Capitolo 45 - 46 - 47

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Ero in cucina quando sentii Justin lamentarsi a voce alta e colpire la parete. Alzai gli occhi al cielo e andai in salotto con le mani ai fianchi.
Ciò che vidi mi sorprese: Justin aveva appena lanciato il mio telefono chissà dove.
Lo guardai come se fosse un alieno, (notate l'ironia) e alzai le mani in aria.

"Cosa hai fatto?" Gli chiesi alterata.
Gli avevo prestato il mio cellulare perché si annoiava e voleva giocare, non mi aspettavo potesse lanciarlo in aria.

"Chi cazzo è John?" Urlò verso di me con uno sguardo arrabbiato.

"John?" Chiesi confusa.
Non mi ricordavo di nessun John.

"'Ci vediamo domani alle cinque per quella questione, tesoro.'" Recitò il testo del messaggio. "Ti ha appena scritto."

Mi ricordai di chi fosse John. Jonathan Parker, l'avvocato dei miei. "Non puoi incazzarti e lanciare il mio telefono senza motivo, Justin!"

"Il motivo c'è eccome, Isabella!" Sbaglio o mi aveva appena chiamata 'Isabella'? "Mi tradisci?" I miei occhi uscirono dalle orbite, al sentire la sua voce tremante.

"È l'avvocato dei miei." Sussurrai ferita. "Come puoi solo pensare che io ti tradisca?" Lo guardai nei occhi.

"M-mi dispiace." Sussurrò avvicinandosi a me. "Scusami piccola, sul serio." Mi strinse le mani tra le sue. "Puoi perdonarmi?" Fece un'espressione triste ed io cercai di rimanere seria. "Ti prego." Arricciò le labbra ed io scoppiai a ridere.

"Eh va bene." Sussurrai passandogli una mano tra i capelli. "Dovremmo comprarne uno nuovo però e ciò significa..."

"No..." Chiuse gli occhi.

"Centro commerciale!" Urlai ridendo e lui rise insieme a me.

[•••]

Eravamo nella cosiddetta 'area ristoro' del centro commerciale, a mangiare delle patatine e a guardare le persone litigare tra loro. C'era una coppia che aveva iniziato a litigare per chi dovesse pagare il pranzo e a loro, si erano aggiunte diverse persone, formando così una specie di dibattito maschi contro femmine.

"Justin, ti va di andare in fiera, stasera?" Gli chiesi con il volantino in mano, facendolo distrarre dalla scena.

"Okay." Fece spallucce. "Aspetta, cos'è una fiera?" Chiese e le sue guance si tinsero di rosa.

Mi sedetti sulle sue gambe, gli avvolsi il collo con le braccia e lui fece lo stesso con la mia vita. "Una fiera è un posto pieno di giochi, cibo e dolciumi." Iniziai a saltellare e a pregarlo di farmici andare.
Lui gemette e cercò di farmi stare ferma, stringendo i miei fianchi.

"Se non vuoi che ti svesta e ti scopi qui stesso, suppongo tu debba smettere di muoverti." Grugnì nel mio orecchio.

Mi fermai immediatamente e arrossii. "Scusa." Risposi e lui rise, baciandomi la fronte. "Allora, ti va?" Chiesi.

"Di scoparti adesso?" Scherzò ed io lo colpii sulla spalla. "Andremo alla fiera ma adesso stai qui con me e abbracciami." Sorrisi a trentadue denti e mi accoccolai al suo petto.

[•••]

Una volta arrivati in fiera e aver comprato due biglietti, io e Justin iniziammo a fare qualsiasi gioco possibile e immaginabile. Comprammo zucchero filato e tante caramelle da sentirci male. E per sentirci male non scherzo, Justin aveva dato di stomaco numerosissime volte ed io dovetti ripetergli più volte che non stava per morire, ma che si trattava soltanto di una indigestione.

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