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ALESSIO

Alle 7 suona la sveglia, accendo il cellulare, faccio colazione e vado a correre, mettere in moto il mio corpo mi ricorda gli allenamenti a Trieste.

Arrivo a casa. Doccia. L'acqua scorre su di me, ripenso all'estate scorsa, quando Maria era il mio centro.

Lei è libera, corre con passo leggero, spinta da sentimenti, ma quando cade ha bisogno del calore di un amico, di qualcuno che la faccia rialzare, ricordandole il sole ed il sapore della libertà.

Dopo essermi lavato mi butto sul letto, accendo il cellulare e rispondo ad una foto di Caterina. Quando scrivo con lei mi sento stranamente felice, non riesco a stare fermo ed inizio a vagare in giro per casa, seguito dagli sguardi perplessi dei miei zii, i miei genitori, infatti, dopo averci accompagnati in Calabria, sono tornati a Trieste.

Continuiamo a mandarci messaggi, camminando in quel mondo reso indistinto dalle sue parole. Entrambi cerchiamo di allungare la conversazione, ma come sempre, anche stavolta finisce. Usciamo entrambi da WhatsApp.

Crollo sul letto. Spengo la luce. Buio. Dolore.

Mi si contrae lo stomaco ed un improvviso senso di perdita mi schiaccia. Il mio pensiero inizia a vagare, più momenti ricordo con Caterina e più fa male.

Basta, mi dico, non ce la faccio. Non ce la posso fare. Appoggio una mano sul petto, proprio sopra il cuore, mi concentro sul suo battito, lento, cadenzato, messo in moto da ciò che noi chiamiamo vita, un'energia sconosciuta che ti costringe a tirare avanti. Resto fermo per mezz'ora, finché lo stomaco non si rilassa, appena mi sento meglio, mi alzo.

Sento quella forza vibrarmi dentro, sono già le 10:30 e la soleggiata spiaggia calabrese mi aspetta. Con i suoi infiniti problemi.

Per fortuna da casa mia alla spiaggia sono solo cinque minuti di camminata, quindi non ho bisogno di essere accompagnato dai miei zii, perennemente in ritardo. Mio fratello mi sta già aspettando, sei anni ci separano, ma la sua serietà ed il suo essere così taciturno lo rendono molto più grande, anche se ogni tanto calorose dimostrazioni di affetto gli ridanno la sua età.

"Buongiorno Andrea" Lo saluto

"Ciao Ale!" Mi salta addosso, abbracciandomi.

"Se ti va sto andando in spiaggia, vuoi venire?"

Lui annuisce. Così, mano nella mano, dopo aver salutato tutti, ci avviamo verso la spiaggia.

La mia sorellina ci sta aspettando, è bellissima, lì seduta sul bagnasciuga, tutta sola a guardare la Sicilia.

Io e mio fratello le corriamo incontro.

"Antonio e Gabriele non sono ancora arrivati?" Le chiedo.

"Gabriele è in ritardo, come sempre, mentre Antonio è lì" Mi dice indicando il vicentino, fermo nel punto in cui il marciapiede si incontra con la spiaggia, separata solo con un basso muretto.

"Vai da lui" Le dico facendole l'occhiolino. Ricambia quel gesto e gli corre in contro saltandogli addosso, poi scendono verso di me.

Vederli insieme mi rende felice, Maria sembra pazza di lui, cerca sempre il suo sguardo ed è sempre pronta a prendergli la mano. Il ragazzo dal ciuffo di marmo invece per me è un mistero, non riesco a leggere ciò che pensa, come mi succede spesso con gli altri del gruppo, e questo mi spaventa un po', lui tende sempre a nascondere i suoi sentimenti, e questo potrebbe essere un problema nella relazione con la mia sorellina...

Ci buttiamo tutti e tre in acqua, le nostre grida riempiono la spiaggia quasi vuota, gli schizzi e gli scherzi condivisi mi fanno dimenticare il dolore di stamattina. Ovunque c'è luce.

Maria mi guarda e mi dice sorridendo: "Al mi fai un tuffo?".

È una cosa che abbiamo invitato io e lei. Vado sott'acqua e Mary mi sale sulle spalle. Una volta in piedi io mi alzo di scatto, catapultandola in aria.

È bello rifare queste cose con lei, mi fa tornare bambino, infatti quando riemergo sono le mie risate a riempire il silenzio.

