Capitolo 26: ANIME BIANCHE

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Quando riapro gli occhi la prima cosa che vedo sono le onde dell'oceano. La luce del sole picchia sulla mia testa con forza e il caldo della sabbia mi brucia la pelle del viso e delle braccia. Mi sollevo.

"Ian?".

Tutto intorno non c'è anima viva.
Solo acqua e sabbia.

"Ian? Dove sei?".

La paura mi coglie impreparata. Il terrore di essere in un posto nuovo, in un mondo nuovo ed esserci da sola mi assale.
Con le unghie mi arrampico sulla duna di sabbia, risalendola. Dall'alto riesco a riconoscere Jacksonville, scorgo il suo ponte, i suoi grattacieli e i suoi colori. Individuo la lingua di spiaggia davanti al molo e il punto esatto del Siren. Scendo di nuovo e mi metto a correre come una matta per raggiungerlo. Ma quando ci arrivo non trovo niente di ciò che ho lasciato. Più mi avvicino più noto che al posto del Siren vi è un edificio tutto nuovo, fatto di ferro e tante, troppe vetrate; al posto della spiaggia libera invece ci sono affollatissimi stabilimenti balneari. Mi si spezza il fiato.
E allora riprendo a correre, questa volta però torno indietro, calpesto il bagnasciuga con le scarpette, zuppando d'acqua le suole e l'orlo dei jeans.
Il telefonino che ho in tasca mi scivola sulla sabbia. Il suo segnale è inesistente, così lo calpesto con violenza.
Subito dopo mi metto a piangere e a gridare come una pazza, mentre lascio che le lacrime mi scendano giù a fiotti. Senza che possa fare niente per impedirlo, le mie ginocchia cedono, facendomi cadere a terra per sfogare così tutta la mia angoscia.

Improvvisamente, quando il dolore pare mangiarmi pelle e ossa, scuoiandomi viva, sento chiamare il mio nome. Alzo gli occhi e vedo qualcuno che sta correndo verso di me.
Mi asciugo la faccia, è Ian.
Le lacrime continuano a cadere, ma adesso sono di gioia.
Pura e vera. Ho il cuore che batte forte, sembra uscire dal petto.

"Ian!"
"Holland!"

Ci scontriamo in un abbraccio che travolge entrambi.

"Oh, Ian! Credevo di averti perso per sempre... " singhiozzo al suo orecchio.

"Oh, piccola Holland... Sono qui. Sono qui... " Mi prende la faccia tra le mani. I suoi palmi bruciano di desiderio e la sua bocca preme contro la mia con forza.

Quando ci stacchiamo ci guardiamo intorno come due naufraghi che hanno appena scoperto di essere salvi.

"Dove siamo?". Ian si passa una mano tra i capelli per portarli indietro. Alcuni ciuffi però gli sfuggono, finendogli di nuovo sugli occhi.

"Siamo a casa. Siamo a Jacksonville" dico, indicandogli il molo, poco lontano.

Il sole splende sulle acque dell'Atlantico, facendole scintillare come diamanti.

"Questa non è la mia casa" afferma lui, aggrottando la fronte. "Quello stabilimento laggiù non c'era nel quarantacinque e quelle navi  non fanno parte della marina..."

"Sono yatch, barche di lusso per signori... e quella è una spiaggia con tutti i confort" preciso.

Alcuni ragazzi si rincorrono sulla battigia, indossano un costume metalizzato che gli copre le cosce e scende fino al ginocchio. Ci sono anche delle ragazze. Un paio. Avanzano verso di noi, muovendosi in modo sinuoso. Anche i loro costumi sono particolari, sembrano fatti di carta stagnola dalle mille sfaccettature. In testa hanno due cappellini di paillettes che scintillano così tanto che fa quasi male agli occhi guardarli.

"Questo non è il quarantacinque" confermo la versione di Ian.

Lui aggrotta la fronte e si morde il labbro inferiore, pensieroso. "In quale epoca siamo finiti, Holland?".
***

Quando le due ragazze ci passano vicino, ci guardano come se fossimo alieni. Ian segue con lo sguardo i loro corpi fasciati dai costumi metalizzati.
E io gli mollo una gomitata perchè mi sembra che si soffermi un pò troppo sulle loro curve. Lui farfuglia qualcosa che pare una protesta, ma poi si fa coraggio e si avvicina a loro.

