CAPITOLO 9: PASSPARTÚ

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La notte stessa riesco a prendere sonno con difficoltà, penso a Kagasoff e alla clinica dove è costretto a vivere per scontare la sua pena. Penso ai suoi discorsi sul futuro e poi penso a Ian e al suo allontanamento. E' come se fosse risucchiato dal lavoro al Siren o, forse, quella è soltanto una banale scusa per nascondere dell'altro. Credevo che il viaggio fatto insieme sarebbe stato utile a unirci ancora di più, invece pare che tra noi si sia creata un'inspiegabile barriera fatta di ghiaccio così spesso da non riuscire a spezzarlo. Mistero e distanza vanno a braccetto in questo momento della nostra storia. Ho l'ansia e non faccio altro che passare da una posizione all'altra, senza trovare pace.

"Valium?" chiede Ashley, sfilandosi le cuffiette dalle orecchie. "Ti stai girando da una buona mezzora, se vuoi ho ancora una confezione di benzodiazepine da qualche parte tra le mie cose".

Mi premo il cuscino contro la faccia e rifiuto l'offerta. Non ho bisogno di farmaci, ma solo di schiarirmi le idee. Di capire. Di sentirmi al sicuro. Cosa che non riesco a fare.
Non con Ian. Non in questo momento.
Non dopo Chicago.

"Vuoi che ti prepari una camomilla?" chiede ancora lei, scendendo dal letto. I suoi piedi nudi mi raggiungono. I pantaloncini che porta le sfiorano le cosce finemente abbronzate e la conottiera le scivola morbida sui seni.

"Mi accontenterò di un abbraccio."

Ashley mi si siede vicino e mi stringe a sè. Il suo calore è un vero e proprio toccasana e riesce a rilassarmi un pò.

"Devi parlare con Ian. Sono notti che non riposi come si deve. Non puoi continuare così! Domani andiamo al Siren e tu lo tempesterai di domande. Non me ne andrò fin quando lui non avrà sputato il rospo che lo tormenta!" dice.

Caccio indietro una manciata di lacrime, racchiudendole dentro al petto, fin quando non fa troppo male. Ashley torna a sdraiarsi sul suo letto. E, proprio quando entrambe stiamo per chiudere gli occhi, ecco che un rumore alla finestra ci sveglia.

"Che diavolo è?" Ashley balza a sedere sul letto, accendendo la luce.

Il vetro scuote pesantemente.

"C'è qualcuno" affermo. Il respiro mi si strozza in gola. Ripenso a Tom Felton, ai suoi attentati inaspettati. In un flash mi passano dalla testa mille ricordi; dal tentato soffocamento, all'essere rapita e chiusa dentro al vecchio magazzino e poi l'avvelenamento, l'incidente. L'angoscia sale, pur sapendo benissimo che Tom è ancora in un letto di ospedale. Sta dormendo e non può farmi del male.

Ashley si avvicina al vetro, indecisa se scostare o meno la tenda. "E' Penn!" dice, alla fine, portandosi una mano al petto.

Mi lascio ricadere indietro, svuotando di nuovo la mente da tutte le paure e i cattivi ricordi.

"Finalmente!" Penn entra dentro la nostra stanza con un salto. "Scusate se vi ho spaventate, ma ho preferito una via alternativa alla porta principale, non si sa mai..."

Ashley non lo fa neanche parlare che gli si getta addosso. Lui ricambia la stretta. Lei emette qualche gridolino, lasciandosi cullare e abbracciare e baciare sui capelli e sulla faccia.

"Oh, Ashley, mi sei mancata troppo... mi manchi troppo!".

Lei gli prende il viso tra le mani e lo guarda negli occhi. Le sue dita tremano in modo evidente e sono sicura che lo stia facendo anche il suo cuore.

"Ed se n'è andato, mi ha lasciata libera."

"Sí, ho saputo... Le voci corrono veloce! Ed é per questo che sono qui..." fa lui, stringendola ancora più forte a sé.

"Dov'è Lei?" chiede Ashley, riferendosi ovviamente ad America.

Penn abbassa lo sguardo a terra e posa la fronte contro quella della sua dolce metà. "Sta dormendo, sono fuggito dalla sua stanza di nascosto. Avevo voglia di vederti. Non ce la faccio più! Andiamo a fare un giro, okay? In spiaggia, in giardino, per strada, ovunque tu voglia andare. Ho bisogno di stare con te."

ENDLESS - Anime Bianche || Ian SomerhalderWhere stories live. Discover now