45- Just... why?

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Spengo l'acqua, interrompendo la melodia che le gocce stavano suonando, frantumandosi sulle mattonelle e sulla porcellana; ho sempre pensato che l'acqua della doccia fosse una falsa imitazione della pioggia; mentre le gocce della doccia precipitano sulle superfici dure creando un suono spezzante e stridulo, le piccole gocce della pioggia s'adagiano al terreno con un suono lieve e soave, dolce e delicato.

Avvolgo il mio corpo in un morbido asciugamano in spugna color bianco ghiaccio.

Ogni traccia di sangue sul mio corpo è scivolata via, spinta dall'acqua bollente.

Il sole penetra timidamente dalla finestra, rivelando una nube di pulviscolo nell'aria.

Prendo quel che rimane dei miei vestiti; brandelli di stoffa ricoprono il mio corpo; brandelli di stoffa sporchi di sangue, terra, sabbia e terrore.

Mi volto verso lo specchio ed osservo la mia figura riflessa; una figura molto simile alla ragazza che ero.

Una dolce fragranza di mirtilli si cosparge su tutta la mia pelle, grazie al bagnoschiuma di Carly.

Se non fosse per delle chiazze violacee sul mio corpo, sul collo e sotto gli occhi, direi di essere più o meno ritornata la stessa Sarah di sempre; la stessa Sarah dalla pelle come una rosa bianca: candida come la seta e liscia come il velluto.

Ma non è così; la rosa bianca è stata strappata dalla sua quotidianità e calpestata dall'essere umano e di conseguenza si è macchiata d'odio e risentimento; bisogna anche dire che è stata la stessa rosa a scegliere di essere maltrattata e con questo deve affrontare le sue conseguenze, nonché cercare di rialzarsi e risplendere sotto il sole, nascondendo il suo dolore ed i suoi segni impressi nei petali.

I miei capelli, sotto un pavido raggio di sole, creano piccoli fili dorati nonostante siano bagnati, e nessun traccia di sangue, terra o sabbia li impregna; sono tornati più splendidi di prima, dopo aver affrontato una guerra col vento.

Qualcuno bussa alla porta, facendomi sussultare.

Sposto lo sguardo dallo specchio alla porta; il cuore inizialmente perde di un battito per poi iniziare a battere più veloce d'un treno.

Trattengo il respiro.

Se dietro a quella porta in legno color mogano ci fosse Luke, non saprei cosa fare; potrei spiegargli i miei pensieri, potrei raccontagli i miei ricordi e chiarire le nostre incomprensioni; potrei sciogliere ogni suo dubbio e costruire delle certezze.

Purtroppo "potrei" è coniugato al condizionale, il tempo verbale dell'incertezza, e per renderlo un po' più certo, dovrei usare un'altro tempo verbale, il congiuntivo.

Piuttosto, dovrei dire che se ne avessi il coraggio, potrei riuscire a fare tutto ciò che ho detto prima, ma il coraggio non è proprio un mio punto di forza; tutto il coraggio che avevo, si è dissolto in poco tempo come l'acetone nell'aria; tutto il coraggio che avevo è stato prosciugato dalla paura e dal senso di colpa.

Dei colpi insistenti mi fanno trasalire nuovamente, risvegliandomi dai miei pensieri.

Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo; se la persona dietro alla porta è Luke, farò finta di niente; mi comporterò come se non l'avessi cacciato e cercherò di rassicurarlo e sciogliere qualche suo dubbio; o almeno ci proverò, cercherò di non farmi sopraffare dai ricordi.

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