"Scusate, sapete dirmi in che anno siamo? Io e la mia amica  mi sa che ci siamo persi..."

Le due donne lo scrutano senza rispondere, poi si guardano tra sé e alla fine girano le spalle e tornano indietro. "Possibile che nel 2091 ci debbano essere simili persone in giro? Io abolirei l'ingresso in spiaggia per gli hippies e per gli alcolizzati!".

I miei occhi si sgranato. "Duemila... novantuno?" squillo.

Ian aggrotta la fronte, storcendo le labbra. "Siamo settantuno anni avanti invece che indietro" realizza.

Mi tappo la bocca con una mano. Oh merda!

Le due donne sono adesso due puntini lontani. I loro costumi sembrano un paio di stelle in mezzo alla spiaggia. Mi guardo ancora intorno, frastornata e intontita.

"Siamo nel futuro..." dice Ian.

Sento la gola bruciare e la bocca seccarsi. Il ricordo del sangue, degli spari, della mia vita precedente mi sorprende, trascinandomi come un uragano nei ricordi. Istintivamente mi guardo la pelle delle braccia e delle gambe. É intatta. E anche quella di Ian lo è. Nessuna pallottola. Nessun dolore.

"Non c'è sangue. Non siamo più feriti!" esclamo.

La mano di Ian fruga nella tasca dei pantaloni, tirando fuori il pendente.
L'orologio segna le ore tredici. 
I nostri sguardi continuano a lanciarsi occhiate perse, completamente disorientate.
Poi Ian va alla ricerca di qualcosa, lo vedo frugare tra la sabbia, vicino agli scogli.
Quando torna da me ha in mano un sasso appuntito. Lo posa sul palmo della mano e preme, procurandosi una piccola ferita. Apro anche le mie mani.
I miei palmi sono sporchi di sabbia, ma non feriti.

"Abbiamo sciolto il legame, Holland" realizza, lasciando cadere a terra il sasso.

Improvvisamente provo una delusione fortissima. Essere unita a Ian mi rendeva forte e completa; una nuova Holland. Ian sembra accorgersi del mio smarrimento.

"Per me non cambia niente" dice, succhiandosi il sangue dal palmo per ripulirlo. "Tu sei la mia metà, piccola Holland, anche senza un inutile legame di sangue. E, da oggi, ricominceremo tutto daccapo. Soltanto io e te."

Annuisco, gettandomi tra le sue braccia. Ian respira tra i miei capelli con una tenerezza da far tremare le ginocchia.

"Vieni, voglio fare una cosa..." dice, prendendomi per mano.

Camminiamo sulla sabbia per un paio di metri, poi ci togliamo le scarpe e proseguiamo a piedi nudi. Ian mi aiuta a salire su uno degli scogli più alti. L'oceano sotto di noi si agita, sbattendo contro le rocce. Ian solleva il pendolo verso il cielo.

"Grazie a questo medaglione ho conosciuto l'amore della mia vita e ho avuto la mia parte di felicità. Tutto è cambiato e tutto cambierà ancora, ma adesso è giunto il momento di dirgli addio..."

Quando le sue dita lasciano andare la catena, il mio cuore ha un sussulto. Guardo l'orologio vorticare nell'aria e poi finire dentro l'acqua. Un tonfo sordo, quasi inesistente. Le onde inghiottiscono il pendolo, portandosi via la nostra leggenda e il nostro passato. Mi stringo a Ian, lui mi bacia tra i capelli e io sento che potremo essere felici.
Il prezzo da pagare è alto, molto alto. In pegno c'è la famiglia e ci sono gli amici. Ma l'amore che proviamo l'uno per l'altra ci farà superare il dolore della perdita. Il dolore dei ricordi. I nostri cuori battono vicini adesso. Pulsano sotto alle magliette quasi in sincronia.
Le nostre anime perdono colore, pian piano. Niente accenno di rosso o di nero. Esse sono bianche. Bianche come il risveglio, come la bontà del latte al mattino. E sono pure come quelle di due ragazzi che desiderano soltanto amarsi per il resto della loro vita.

ENDLESS - Anime Bianche || Ian SomerhalderWhere stories live. Discover now