Capitolo 35

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A svegliarmi ci pensa il mormorio di mia madre che parla sottovoce con mio padre.
   Ho la testa che pesa un quintale e cerco di fare mente locale...
   Sì, sono ancora in ospedale perché Maddy ha cercato di soffocarmi nella vasca da bagno. Poi ho un vuoto. E poi un altro ricordo del mio primo risveglio, dei miei preoccupati e di quello che ho raccontato. Ma nessuno sembrava disposto a volermi credere. Poi di nuovo il vuoto.
   I miei continuano a parlare e non ho idea di quello che stanno dicendo ma cerco di attirare la loro attenzione nonostante la gola completamente secca e il corpo indolenzito «Ho sete» chiedo gracchiante.
  «Piccola mia» mia madre piomba su di me non appena sente la mia voce. «Come stai?»
  «Uno schifo» ammetto e guardando la finestra mi accorgo che è mattina.
  Mi passa un bicchiere d'acqua e mio padre mi sistema il cuscino dietro la testa. Prendo un sorso e poi mi guardo intorno «Dov'è J?»
  Mio padre si avvicina a me mentre mia madre contorce le labbra «Gli ho detto di andare a riposare...»
  «Forse sarà meglio che tu non veda Jack per un po'» mia madre va dritta al punto e mio padre sospira ormai stanco della sua scarsa delicatezza nell'affrontare le situazioni drammatiche.
  «Perché?» sbotto ritrovando la voce.
  «Perché potrebbe essere pericoloso...»
  «J non è pericoloso!» tento di alzarmi ma mio padre me lo impedisce con una carezza.
  «Lascia che ci pensi io» le dice e si rivolge a me «Eleanor, i medici vogliono farti alcuni esami ed è meglio che tu stia lontana da Jack per questo breve periodo, non perché lui sia pericoloso ma perché vorremmo badare noi a te...»
  «Non mi credete, eh? Io mi ricordo quello che ha detto il medico quando ho raccontato la verità, ma non ci credete. È più facile per voi pensate che sia pazza...»
  «No, Eleanor. Non sei pazza, ma è giusto fare degli accertamenti...»
  «Col cazzo!» lo interrompo «E ora voglio andarmene a casa» mi stacco la flebo e scendo dal letto, ignorando il capogiro che mi lincia all'istante.
  «Stai calma» mi afferra mio padre mentre mia madre urla sulla soglia l'aiuto di un'infermiera «Ora ti portiamo a casa se è questo che vuoi, ma devi rimetterti almeno un po'»
   «Sto bene» mi allontano da lui per riuscire a reggermi da sola e con grande sforzo ci riesco.
   «Non stai bene, Eleanor. Per l'amor di dio, sei stata trovata svenuta e sommersa nell'acqua della vasca da bagno e non sappiamo le motivazioni...» continua mia madre.
   «Io ve l'ho detto cosa è successo. E ora riportatemi a casa e chiamate J»
   Un'infermiera entra preoccupata e mi chiede gentilmente di ritornare a letto perché sta per arrivare il primario per una visita di controllo.
   «Ma sto bene!» continuo a sbottare.
   «Credono ci sia qualcosa che non vada nella tua testa, Eleanor, perché non può essere vero quello che hai raccontato...» continua mia madre.
   «Non sono pazza, okay? Come avrei potuto soffocarmi da sola? Ma perché diavolo non mi credete?» la mia voce è leggermente strozzata e mio padre decide di intromettersi.
   «Basta così, Cindy, ora Eleanor merita solamente di risposare un po' e se vuole farlo a casa allora noi adesso ce ne andiamo» afferra un mio cappotto lungo al ginocchio e mi aiuta ad indossarlo.
   Solo ora mi accorgo di indossare un pigiama chiaro, la biancheria intima e un paio di calzini caldi, e accanto al letto c'è anche un paio di stivali bassi. Mia madre deve aver pensato a tutto. Dubito che J abbia potuto prima vestirmi e poi portarmi all'ospedale... ma ora J dov'è? Perché non è qui con me? Può mai essere che abbia colto Maddy sul fatto mentre cercava di soffocarmi ed è scappato con lei? Dopo essersi assicurato di portarmi qui in ospedale?
    Mi stringo nel cappotto e mio padre mi scorta fuori dall'ospedale, rassicurando l'infermiera che passeremo dal primario prima di andare via, e mia madre, alle nostre spalle, mi rimprovera di smetterla con i miei capricci.
