Capitolo 20

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E ancora qui, tra le sue braccia, a coccolarci e a respirarci tra le calde coperte mentre il buio si fa sempre più fitto e il meteo cambia.
Piove già da un'ora e la pioggia che batte sui vetri della finestra, della camera da letto, è per noi una dolce compagnia...

   «Raccontami un po' di te. Cosa hai fatto in questi mesi?» Chiedo poggiando il mento sul petto per poter ammirargli il viso.

Mi accarezza i capelli e resta a guardarmi negli occhi «Ho pensato a te, tutto il tempo»

«E poi?» Sorrido e gli accarezzo il pezzo.

Sospira e si sistema piegando le braccia dietro la testa «Prima di morire, Evelyn e Frank, avevano scritto un testamento. La loro casa e i loro risparmi erano tutti intestati a me. All'inizio ho pensato di bruciare e gettare via tutti i loro soldi perché non riuscivo ad accettare il modo in cui erano stati uccisi, ma poi ci ho ripensato... Loro volevano vedermi finalmente libero e spensierato e con la testa a posto. Mi hanno voluto bene come un figlio. E così mi sono dato da fare per creare qualcosa di buono...»

Mi accoccolo a lui, facendogli capire che sono tanto fiera e tanto contenta di ascoltarlo. Scosta un braccio da sotto la testa per posare le dita nei miei capelli e continua «Ho rifatto visita a mia madre... non andavo a casa sua da quando ci sono stato con te e... e non è stata una bella sorpresa» sospira e percepisco tristezza nel suo tono.

Alzo la testa di scatto e lo guardo confusa.
«Stava combattendo già da un po'... aveva un tumore e lo scarso denaro e l'assenza di un'assicurazione non le hanno permesso di curarsi... e io non ho fatto in tempo a darle le cure che le servivano. Sono arrivato troppo tardi...»

I miei occhi si riempiono di lacrime e la mia gola si stringe impedendomi di respirare. Non so cosa dire, e riesco solamente ad accarezzargli il viso. Anche i suoi occhi sono lucidi e mi rivolge un triste sorriso per ringraziarmi comunque.

«Ad ogni modo...» cerca di riprendersi la sua voce è un po' forzata «Non potevo più vivere in quel casino. Il mio legame con il passato e la mia sete di vendetta mi hanno allontanato da tutte le persone che mi amavano. E quindi ci ho dato un taglio, netto. Basta col passato e basta coi ricordi. Sono andato via da lì e ho cominciato a costruirmi una nuova vita. La vita che tutti avrebbero voluto per me... e a te, Eleanor. Non potevo rinunciare» mi prende il viso tra le mani e mi avvicina al suo. Due lacrime silenziose cadono dai miei occhi, ma resto a guardarlo intensamente «Il mio unico pensiero sei diventata tu. Il desiderio di rimediare con te era più forte di qualunque altra cosa. E così è nato il locale, ho preso in affitto questa casa... solo per te. Per farti vedere quanto sono disposto a cambiare per noi e per un nostro futuro insieme...»

Non resisto più e lo bacio. Le sue parole sono così dolci da farmi sciogliere tra le sue braccia.
«Non posso desiderare di più. Tua madre sarà tanto fiera di te, come Evelyn e Frank» mormoro e lui mi stringe a sé con forza, ma il suo cellulare pensa bene di interrompere il momento.

   Con riluttanza lo prende da sopra il comodino e mi fa segno che lo stanno chiamando dal bar «Ehi, Daniel. Che succede?» Risponde schiarendosi la voce roca.

   «Capo, ora che sei innamorato pensi di non voler più venire a darci una mano?» Scherza il tipo dall'altro lato del telefono che sento chiaramente.

   Mi scappa una leggera risata e anche J ride coprendosi gli occhi con una mano, leggermente imbarazzato. «Tranquillo che non vi libererete di me» risponde per poi alzarsi dal letto e raggiungere il bagno.

   Io mi crogiolo ancora un po' tra le sue lenzuola e sorrido con la felicità che spruzza da tutti i pori. Chissà se i miei la penseranno allo stesso modo?

   Mi manca il respiro al solo pensiero di doverli affrontare al più presto e non so nemmeno quante volte abbiano provato a chiamarmi dato che ho spento il cellulare, ma di sicuro non mancherà una bella strigliata non appena sarò di ritorno a casa.

   Decido di raggiungere J in bagno e quando mi alzo dal letto noto una figura sbiadita attaccata al vetro della finestra, coperto da una sottile tenda chiara. Qualcuno ci sta spiando!

   Ritorno subito a coprirmi con le lenzuola e un grido soffocato mi raschia la gola.

La tenda, il buio e la pioggia non mi permettono di vedere in viso lo spione, ma è chiaro che ci sta proprio spiando, con tanto di mani attaccate al vetro per avere una migliore visuale dell'interno.

   «Che succede?» J ritorna allarmato e riattacca la chiamata.
   «C'è qualcuno. Ci stanno spiando!» Grido indicando la finestra, ma l'ombra non c'è più.

   J si infila subito un pantalone e si affretta ad aprirla, ma oltre allo scroscio forte della pioggia non si sentono passi e con il buio fitto non si vede nulla.
   «Sei sicura di aver visto qualcuno?» Mi chiede rinchiudendo la finestra.

   «Sì. C'era qualcuno! Era attaccato al vetro e stava guardando dentro!» Replico scioccata e arrabbiata.

   J sembra preoccuparsi e lancia un'altra occhiata alla finestra, ma ormai non c'è più nessuno.

   «Chi era?» Chiedo.

   «Non lo so... qualche guardone, credo» ma non colgo la sicurezza nelle sue parole e di conseguenza non riesco a rassicurarmi. Ma che razza di problema ha quel pervertito da guardare dentro una casa? E J lo sa chi è? Forse un disturbato mentale che potrebbe abitare ai piani superiori? Ma capisco comunque che deve tornare al locale e quindi mi rivesto e mi lascio accompagnare a casa.

Carezze e sorrisi mi accompagnano per tutto il tragitto, oltre alla pioggia forte, e una volta arrivati a destinazione J mi promette di venire da me non appena avrà chiuso il locale. Ma devo ammettere che non mi fa tanto piacere farlo arrampicare fino alla mia finestra con questa pioggia, magari lo farò entrare dalla porta... sempre se sopravviverò a mia madre e mio padre. Ma purtroppo è ora di affrontarli e quindi saluto J con un lungo bacio per poi correre verso casa.

   Ad accogliermi c'è il silenzio più totale. Non mi faccio sentire e avanzo per il corridoio.
   Dallo studio di mio padre si sente la sua voce e capisco che è impegnato in un'importante telefonata... bene! E dato che mia madre ancora non mi corre incontro come una pazza infuriata, deduco che si starà facendo un bel bagno.
   Allora sgattaiolo su per le scale fino alla mia camera e trovo la porta aperta.
   Mia madre non è a farsi un bagno come avevo pensato, ma è in camera mia con la lettera di J tra le mani in procinto di strapparla.

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Buona vigilia di Natale 😘
Di chi sarà mai l'ombra alla finestra?
Sbizzarritevi nei commenti!
Come promesso: a stasera con il prossimo capitolo ❤️

Rapita - parte 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora