Capitolo 40

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Prima di leggere: volevo ringraziare tutte voi che avete votato ai Fanfiction Awards, perché abbiamo vinto!

Grazie ancora, è importante sapere che ci siete e che la storia vi stia piacendo.

Adesso vi lascio al capitolo, buona lettura!

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«Perché ti amo, porca miseria!»

Quelle parole fuoriescono dalle sue labbra con una tale foga, una tale forza da fare male per quanto facciano stare bene. Forse, preso dall'impeto del momento non si è nemmeno reso conto di quello che ha appena detto, ma io sì.

«Dillo di nuovo», mi convinco a dire col cuore che batte a mille nella gabbia toracica per l'agitazione.

«Porca miseria?» domanda lui con l'espressione di chi fa finta di non capire.
Scuoto la testa, «Non quello».

Il cipiglio sul suo volto, dovuto alla discussione che stavamo tenendo fino a un minuto fa, scompare; le rughette sulla fronte svaniscono completamente e la mascella, contratta, torna nella sua posizione rilassata. Mi guarda coi suoi occhi color caramello. Mi guarda e realizza, realizza ciò che ha detto; lo capisco dalla sua espressione, dallo sguardo sgomento e le labbra dischiuse.

Ho un po' di paura, lo ammetto. Ho paura che possa dire che stava solo scherzando, che non diceva sul serio, anche se è inconcepibile scherzare su una cosa simile. Ma, del resto, già in passato ha fatto un passo indietro, sminuendo quello che c'è stato tra di noi e se così fosse non credo riuscirei a sopportarlo una seconda volta.

Quelli che seguono sono attimi di frustrante silenzio e l'unico rumore che riesco a sentire è quello del mio sangue che fischia nelle orecchie. Lui passa una mano tra i capelli color grano tirandone leggermente le punte e lasciandosi andare ad un sonoro sospiro.

«Ti amo», ripete, questa volta più piano, come se avesse timore che quelle cinque lettere potessero fargli del male e gli costasse fatica dirle.

Il mio petto si gonfia e le gambe iniziano a tremarmi: non sono impazzita e non sto sognando, lo ha detto davvero.

Justin ha detto di amarmi.

Ma se una parte di me fa i salti di gioia, l'altra è confusa più che mai.

«Ma avevi detto che...»
«Lo so cosa avevo detto», mi interrompe prima che possa finire la frase, abbassando lo sguardo su un punto indefinito della moquette per poi trovare il coraggio di tornare a posarlo su di me, incerto, «E non è vero».

«Come sarebbe a dire?» chiedo sbattendo le palpebre.

Justin si tortura il labbro già abbastanza martoriato dall'incontro di poco fa, prima di rispondere: «Sapevo che se ti avessi detto quelle cose, se ti avessi detto che non provavo niente per te, dopo quella notte, ti avrei sì, fatta soffrire, ma ti avrei anche protetta».

"Ti avrei protetta", odio questa frase, odio il fatto che pensi che io vada protetta come se fossi fragile quanto un vaso di porcellana, come se non fossi abbastanza forte. Non voglio che mi veda in questo modo.

«Protetta, Justin?», gli domando sentendo la mia testa girare sempre di più, «Protetta da cosa?»

«Da me», afferma senza esitare un attimo, lasciandomi spiazzata.

È ridicolo. Non ho bisogno di essere protetta da lui.

Incrocio le braccia, accigliata, «Perché pensi una cosa simile?»

Il suo sguardo incontra nuovamente il mio e d'un tratto sento il respiro venirmi a mancare. «Guardati, Cas», sospira, un brivido mi attraversa nel sentirlo chiamarmi così, con quel soprannome che mi era mancato sentirgli pronunciare.
«Tu... Tu sei brillante, mentre io? Io sono un completo disastro. La mia vita è un disastro e sempre lo sarà», dice con voce spezzata.

DisasterWhere stories live. Discover now