Capitolo 28

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Raggiungiamo la nostra meta in meno di dieci minuti, grazie alla guida spericolata dell'ispanico; Justin mi spiega che, per motivi di sicurezza, ogni incontro si tiene sempre in luoghi differenti che i lottatori e tutte le persone coinvolte nel giro non possono conoscere se non qualche ora prima dell'evento e questa sera è la volta del Darkness; un locale semi fallito situato nella periferia della città.

Un nome, una garanzia; è ciò che penso non appena varchiamo la soglia: le luci sono fosche e basse, al punto tale che riesco a vedere a malapena i volti dei due ragazzi vicino a me. L'aria nell'enorme stanza è pressoché irrespirabile a causa dell'intenso odore di fumo e di sudore provocato dalla calca di persone presenti, pronte a puntare sul combattente che reputano migliore.

Mi sento come una sardina intrappolata in mezzo a tutti questi corpi, per lo più di uomini desiderosi di fare soldi facili e anche di qualcos'altro, visto che più volte il mio sedere viene palpato da qualche porco che approfitta della folla per passare inosservato, provocandomi un senso di nausea maggiore di quello attuale.

«Quello è Trevor, il tuo avversario», esordisce Xavier, indicando col capo il tizio in questione. Rabbrividisco non appena il mio sguardo si sposta nella sua direzione: capelli rasati, ghigno maligno, il tutto in almeno un metro e novanta di muscoli e testosterone; è più grosso di Justin ed anche del tizio con cui l'ho visto scontrarsi l'altra volta.
Perplessa, mi volto verso il biondo, il quale si è già levato la t-shirt nello spogliatoio improvvisato del locale, lasciando in mostra l'addome scolpito e l'inchiostro sulla sua pelle, dove ha arrotolato anche il nastro intorno ai polsi. La sua mascella è contratta e gli occhi sono ridotti a due fessure come se stesse cercando di studiare i movimenti del rivale intento a riscaldarsi sul ring; è indubbiamente teso ma non sembra affatto preoccupato, «Com'è?»
«Forte, ma non imbattibile: ha subito un'operazione alla spalla destra, mira a quella e andrà ko», gli suggerisce l'amico. Justin annuisce spostando lo sguardo dall'energumeno per portarlo sulla mia figura, «Sta' vicino a Xavier, qualsiasi cosa accada», si raccomanda.

''Qualsiasi cosa accada'', frase che mi fa rabbrividire: cosa dovrebbe o potrebbe accadere? Non riesco nemmeno ad elaborare una risposta di senso compiuto, tanta è l'agitazione che provo in corpo; i miei occhi guardano quello che hanno davanti, ma la mia mente è altrove.
Justin, forse temendo per il mio apparente stato di trance, prende il mio mento con le dita, proprio come ha fatto in camera mia, e lo alza affinché le nostre iridi possano incrociarsi. «Mi hai capito?» mormora accigliato a pochi centimetri dalle mie labbra; la vicinanza tra le nostre bocche, unita al magone che sento in gola, non mi permette di proferire parola, così mi limito a fargli un cenno col capo per rassicurarlo sul fatto che non sono ancora diventata sorda.
Lui lascia la presa sul mio volto senza, però, interrompere il nostro piccolo scambio di sguardi. Improvvisamente, un braccio si poggia sulle mie spalle e «Non ti preoccupare, è in buone mani», afferma il moro che si piazza accanto a me.
Justin, immediatamente, lo fulmina con lo sguardo, non so perché, fatto sta che subito dopo Xavier molla la presa sul mio corpo. «Lo spero», bofonchia il biondo con tono severo.

Poi, il ragazzo, riluttante, si volta, incamminandosi verso il ring al centro della stanza senza aggiungere altro; non posso, né tantomeno voglio che si allontani così, perciò «Justin...», lo chiamo ad alta voce, prima che possa essere troppo distante. Lui si gira a guardarmi ed io sento il cuore battermi all'impazzata. «Sta' attento», mormoro, senza riuscire a nascondere la preoccupazione.
Sorride e non solo con la bocca, anche i suoi occhi sembrano farlo, «Sono sempre attento, bambolina», dice facendomi l'occhiolino tornando, subito dopo, sui suoi passi.

Oh Dio.

Non stacco lo sguardo dalla sua figura neanche per un istante, al punto che quasi non mi accorgo della risata del ragazzo alle mie spalle, «Che hai da ridere?» gli domando infastidita.
Xavier, colto con le mani nel sacco, alza le mani in aria con finta innocenza. «Niente, assolutamente niente», afferma, strozzando un'altra risata sul nascere. Se i miei occhi sparassero laser lui adesso sarebbe già abbrustolito. Ma lascio correre e, senza replicare, torno a concentrarmi sull'incontro che si appresta ad incominciare col fiato sospeso.

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