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Se lo può scordare

Queste erano le quattro parole che il giorno precedente Miroku non aveva fatto altro che ripetersi nella mente.

Solo nella mente, però, dato che dopo averlo incastrato in quella sottospecie di appuntamento (o sequestro di persona, come Miroku era più propenso a considerarlo) Sakura aveva astutamente deciso di evitarlo per il resto della giornata, riuscendo a tenersi occupato fino alla fine del suo turno per poi uscire dal locale in fretta e furia, prima che l'altro lo avesse potuto fermare per disdire tutto.

E così quel mattino il giapponese si ritrovò seduto a gambe incrociate sul suo letto. Il pigiama ancora addosso e lo sguardo corrucciato fisso sul comodino lì accanto, che non faceva altro che andare dal suo cellulare all'orologio, che in quel momento segnava le 11:33.

Mancavano solo ventisette minuti alle dodici e lui era ancora lì, che rimurginava sul perché quel danese non si decidesse a lasciarlo in pace almeno la domenica.

Beh, non che cambiasse qualcosa.
Dopotutto aveva deciso di non andare.
La sua indecisione in quel momento consisteva infatti solo sull'avvisare o meno Sakura del fatto che non si sarebbe presentato.

Probabilmente avrebbe fatto meglio a chiamarlo, almeno gli avrebbe risparmiato il tragitto in metro.
Eppure ancora non si decideva ad allungare la mano verso il cellulare, limitandosi a spostare ripetutamente lo sguardo da quello all'orologio, che già segnava le 11:39.

Quindi, tutto d'un tratto, il cellulare prese a squillare.
Sorpreso in un primo momento Miroku sobbalzò e, pensando che fosse proprio Sakura, considerò perfino l'idea di ignorarlo.
Alla fine però, resosi conto di quanto sarebbe stato infantile un comportamento del genere, il ragazzo si decise ad avvicinarsi al telefonino, per lo meno per vedere chi fosse.
Strabuzzò gli occhi dalla sorpresa nel notare che non si trattava affatto del diciannovenne, bensì di Akemi.

Tornò a sedersi dove stava prima, aspettando pazientemente fino al momento in cui il telefono smise di squillare.

Neanche un minuto dopo sentì squillare il telefono di casa dal soggiorno.

Quindi sentì l'inconfondibile rapido scalpiccio dei passi del fratello, che si precipitava a rispondere.

Infatti quel giorno i loro genitori non erano in casa.
Erano usciti giusto mezz'ora prima per fare delle commissioni e, dato che avevano in programma anche di passare da alcuni dei loro amici, di sicuro non sarebbero tornati prima dell'ora di cena.
Anche per questo motivo Miroku aveva deciso di non andare a quell'uscita con Sakura: Keisuke non poteva di certo rimanere a casa da solo.
Ma era solo una scusa, se ne rese conto perfino lui nel momento stesso in cui quel pensiero gli passò per la mente.

- Pranto? -

Sentì dire da Kei dal soggiorno.

E forse fu per l'ansia che aveva un quel momento, ma subito il maggiore si ritrovò a ridere nel sentire quella sua squallida imitazione di Megamind.

- Roku? No, non c'è. O meglio, c'è, ma fa finta di non esserci. È tutto il giorno che non esce dalla sua stanza... Se si sta preparando? E per cosa? Oggi non può uscire, mamma e papà saranno fuori tutto il giorno... Ah, capisco, capisco. Ok, tranquilla Akemi. Ciao. - E a quel punto stava probabilmente per rimettere apposto la cornetta, quando la ragazza riattirò la sua attenzione per dirgli un'ultima cosa. - Il tuo... Il tuo bambino, dici? Ma io pensavo che Naoki non te lo filassi... Ah, il libro intendi. Ma potevi anche dirlo subito, mi sono preso un colpo! Comunque no, non credo che l'abbia finito. Ieri sera l'ho visto e il segnalibro stava ancora a prima della metà... Sì, d'accordo... Ma sì, tranquilla, faccio io... Ok, ciao! -

E a questo punto riattaccò sul serio.

L'ansia di Miroku, il quale bene o male era riuscito a seguire tutta la conversazione dalla sua camera, non fece che crescere nel sentire i passi del fratello farsi sempre più vicini.

Quando il minore giunse davanti alla sua porta, il maggiore era ormai in assetto di guerra: le braccia incrociate al petto, lo sguardo corrucciato e assolutamente neanche la più piccola intenzione di scendere da quel materasso.

- Roku? - Chiamò il fratello bussando alla porta. - Ti prego, apri e basta, non costringermi a cantare la canzoncina di Frozen. -

Di fronte a quella minaccia, il biondo non potè fare altro che rabbrividire. Ricordava fin troppo bene cos'era successo un paio di mesi prima, quando il giorno del suo compleanno, per motivi che in quel momento neanche ricordava, aveva litigato con i genitori e così si era chiuso in camera mentre in casa c'erano ancora tutti gli invitati.
Keisuke era venuto lì a bussare alla sua porta, proprio come stava facendo in quel momento, e si era messo a cantare "facciamo un pupazzo insieme?" finchè lui dal troppo imbarazzo non era stato costretto ad aprirgli.
Dopo quella volta Akemi aveva continuato a chiamarlo "principessa" per circa un mese e tutte le volte che aveva incontrato per le scale i suoi vicini, quelli gli avevano rivolto delle strane occhiate.

No, decisamente non avrebbe sopportato quella canzoncina per una seconda volta.

- È aperta, Kei. Non l'ho chiusa a chiave. -

Disse a quel punto, proprio quando il minore aveva appena attaccato con "sei già sveglio oppure dormi?".

- Ma non c'è gusto così. -

Lo sentì ridacchiare mentre finalmente abbassava la maniglia ed entrava in camera sua.

- Cosa vuoi? -

Gli chiese allora Miroku. Le braccia ancora incrociate al petto, ma lo sguardo non più così corrucciato, quanto piuttosto divertito dall'espressione incredula che era comparsa sul volto del fratellino non appena lo aveva visto.

- E pensare che di solito sono io il ritardatario. -

Commentò il moro osservando l'orologio sul comodino con tanto d'occhi: segnava le 11:44.

- Che dici, Kei? Guarda che non devo andare da nessuna parte. -

- Sì. Certo. E io invece sono etero. Ma che discorsi fai!? Me l'ha detto Akemi che oggi alle 12 hai un appuntamento con il tuo ragazzo. -

- N-non è il mio ragazzo! - Ribattè Miroku arrossendo dall'imbarazzo. - E poi, che intendevi dicendo in tono ironico "e io invece sono ete..." -

- Questo non è il momento, Roku! - Lo interruppe Kei puntando energicamente l'indice contro l'orologio. - Mancano dieci minuti e tu sei ancora qui in pigiama! -

- Non posso mica lasciarti solo in casa per tutto il giorno. -

- Allora puoi lasciarmi dai vicini, che ti devo dire? -

Ribattè Keisuke alzando alzando lo sguardo al cielo.

- E va bene. - Si arrese a quel punto Miroku balzando giù dal letto sotto lo sguardo incredulo del fratello. - Ma... - Aggiunse voltandosi verso di lui, in viso uno strano sorriso. - Non ti lascio dai vicini. -

nothing has changed //Yaoi//Where stories live. Discover now