Arriva anche Gabriele e iniziamo a giocare a palla, il biondino è negato in quasi tutti gli sport, tranne che nel calcio e gode nel dimostrare la sua superiorità in questo gioco. Io lo lascio fare, ma con Antonio, essendo capitano di una squadra a Vicenza, è tutta un'altra storia.

"Vi va di andare agli scogli?" La voce di mia sorella interrompe il loro gioco, probabilmente anche lei stanca di essere esclusa.

"Sissignora!" Le rispondo.

Mi avvio verso i due, chiamandoli a gran voce, ma non mi degnano di uno sguardo. Mi piazzo tra loro bloccando la partita: "volete decidervi a venire agli scogli con noi?" Li guardo, incenerendoli con gli occhi

Finalmente iniziano ad ascoltarmi, anche se con qualche lamentela.

Invitiamo anche Simona e Denise, le sorelle minori di Gabriele e Antonio, ma loro rifiutano la nostra offerta. Anche mio fratello preferisce stare con i più piccoli.

Ci avviamo verso il nostro luogo preferito. La strada non è molto lunga, ma si passa da una soffice sabbia bagnata a dei sassi infidi e traditori. I miei calli mi permettono di camminarci sopra senza farmi troppo male, ma vedendo mia sorella intimorita da quel minaccioso terreno, mi offro di prenderla in spalla. Procediamo così, fino allo scoglio semi emerso, che noi usiamo come piattaforma per i tuffi.

Sono il primo a salire e aiuto mia sorella in difficoltà. Gabriele è l'ultimo, ma basta uno sguardo d'intesa con Mary che, appena in piedi, si ritrova in acqua.

"Idioti!" Interrompe le nostre risate non appena riemerge.

Lo facciamo risalire tranquillamente per ributtarlo subito dopo, fra le risate generali, e continuiamo così per altre tre o quattro volte. Vedendo che Maria non si è ancora tuffata la prendo fra le braccia come una sposa, e mi tuffo con lei, ridendo alle sue grida indignate. Antonio ci segue, col suo mitico modo di tuffarsi, soprannominato da Maria "il tuffo a cagnolino". Infatti prima di entrare nell'acqua, Anthony ha l'abitudine di alzare la gamba sinistra, come i cani quando fanno pipì.

Alcuni tuffi dopo decidiamo di andare a fare compagnia ad Anna. Io, Gabriele e il ciuffone scattiamo all'improvviso per una gara di corsa, lasciando una Maria stupefatta dietro di noi. Di malavoglia anche lei inizia a correrci dietro. Raggiungiamo Anna, che da brava asociale, sta ascoltando musica. Ci affolliamo intorno a lei, che togliendosi una cuffietta con una calma esasperante ci indirizza uno sguardo glaciale.

"Che cazzo volete?" È la sua gelida risposta.

"Ma come, noi veniamo qui da te, per strapparti dal tuo deprimente isolamento e questa è la tua risposta?!" Le rispondo io ridendo.

"Ti va una partita a preferiresti?" Continuo.

Si toglie l'altra cuffietta e si siede scrollando le spalle, dopo aver sbuffato. Ci accomodiamo accanto a lei.

"Preferiresti palpare il culo o le tette?" Mi chiede Gabriele, con la sua faccia da pervertito.

"Secondo me il culo, non so perché ma mi intriga di più"

"Voi che ne pensate?" Chiedo rivolto agli altri.

Gabriele è ovviamente il primo a rispondere, spudorato com'è: "Tette, senza ombra di dubbio!"

Che pervertito! Penso tra me e me, come se pensasse solo a quello, aspettando una persona che gli ponga questa domanda.

"Tu Anto?" Lo guardo.

"Non lo so..." Risponde con il suo antipatico accento veneto.

Le ore volano, il sole si alza, nel frattempo sono arrivati anche i miei zii, con la mia cugina di quattro anni, Elena.

Fra canzoni e giochi, tutti insieme, anche questa mattina passa, come molte altre uguali, ma ognuna di esse è speciale, perché lascia un piccolo ricordo di luce in noi, una parte di un qualcosa di bello che ci accompagnerà quando saremo lontani.

Prima di tornare a casa decidiamo di vederci nel pomeriggio, agli scogli.

L'estate è appena cominciata.

Qualcosa Di PiùWhere stories live. Discover now