   Capricci un corno! Io non sono pazza, porca troia! E non ci voglio restare qui! E mio padre preferisce portarmi direttamente fuori anziché dal primario per la visita di controllo, e stringo il suo braccio per ringraziarlo.
   Mia madre continua a borbottare mentre veniamo investiti dall'aria gelida di novembre durante il tragitto verso l'auto.
   «Non diranno nulla?» chiedo a mio padre.
   «Chiamerò dopo il medico e gli spiegherò...»
   «Non voglio fare quegli esami, papà, ti prego» lo imploro stringendomi alla manica del suo morbido cappotto e fermandolo nel bel mezzo del parcheggio.
   Mi accarezza il viso «Okay, ci parlerò io» usa un tono compassionevole «Tu pensa solamente a riposare»
   Gli sorrido debolmente e mia madre si avvia a passo spedito verso l'auto, arrestandosi di colpo non appena qualcosa alla sua destra attira la sua attenzione, ma poi abbassa il capo e continua a camminare lungo il tragitto verso l'auto, senza smettere di borbottare.
   Papà mi tiene sottobraccio ma prima di proseguire mi volto istintivamente verso il punto in cui si era voltata mia madre, e quasi crollo sulle ginocchia non appena vedo J in fondo al parcheggio che ci guarda con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
   Lascio andare immediatamente il braccio di mio padre e corro verso di lui, per quanto le forze me lo permettono. J si accorge della mia debolezza e mi corre incontro sorreggendomi non appena mi è vicino.
   Le sue braccia intorno al mio corpo mi donano una sicurezza immediata.
   Mi lascio andare completamente, rimproverandomi di aver pensato che fosse scappato con lei. E alcune lacrime mi rigano le guance mentre mi stringo a lui, tanto felice di averlo qui.
   «Finalmente» mormora tempestandomi il viso di baci e asciugandomi le lacrime.
   Sento la gioia nella sua voce nonostante il tono basso e rauco. E non c'è emozione più bella nel rendermi conto di quanto lui tiene a me in modo smisurato, tanto da restarsene qui al freddo ad aspettare di vedermi uscire.
   «Sei gelato...» tasto le sua braccia e il suo petto, coperto solamente da una camicia sporca di sangue «Sei stato qui fuori per tutta la notte?»
   «Non proprio» mi stringe a sé e non smette di accarezzarmi.
   «Ma perché non sei entrato? Io ti volevo vicino a me...»
   «Shh» mi interrompe con un dito sulle labbra «L'importante è vedere che ti sei ripresa. Mi sono spaventato a morte...»
   «Mi dispiace...»
   «No, non è colpa tua. Non avrei dovuto lasciarti da sola dopo quello che mi hai raccontato e dopo che qualcuno si era già intrufolato a casa...»
   «No, tu non devi farti carico di nessuna colpa. Ora vieni a casa con me...» lo tiro per un braccio e lui scocca un'occhiata a mio padre senza muoversi di un millimetro.
   Saetto lo sguardo tra di loro e mi accorgo che mio padre ci sta fissando.
   «Senti, ora vai con i tuoi»
   «No...» mi impunto.
   «Sì. Sarai più al sicuro a casa tua e io mi sentirò più sollevato...»
   «Allora vieni con me...»
   «Eleanor, non posso. Li ho già fatti incazzare parecchio stanotte e ora sarebbe meglio che tu ubbidisca... io verrò a trovarti stasera, te lo prometto. Lascia aperta la finestra e oggi pensa solo a riposarti...» mi stringe il viso e io mi slaccio la sciarpa per darla a lui.
   Mi stampa un bacio sulla fronte e mi fa segno di andare.
   A malincuore mi allontano e mio padre mi apre la portiera per farmi salire in macchina.
   «Ce ne hai messo di tempo» continua a borbottare mia madre ma io non le do retta e guardo J dal finestrino, avvolto nella mia grande sciarpa grigia, che mi osserva e che mi fa un cenno di saluto con la mano non appena mio padre fa partire il rombo del motore.

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Il peggio per Eleanor sembra essere passato ma con J è ancora tutto difficile?
Tenetevi pronte per i prossimi capitoli 😘
A venerdì ❤️

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