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A distanza di tre anni ancora riusciva a ricordare alla perfezione come si era sentito quel giorno, neanche fosse accaduto solo poche ore prima.

L'incredulità che aveva provato, unita a quel sentimento di impotenza e al contempo ingiustizia.
Sentimento che non aveva fatto che ingigantirsi a dismisura quando, voltandosi con quel sorriso nervoso sulle labbra e gli occhi sgranati dall'incredulità, si era ritrovato davanti il viso costernato e quasi in lacrime della madre, la quale subito l'aveva attirato a sè, probabilmente per consolarlo, nonostante a dirla tutta al quindicenne era sembrata essere più lei quella che avrebbe avuto bisogno di un po' di conforto.

Miroku non aveva pianto, nè in un impeto di disperazione aveva preso e gettato nel cassonetto della spazzatura più vicino i tre libri sulla lingua danese comprati due anni prima, sebbene la tentazione fosse stata davvero alta.
Ma lui non l'aveva fatto. Semplicemente, dopo essere riuscito a districarsi dall'abbraccio spacca ossa della madre, si era chiuso in camera sua, aveva tirato fuori quella foto dal cassetto della scrivania ed era rimasto ad osservarla per diversi istanti, minuti, forse ore intere, cercando di convincersi del fatto che ormai la sua attesa fosse finita, sebbene non nel modo che lui avrebbe voluto.

Ma non ci riuscì.
Lo sguardo gli era rimasto fisso ancora per molto tempo su quei grandi occhi grigi e rosati, come una bufera di petali di ciliegio, e lui semplicemente non era riuscito a convincersi del fatto che ormai quello sguardo così allegro e vivace fosse semplicemente spento e privo di vita.

Una parte di lui riuscì in qualche modo ad autoconvincersi dell'esatto opposto, ovvero fatto che quello fosse solo uno scherzo, uno dei tanti stupidi scherzi di quella danese priva di senso dell'umorismo.
Magari gli aveva mandato quel messaggio proprio perché stava per tornare in Giappone.
Anzi, a dirla tutta probabilmente se la sarebbe ritrovata davanti alla porta di casa proprio il mattino seguente.
Nel vederla lui l'avrebbe sgridata urlandole contro che gli aveva fatto prendere un infarto, lei invece sarebbe scoppiata a ridere, facendogli notare quanto fosse stato sciocco a credere così facilmente ad una notizia del genere, quindi alla fine sarebbe scoppiato a ridere anche lui e l'avrebbe ovviamente perdonata senza pensarci due volte.

Solo che non andò così.

La danese non tornò nè il giorno dopo, nè quello dopo ancora, nè la settimana, il mese e l'anno seguente.

Ma se una parte di lui ancora tre anni dopo continuava a sperare in un suo "pesce d'aprile, Roku!", l'altra non poteva non ripensare al battito di cuore che aveva perso quando quel giorno, nel controllare la posta elettronica della madre per aiutarla a cercare una mail che a sua detta era  "semplicemente scomparsa nel nulla", si era imbattuto in quel messaggio. Messaggio che iniziava con tre semplici parole, nude e crude:

Kirsten è morta.

~

- Ehi Miroku! -

- Mh? -

- "Mh" cosa? Ti ho fatto una domanda. -

Replicò la ragazza incrociando le braccia al petto.
Sorprendentemente però non sfoggiò una delle sue occhiatacce, probabilmente perché aveva notato che l'amico, distratto com'era in quel momento, non sarebbe riuscito ad apprezzarne appieno una come invece avrebbe dovuto.

- Puoi ripetere? -

Sospirò il ragazzo portandosi la tazza di cioccolata calda alle labbra.

- Ti ho chiesto perché siamo qui. - Rispose allora la rossa. - Insomma, non che mi dispiaccia, dopotutto passo qui quasi tutti i miei pomeriggi. Ma perché tu sei voluto venire anche oggi se sei in ferie? -

nothing has changed //Yaoi//Where stories live. Discover now