. Io sarò l'ultima» dico e faccio cenno all'omone di mettermi giù ma con una certa delicatezza.
Non lo avesse mai fatto.
Appena metto i piedi in quella melma, questa entra subito negli stivali, la gamba ferita inizia a bruciare e un forte giramento di testa mi fa perdere l'equilibrio che ritrovo solo grazie al muro vicino a me che mi fa da sostegno.
Belle è disperata nel vedermi così e un po' lo sono anche io: dovevo salvarla per farla pagare a mio fratello colpendo lei, ora mi ritrovo io sul baratro della morte e con questa donna al mio fianco che senza conoscermi mi tratta come una sorella prendendosi cura di me, soreggendomi nonostante abbia un bimbo piccolo in braccio. Mi ricorda un sacco il calore materno che ho sempre voluto e per pochi secondi mi crogiolo nella sua stretta per godermelo.

«Dovresti essere tu la prima, sei ferita gravemente e prima arrivi, prima ti cureranno» dice. Vorrei ribattere su alcuni punti del suo discorso, ma una fitta improvvisa e dolorosa mi fa gemere: avrò sicuramente bisogno di una trasfusione di sangue e di un'antibiotico per la ferita che con tutta questa fanghiglia si sarà infettata.
I miei due salvatori mi guardano aspettando una mia risposta ma l'unica cosa che faccio è spingere dolcemente mia cognata dal nostro abbraccio e indicarle la scaletta.

«La mia famiglia ha bisogno dell'erede, Stephen ha bisogno di sua moglie e suo figlio. Io non conto niente per loro, tu sei più preziosa, inoltre se io sparissi sarebbero tutti felici e contenti, fidati. Sono un peso per la mia famiglia e sarò un peso anche per voi se dovessi mettermi come apri fila o centrale. Nel primo caso, se casco, farei male a te. Nel secondo caso, se caschi, non potrei prenterti. So quello che faccio, ora andate» le faccio un sorriso e lei annuisce rammaricata mentre prende il bambino come le ho detto di fare e con un'attenzione quasi maniacale inizia a salire senza guardarsi indietro. 
Il ragazzo invece mi osserva con attenzione, nessuna emozione è leggibile sul suo viso questa volta e, dopo un flebile cenno del capo, inizia a salire.
Quando si crea almeno un po' di distanza tra lui e me, con grande difficoltà mi do la spinta per salire sui primi pioli della scala. Lacrime di dolore escono dai miei occhi e il desiderio di mollare tutto e farla finita mi passa per la testa: in fin dei conti non sono mai state essenziale.

.B.A.D. (In revisione)Where stories live. Discover now