26. CHE MALE CI SAREBBE?

647 67 8
                                    


... mi hai chiesto: "Lui chi è?"
Un sorriso.
E ho visto la mia fine sul tuo viso.
Lucio Battisti

Sono giorni, ormai, che Chiara non mi parla e continua a seguire Edmund ovunque. Mi chiedo se anch'io farò così quando mi innamorerò di qualcuno. No. Non credo proprio.
Sparatemi prima.

Oggi però, cosa da non credere, Chiara mi ha chiesto se volevo unirmi a loro.
È stata una proposta dettata dalle circostanze: me l'ha chiesto solo perché ero lì accanto e Tommaso era assente. Mi ha detto: «Noi andiamo su, alla vecchia classe di Ed. Vieni anche tu?».

Ho risposto: «Ok». E li ho seguiti.

Se avesse potuto, avrebbe premuto Control-Zeta, ma dato che il libro della vita non si scrive al computer e quel che è fatto resta fatto... Come fossi diventata un fantasma, nessuno bada per niente a me. Chiara meno che mai.

Edmund mi parla praticamente solo la mattina sull'autobus, cosa che mi fa venire il nervoso: come se si vergognasse di farsi vedere a parlare con una come me. In questo preciso momento, fa finta che io non esista e, quando Chiara mi ha chiesto di andare con loro, mi è persino parso piuttosto contrariato.

Per la strada, Edmund si è fermato parecchie volte, a salutare chiunque passasse e ad attaccar bottone con tutti. Possibile, che io abbia conosciuto meno di un sedicesimo della gente che viene in questo liceo, mentre lui parla persino con le tegole del tetto e le piastrelle del pavimento?

Quando arriviamo su, di fronte alla 5°A, tutti i vecchi compagni di classe di Edmund gli vanno incontro. In massa.

Io rimango a qualche chilometro di distanza, che per poco non esco dalla finestra.
Ci tengo a non imporre la mia presenza a chi non la desidera. (Forse questo l'ho già detto un paio di volte...).

Meditando di andarmene come se niente fosse, cerco di aggirare la folla. Ma, proprio in quel momento, Chiara fa:
«Io sono Chiara, la nuova vicina di banco di Ed, e questa è Diana».

Grazie per la presentazione, ma chi te l'ha chiesto?

Alcuni si girano verso di noi, ma catalizza del tutto la loro attenzione e io faccio allegramente e silenziosamente da tappezzeria. Edmund sta presentando Chiara a tutti i suoi amici, e sembra essersi dimenticato non solo della mia presenza in questa sala, ma anche della mia esistenza in questo universo.

Inaspettatamente, proprio nell'istante in cui, per la terza volta - ero convinta che fosse quella decisiva - faccio per andarmene, sento che Edmund mi chiama per nome. Il tono è seccato. Io fingo di non aver sentito, e proseguo.

Mentre mi allontano, Edmund dichiara: «Non ha sentito, sarà per la prossima volta».
Sembra... contento?

Una voce maschile risponde: «No, dai. Chiamala di nuovo».

Chi è così ansioso di conoscermi? Chi, fra gli amici di quel damerino arrogante, non ha timore di esprimere il proprio desiderio di fare la mia conoscenza?
Lo devo conoscere.

«Diana! ... Dy?». È la voce di Edmund.

Questa volta le mie orecchie funzionano alla perfezione e, di fronte allo sguardo annoiato di Edmund, quello trasognato di Chiara e quello ... interessato dello sconosciuto, torno indietro: «Si? Cosa c'è?».

Edmund, quando ancora sono piuttosto distante - per non perdere Tempo, probabilmente -, dice, svogliato: «Diana, questo è Davide. Davide, questa è Diana».

Faccio in tempo a sentire il nome, prima di alzare lo sguardo su di lui. É piuttosto alto, ha bei lineamenti, capelli castano-biondo, occhi azzurro chiaro e indossa una camicia blu scuro con pantaloni beige. Un ragazzo ben vestito! No, cosa dico: un ragazzo ben vestito, bello, alto e beneducato!

Davide viene verso di me, sorridendo: «Ciao, io sono Davide». Mi tende la mano.

Dopo qualche momento di totale imbarazzo mi accorgo che sta ancora sorridendo e ha ancora la mano tesa. Che stupida!

«Ciao, io sono Diana». E finalmente, con un po' di ritardo, gli stringo la mano.

Edmund si intromette con tono secco e svogliato: «Sì, l'ho già detto io».

Davide lo ignora e risponde a me: «Lo so».

Rimango attonita ad indagare il significato di quel "lo so".
«Lo sai?» chiedo, confusa.

«Sapevo già il tuo nome» conferma Davide, ancora sorridendo.

Edmund si intromette di nuovo: «Certo, perché l'avevo appena detto io».

Zitto tu.

Sempre rivolto a me, Davide continua: «Mi piace il nome Diana. Era la dea della caccia, dei boschi e della luna».

«Artemide» confermo, annuendo.

«La mia dea preferita».

Edmund non fa che intromettersi: «Sì, è la dea preferita da tutti quanti, ora andiamo a farci un giro».

Chiara esclama: «Sì, sì! Andiamo a farci un giro».

«Voi due andate pure, io rimango qui» risponde Davide.

Io lancio un'occhiata a Edmund, come ad invogliarlo ad andarsene, ma Edmund non si muove.

«Allora, Ed, andiamo?» dice Chiara.

«Ho cambiato idea, tanto adesso suona».

Quasi l'avesse invocata, la campanella squilla non appena Edmund finisce di parlare.

«Muoviamoci, che c'è Filosofia! Vanni sarà già in classe!» esclama Edmund e fa un passo verso le scale, mentre Chiara lo segue.

Con un piede sul gradino, Edmund si gira verso di me: «Eh, Dy, che fai? Non vieni?».

«Sì, vengo».

«Ci vediamo» dice Davide.

«Sì».

«Magari domani a ricreazione vengo a fare un giro nella nuova sezione di Ed».

Appena ci allontaniamo un po', Chiara salta su, dicendo: « Ehi, carino quello! Sarebbe perfetto per te... Certo, non ha i capelli e gli occhi neri come li volevi tu, ma è carino, no?».

«Forse, non lo so».

«Non lo sai? E allora perché sei arrossita così?».

«Non sono affatto arrossita!».

«Ah no? Ed, non trovi anche tu che sia arrossita?».

«No, io non vedo alcun cambiamento».

«Ma va! É rossa come un peperone!».

«Ehi, basta con questa disquisizione se assomiglio di più ad un peperone o ad una mozzarella! E se fossi arrossita, che male ci sarebbe?».

«Oh, nulla! Assolutamente nulla» esclama Chiara, cercando di trattenersi dal ridere. Poi aggiunge: «Comunque, dobbiamo assolutamente combinare questa cosa!».

Dragonfly BlogDove le storie prendono vita. Scoprilo ora