48- Toward the truth

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Due occhi grigi, talmente scuri da sembrare posseduti dal demonio, mi osservano con malvagità.

Una malvagità alimentata dalla rabbia; una rabbia il cui scopo è incutere il terrore nella preda e paralizzarla, cosicché non possa difendersi, soggiogata da una forza più forte del suo coraggio.

Due occhi colmi di una rabbia talmente cieca da trasformare una ragazza dal carattere forte e determinato ad un demone dagli occhi iniettati di sangue.

Gli stessi occhi che mi hanno quasi sempre sorretta e spronata a non arrendermi, protetta e guidata ma che ora riempiono di terrore ogni singola cellula del mio corpo.

Gli stessi occhi che fino a poco fa risplendevano di una luce che solo l'amore può dare; una luce pura e naturale, difficile da imitare se non si ama una persona; talmente difficile che perfino l'attore migliore del Mondo non riuscirebbe ad imitare. Quella luce donata agli occhi della ragazza di fronte a me dalla ragazza ramata, Eleonora.

Gli stessi occhi che hanno visto da vicino la morte assieme a me; quella morte che ti affianca in ogni istante ed appena è il tuo momento, ti avvolge nelle sue gelide braccia.

Gli stessi occhi che osservavano l'isola dalle innumerevoli bellezze nascoste con indifferenza, troppo impegnati a correre e fuggire da degli stupidi umani.

Sposto lo sguardo; non posso continuare ad osservare quegli occhi così terribilmente terrorizzanti; quegli occhi così diversi da quelli della Carly che conoscevo ma che, purtroppo, le appartengono.

Non posso permettere al terrore di sopraffarmi e di paralizzare ogni volta il mio corpo ed i miei pensieri; non posso permettere un'altra volta e per tutta la vita di farmi prendere gioco dal terrore.

Osservo il suo corpo, teso come la corda di una chitarra, e le sue mani, chiuse a pugno e nelle quali, in una delle due, tiene stretta la mia borsa.

Una borsa quasi più protagonista di me e Luke.

Avverto il leggero movimento del mio braccio; un movimento che non sono neanche cosciente di aver compiuto ma che, molto probabilmente, il mio cervello ha compiuto prima che io potessi rendermene conto.

Forse il mio cervello ragiona prima che io possa capire i suoi contorti ragionamenti, che alla fine sono i miei; forse il mio cervello mi sprona a non farmi soggiogare dal terrore; forse il mio cervello ha capito prima di me di mettere la pistola dietro alla schiena, forse per difesa o forse per non aumentare la rabbia di Carly.

Riesco a muovere anche l'altro braccio e con la mano libera, mi aggrappo all'anta dell'armadio, ormai aperto.

Il mio corpo si solleva da terra con una lentezza tale da far spazientire perfino la persona più paziente a questo Mondo.

I piedi faticano a sorreggere il mio corpo, terrorizzato in ogni sua fibra, tant'è che temo che non possano reggere a lungo; le ginocchia tremano come budini, in sincronia con il battito accelerato del mio cuore.

Il mio corpo viene percosso da tremolii da farmi sembrare, contrariamente a Carly, una l'ultima foglia su un albero in autunno, tremante per colpa del vento e debole per colpa di una vita vissuta; tremolii talmente evidenti da essere difficili da nascondere.

In ogni caso ci provo o meglio, ci devo provare.

Non voglio darle la soddisfazione di aver vinto; la soddisfazione di avermi intrappolata e di avermi terrorizzata; la soddisfazione di essere riuscita a portare a termine la sua missione; una missione che conta sia me che Luke come numeri e non come persone.

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