57. NON PREOCCUPARTI DI FERIRMI

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«Certo!» ripeté Edmund, incapace di giustificare a sé stesso il suo sguardo incredulo.

«E quindi stamattina...» continuò lei, come parlasse fra sé.

Edmund sperò con tutto sé stesso che Diana avesse finalmente tratto una conclusione... In fondo il suo contegno di quella mattina era stato piuttosto chiaro...
«Sì, stamattina ho cercato di capire come l'avresti presa... ma non ho ottenuto una bella risposta» rispose, con un mezzo sorriso imbarazzato.
Diana stette in silenzio per qualche secondo, forse ripensando a tutte le conversazioni che avevano avuto, rivedendole alla luce della scoperta che Edmund Lloyd era Il Corrotto e Il Corrotto era Edmund Lloyd.
Doveva arrivarci... Edmund aveva già fatto molto per farglielo capire. Stette in attesa, temendo e sperando nella sua risposta. All'improvviso, quando ormai era convinto che lo stupore iniziale le fosse passato, Diana alzò lo sguardo su di lui e gli gridò di tutto. La sua specialità.
«Ti detesto!» furono le sue parole.
Edmund sentì il suo cuore riempirsi di dolorosa rabbia.
«Bene. Questo lo sapevo già. Ci avevo scommesso!».
«Al diavolo la scommessa! Tu sapevi che ero io, e mi hai detto comunque delle cose che... Insomma, mi hai fatto credere che... Mi hai illuso! Ti detesto!» gridava lei, fuori di sé.
«Sapevo che l'avresti presa così. Te l'avevo anche detto: avevo cercato di farti capire che non ero chi ti aspettavi... Ma tu l'hai voluto sapere a tutti i costi».
«Sì, ma non potevo credere che fossi tu!» rispose lei, incurante di ferirlo.
«Ah, so anche questo! Non mi consideri in grado di pensare come Il Corrotto. Credi che io sia un arrogante esibizionista e mi disprezzi perché pensi che non valgo quanto vali tu. Tu credi che sia senza cuore e senza cervello, non è vero?».
«E ora lo so per certo!».
«Confesso che avevo creduto che Lo Spettatore sarebbe passata oltre certi pregiudizi!» esclamò, sempre più risentito. «Avevi detto che non ti importava chi fossi nella realtà! Avevi detto che eri sicura di conoscermi!».
«Ma quali pregiudizi! Avevo proprio ragione su di te!» continuava a ripetere Diana.
«Avanti!» le disse Edmund, alterato: «Perché non lo ripeti ancora una volta?! Non preoccuparti di ferirmi, tanto non ho cuore!».
Ma perché aveva voluto dirle tutto? Ora aveva il cuore in pezzi molto più di prima...
Dopo un momento di completo silenzio, Diana scoppiò in lacrime, abbassò lo sguardo e cambiò tono. Più che arrabbiata, ora sembrava al colmo della delusione e della vergogna per aver sperato che Il Corrotto potesse essere qualcosa di grande per lei.
«Non ti è passato per la testa che io ci tenevo davvero?» disse, con voce rotta.
«Ma cosa credi...?» esclamò lui, interrompendola. E stava per aggiungere: «Io ci tenevo più di te», ma lei non gliene diede il tempo e ripartì all'attacco:«Sei senza cuore! Mi hai preso in giro. Per tutto questo tempo non hai fatto altro che prendermi in giro. Perché non me l'hai detto subito chi eri e che sapevi che ero io? Speravi che così la sorpresa sarebbe riuscita meglio, non è vero?!».
«Credevo che ormai l'avessi capito, il perché! Ma, evidentemente, ti ci devo far arrivare io» esclamò, esasperato.
«Avanti, su, insulta anche la mia intelligenza, tanto non sai far altro che questo!».
«Sei proprio impossibile! Come si fa a parlarti?! Stavo cercando di dirtelo!».
«Avanti! Vediamo che scusa ti inventi, questa volta!».
«Sono innamorato di te».
Diana arrossì fin sopra ai capelli, zitta, non rispose. Lo guardò come se cercasse di decifrare le sue parole, come se avesse parlato in un'altra lingua.
L'ansia crebbe nel cuore di Edmund insieme alla vergogna e alla consapevolezza che lei non lo ricambiava. Le proprie parole gli ronzavano nelle orecchie come se le avesse pronunciate un altro, non lui. E ora si vergognava di averle dette, perché aveva la conferma che Diana non le condivideva: ogni speranza passata aveva cessato di esistere ed era diventata insulsa e stupida.
Diana lo guardava attonita, in ansia.
«Non è vero» disse, infine, con un filo di voce.
«Non è vero?!» ripeté Edmund, esasperato.
Impossibile che avesse risposto questo. Testarda fino all'ultimo, non gli credeva: rimaneva convinta che lui la stesse prendendo in giro. Era proprio vero: lo considerava senza sentimenti, senza cuore! Credeva che glielo stesse dicendo per burlarsi di lei! Edmund non poteva sopportarlo.
«Non è vero?! Ed è tutto qui, quello che vuoi rispondere?! Io ti dico che sono innamorato di te, e tu mi rispondi che non è vero?!».
«Ma non è possibile! Ti stai sbagliando! Tu mi detesti! Io non ti piaccio, come tu non piaci a...!».
«Ti amo!» la interruppe Edmund, con voce soffocata: «Ti amo, Diana...! Davvero!».
Diana tacque, ancora più attonita di prima.
«Allora? Posso avere una risposta? Avanti... so già cosa risponderai, ma voglio sentirlo da te».
Diana si scosse un po' e, abbassando lo sguardo, cercò un modo per rispondergli:
«Io... Io credevo che fosse ovvio che... Insomma, non pensavo che potesse essere vero... Ero convinta che tu...».
«Dy, cerca di essere più comprensibile, per favore!» la implorò, nell'attesa del momento in cui avrebbe sentito il proprio cuore spezzarsi a metà.
«Beh, ecco, tu non mi piaci. Mi dispiace» concluse.
Edmund annuì.
Sì, in fondo lo sapeva.
Perché allora si sentiva così male? Come se gli avessero appena tirato un pugno in pieno stomaco?
Si era immaginato mille volte quel momento. Mille volte aveva sentito quelle parole: «Non mi piaci» nelle sue mille variabili forme. Ma nessuna era mai come quella. Così vera, così determinata, così... definitiva come quella.
Credeva che sarebbe stato diverso, meno doloroso... gli lasciava un tale vuoto, una vergogna... come avrebbe potuto tornare a scuola l'indomani, e averla di fronte tutti i giorni fino alla fine dell'anno?
«Sei innamorata di Davide?» le chiese, con voce rotta, senza riuscire a guardarla negli occhi.
«Io... forse».
Annuì di nuovo. Sì, sapeva anche quello. Perché era stato così stupido?! Levati di qui, vattene, non continuare a farti del male! si disse.
«Sì, lo sapevo» concluse, con quanto fiato gli era rimasto. Cercò un modo per andarsene il più in fretta possibile: «Scusa se ho distrutto le tue speranze sul Corrotto...».
Cercò qualcos'altro da dire, ma non lo trovò.
Si voltò e se ne andò.

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