Capitolo 4: PANNA O CIOCCOLATO

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Il giorno seguente riprendiamo il viaggio in tarda mattina. La voce della speaker di una radio locale va e viene a intermittenza. Ian guida in silenzio, mantenendo più o meno una velocità costante. Il navigatore indica che siamo oltre la metà del percorso, anche se, le strade dell'Alabama sembrano così lunghe da essere infinite. E' la prima volta che attraverso questo territorio in auto ed è davvero una piacevole scoperta. E, se non fosse per la mia testa, così maledettamente affollata di pensieri, forse riuscirei anche a rilassarmi di fronte ad un paesaggio simile; sconfinate terre rosse, disseminate da piccoli cespugli qua e là, il sole alto nel cielo e qualche nube che pare inseguirci. Con la coda dell'occhio scruto Ian, è pensieroso e non riesco a intuirne il motivo. Forse l'incontro con la figlia lo ha lasciato sotto sopra oppure il libro trovato ieri sera. Il fatto di essere così lontana dai suoi pensieri mi fa stringere lo stomaco in un magone devastante. Poso l'attenzione sulle sue mani; sono strette intorno al volante, quasi a volercisi ancorare per l'eternità. La sua schiena è dritta e il suo sguardo carico si cela dietro un paio di occhiali da sole. Il pendolo delle anime gemelle gli scende morbido sulla camicia. Amo e odio quel pendolo come amo e odio questa assurda situazione. Amo il fatto che Ian si sia arrotolato le maniche fino al gomito e allentanto i primi due bottoni, mi piace vederlo in una versione più leggera e spavalda. E poi odio quel dannato ricordo di questa notte. Se solo riuscissi a focalizzarne meglio l'immagine! Ho visto Ian uscire dal bagno, consolarmi dei brutti sogni fatti e scivolare qualcosa sotto al letto. Cos'era? L'ho visto davvero? Non lo so.
Forse ho soltanto immaginato tutto quanto. Alle volte gli incubi possono anche mescolarsi alla realtà! Poi, questa mattina, è stato Ian il primo a svegliarsi. Quando ho aperto gli occhi l'ho trovato già vestito di tutto punto e, naturalmente, sotto al letto non c'era niente di niente. Una nebbia fitta fitta mi offusca la mente. La realtà fa a cazzotti con le paure più grandi, lasciandomi un incolmabile vuoto dentro al cuore.

Un camioncino, di quelli che portano animali vivi, ci sorpassa facendo un rumore assurdo di ferraglia. L'odore del bestiame entra dentro la nostra auto, anche se abbiamo i finestrini ben chiusi. Ian fa un commento di disgusto, parlando per la prima volta dopo ore e io mi tappo il naso, posando la nuca contro il seggiolino. Chiudo gli occhi.
La radio frigge più di prima e la puzza non decide ad andarsene. Svoltiamo verso il primo distributore che troviamo per fare rifornimento.

"Ci prendiamo qualcosa da mangiare, okay?" chiedo.

Lui si limita ad annuire. Il suo mutismo comincia a starmi sui nervi. Scendo dall'auto sbattendo la portiera. Porto con me lo zaino. Dentro c'è il libro che abbiamo rubato alla pensione. Ian si è raccomandato che non lo lasciassi incustodito, non fin quando non sarà nelle mani di Radcliffe, ma io vorrei farlo. Nel profondo di me stessa so che lo vorrei. Vorrei che qualcuno se lo portasse via, il più lontano possibile.

Lasciamo l'auto nelle mani di un vecchio benzinaio, che oltre a riempirci il serbatoio da anche una bella pulita ai vetri.

"Se non avessimo avuto quest'auto avremmo dovuto affidarci all'autostop, ne sei consapevole?".

Ian muove una mano davanti al volto, come a scacciare uno sciame di moscerini. "Io mi sarei affidato all'autostop, tu saresti rimasta al sicuro a Jacksonville" dice, entrando dopo di me dentro al Mini Market.

Alzo gli occhi al cielo e vado alla ricerca di qualcosa da bere. Ho assolutamente bisogno di una bevanda energizzante; i pensieri mi stanno risucchiando ogni energia.
Ian mi segue, restando sempre in silenzio. Risponde se lo interpello, altrimenti guarda i prodotti con noncuranza. Gli occhiali da sole mascherano l'espressione dei suoi occhi, ma non riescono a nascondere ai miei che è preoccupato per qualcosa.

"Ian, cosa c'è?" mi decido a chiedergli, quando proprio non ne posso più. Lo incastro tra il frigo dei gelati e le cassette della frutta così che non possa sfuggirmi facilmente.

Lui scuote la testa e fa spallucce. "Perchè?".

"Non lo so, ho come la sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa" gli confesso.

Lui si passa una mano tra i capelli e subito dopo apre il frigo, con il chiaro intento di sfuggire alle mie domande. "Panna o cioccolato?" tira sù due coni gelato.

"Ian, per favore" chiudo il frigo, con un gesto alquanto duro e scattoso. "Vuoi dirmi cosa ti sta passando per la testa?" lo supplico ancora una volta. "Abbiamo fatto questo viaggio insieme, ci siamo giurati piena sincerità, ma tu è da questa mattina che non parli. Sembri una mummia viaggiante!".

"Sono stanco, Holland" dice, riaprendo l'anta di vetro.

Il freddo che proviene dal congelatore mi provoca un brivido lungo le braccia.

"E' per il libro che abbiamo trovato ieri sera?" indago. Vorrei aggiungere: o per quel qualcosa che hai nascosto sotto al letto questa notte? Ma non lo faccio. Forse perchè, nonostante mi senta tagliata fuori dai suoi pensieri, ho una maledettissima paura di quello che potrebbe dirmi. Ho paura di scoprire qualcosa di nuovo in grado di cambiare le carte in tavola.

"Quel libro non sappiamo nemmeno se è qualcosa di autentico, non sappiamo niente, fin quando non lo vedrà Radcliffe..." replica lui, frugando dentro al freezer.

"Però contiene l'immagine del pendolo e contiene l'immagine di numeri, forse ha a che fare con noi, con la soluzione che Daniel non riesce a trovare. E sai cosa significa questo, non è vero?".

Ian finalmente si decide a chiudere il frigorifero, facendo ricadere i due coni gelato all'interno. "Significa che avrò in mano la soluzione per tornare a casa" dice.

Il mio cuore si ferma. "Ed è quello che vuoi?". Il tremore della mia voce è una vibrazione lenta, incostante.

Ian scivola le sue mani sulle mie braccia e poi si spinge ad accogliermi in un abbraccio. Vuole rassicurarmi o rassicurare se stesso. Non riesco a comprenderlo.

"Tanto non esiste nessuna soluzione" dice semplicemente.

E la nostra conversazione si conclude così, ancora una volta con una risposta che non è una risposta. Con una domanda che resta a vacillare insieme a mille "se" e mille "ma".

Il libro che ho nello zaino brucia come il fuoco, mentre procediamo verso l'uscita. Alla fine non abbiamo comprato niente. Ci è passata la fame.

ENDLESS - Anime Bianche || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora