Capitolo 49

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Guardo la lista della spesa che stamattina, aprendo il frigorifero e trovandolo praticamente vuoto, mi sono presa la briga di fare. Certe volte -quasi sempre- credo che se non pensassi io a queste cose gli Anderson andrebbero avanti a pane ed acqua; essere l'unica donna in mezzo a due bambinoni può sembrare divertente, ma implica delle responsabilità, come assicurarsi che ci sia abbastanza cibo per poter consumare la cena a fine giornata.

Vedo che tutti gli alimenti segnati sono spuntati, quindi li ho già messi nel carrello, tutti eccetto uno, le uova.

Infilo il foglietto nella tasca posteriore dei miei jeans e spingendo il carrello che straborda di cose, mi dirigo verso il reparto che mi interessa, ringraziando il cielo di aver parcheggiato l'auto di fronte al supermercato e di non dover, perciò, percorrere molta strada con le buste in mano, una volta pagato il tutto.

Svolto l'angolo della corsia e per poco non finisco con l'avere uno scontro frontale con un altro carrello.

<<Mi scusi>> dico sobbalzando, non tanto per il piccolo incidente scampato per poco, quanto per la persona che mi trovo davanti.

Jason.

<<Cassie, il mondo è davvero piccolo>> osserva lui con un sorriso smagliante che per qualche ragione io trovo assai inquietante, quasi quanto il fatto che faccia la spesa nel mio stesso posto, visto che la casa dei Bieber si trova in tutt'altra zona di San Francisco. <<Mi piace venire in questo supermercato, hanno prodotti che non si trovano da altre parti>> dice come se mi avesse appena letto nella mente e stesse rispondendo al mio quesito silenzioso. I capelli, tendenti al castano chiaro, sono perfettamente gelatinati ed indossa una polo blu e dei semplici jeans che gli conferiscono un'aria più casual, seppur non riescono a nascondere quel suo modo di essere altezzoso che tanto lo caratterizza. Perfino il modo in cui afferra una scatola di cereali e la pone nel suo carrello sembra studiato in ogni minimo dettaglio.

<<È notevole il fatto che faccia la spesa per la tua famiglia, Justin non lo farebbe mai>>.

Ignoro la sua ultima affermazione e, stringendomi nelle spalle, mi limito a dire: <<Beh, qualcuno dovrà pur farla>>.

<<Giusto>> mi rivolge un altro dei suoi sorrisi da repertorio, <<Allora, verrai al ricevimento questo venerdì?>>

Mi mordo il labbro a quel suo quesito, spostando il peso da un piede all'altro. Poi <<In verità, non penso, no. Ho delle cose da fare, quindi...>> faccio la vaga, inventandomi un impegno di sana pianta per non dire la verità e cioè che mi sentirei fuori posto in un contesto del genere, a bere cocktail facendo chiacchiere di circostanze con sconosciuti, il tutto agghindata dalla testa ai piedi. Diamine, mi sento a disagio anche ora solo a conversare con lui in un supermercato, figuriamoci ad una festa coi suoi amici che, per essere considerati tali da Jason, scommetto se li sia scelti a sua immagine e somiglianza.

Lo vedo annuire e sul suo volto si dipinge un'espressione quasi dispiaciuta. <<È un vero peccato, so per certo che Justin sarebbe entusiasta nel vederti e anche a me farebbe piacere, praticamente sei di famiglia adesso>>.

Ha appena detto quello che penso abbia detto? Le mie orecchie devono assolutamente aver capito male, o più semplicemente si sta prendendo gioco di me. In ogni caso non so se ritenermi lusingata dalla sua affermazione o se farmi venire la pelle d'oca. Forse, però, l'errore è mio: sono partita troppo prevenuta nei suoi confronti, anche visto ciò che mi ha riferito Justin sul suo conto e magari, a differenza di quel che penso, sta solo cercando di essere gentile. Il beneficio del dubbio lo si dà a tutti ed in fin dei conti fino a qualche mese fa credevo di non sopportare neppure suo nipote, quindi potrebbe rivelarsi anche lui una sorpresa.

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