Capitolo 8

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«Eleanor»
   La voce di Andrew mi fa distogliere lo sguardo dalla schiena di J che si allontana con calma mentre la nube di fumo della sua sigaretta supera le sue spalle, e non oso immaginare lo stato stravolto della mia faccia.
   «Cosa ti ha fatto?» Andrew corre a prendermi il viso tra le sue mani e guarda J che si allontana con un'espressione minacciosa e fumante di rabbia.

   «Lascialo stare» poso le mani sui suoi avambracci e deglutisco per cercare di mandare giù questo strano groppo che mi impedisce di parlare.

   «Col cazzo...» sbotta sorpassandomi, ma J si è già dileguato e il viso di Andrew si contorce spaventosamente, voltandosi verso di me come se volesse azzannarmi da un momento all'altro. «È venuto per farti qualche altro lavaggio del cervello?» Mi accusa con l'indice puntato, come se avessi commesso il più terribile degli sbagli, o peggio, dei tradimenti.

   «No...» mormoro con un filo di voce, «No, non ha fatto nulla. Voleva solo... voleva solo...»

   «Pilotarti? Sappiamo bene che è bravo a farlo...»

   Mi acciglio. «Voleva solo parlarmi. Un'ultima volta... Non aveva intenzione di allontanarmi da te» sbotto superandolo con una spallata e mia madre mi corre incontro con l'aria allarmata.

   «Eleanor! Ma dove sei stata? Ci siamo preoccupati... oh mio dio, e cosa è successo al tuo vestito?»
Guardo l'orlo tutto impiastricciato di terra e umido. «Niente, una dannata pozzanghera», forzo un sorriso e mi prende sottobraccio, conducendomi dentro casa, passando dal retro.

La festa è già nel pieno dello svolgimento, anche senza di me e Andrew che siamo i festeggiati.
Sua madre si è inventata una rapida scusa su un banale ritardo e mio padre mi guarda in tralice, mentre vengo rinchiusa nella stanza degli ospiti per un restauro della mia faccia e dei miei capelli.

«Guarda che disastro!» Commenta mia madre, guardando con orrore il vestito.

«Mi dispiace» mormoro colpevole.

«Ma dove sei andata? L'auto era dietro di noi e poi all'improvviso sei sparita?» Strofina i lembi del vestito ma peggiora solamente il danno.

«Credevo avessi cambiato idea» scherza Brenda mentre mi ravviva i capelli.

«Non dirlo neanche per scherzo» la ammonisce mia suocera. «Ci sono centottanta persone di là e non possiamo permetterci una brutta figura», recupera una pochette con del trucco e mi colora le guance con un pennello.

«Avevo dimenticato una cosa e sono tornata indietro» le rassicuro «Mi dispiace per il vestito, ma mi sono distratta mentre ritornavo in auto». Non posso certamente raccontare che J mi ha prelevata senza alcun consenso e persuasa a cambiare idea con una dolcezza inaudita.

«Be', per il vestito non c'è nulla da fare... Ma potrei chiamare in negozio e vedere di farne rimediare un'altro al più presto...» sospira mia madre.

«Non fa niente, mamma. Avere il vestito sporco non è mica la fine del mondo. Meglio non fare aspettare gli invitati e spiegare che ho avuto un contrattempo con una pozzanghera in giardino...» mi alzo e mi guardo allo specchio, ravvivandomi i capelli, ma quella che vedo riflessa non sembro affatto io. Be', a dire il vero non sembro più me stessa da quando J è piombato nella mia vita travolgendomi con tutti i suoi problemi, ma adesso è diverso. Ho lo sguardo confuso, il cuore in subbuglio, le guance arrossate... Il suo ritorno mi ha senz'altro sconvolta e disegnato un enorme interrogativo nella mia testa.

Rapita - parte 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora