Capitolo 32

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NEYTAN'S POV.

Non sono proprio riuscito a chiudere occhio stanotte, tutto questo è così surreale.
Il cellulare continua a vibrare e noto dei messaggi da Stive che chiede di vedermi.
Il labbro si è leggermente gonfiato, ma questo non è un problema visto quello che sta succedendo ultimamente, e poi ci sono abituato. Scendo le scale per andare in cucina a prendere un caffè, Stive è lì e credo che sia appena arrivato.

«Buongiorno Neyt scusami, ma volevo vederti subito e spero che tu non abbia impegni perché vorrei finire il discorso di ieri sera se non ti dispiace.»
«Buongiorno anche a te Stive,» sospiro, «dammi solo il tempo di riprendermi con un po' di caffeina e poi ti dirò tutto ok?»
Prendiamo i nostri caffè, e vedo che Stive continua a guardarsi intorno.
«Noto che non è cambiato niente.»
«No amico infatti! È tutto come prima.»

«Senti Neytan sono qui perché voglio sapere tutto, voglio la verità, e chiudere per sempre il passato.»
«Ok dimmi cosa vuoi sapere.»
«Tutto, tutto quello che c'è da sapere.»
«Va bene.» so che per lui non sarà facile sentire quello che ho da dire, ma dopo tutto quello che è successo almeno questo glielo devo. Accendo una sigaretta e inizio il mio racconto.
«Quella sera ero in ufficio che sistemavo alcune pratiche per un cliente, avevo bevuto un po' troppo e mio padre non faceva altro che rompermi i coglioni tutto il giorno, incolpandomi di tutti i miei casini e per tutto quello che gli andava storto, ma la cosa che mi fece più male fu quando disse che la colpa era stata di mia madre, di come lei mi aveva cresciuto male, e di quanto lui si vergognasse di me perché io ero un totale fallimento proprio come lei. Urlava così forte che anche i morti lo avrebbero sentito, poi aggiunse che mai nessuna donna sarebbe stata al mio fianco perché ero un totale disastro.

Ero davvero distrutto, ma continuai a bere per non sentire più quel dolore che avevo dentro.

Sai, avevo pensato perfino di farla finita e togliermi la vita, perché in effetti non aveva così torto. Mi trovai Hanna davanti alla porta dell'ufficio, mi vergognai tanto per il modo in cui mi guardava, aveva sentito tutto credo. Mi venne vicino e mi abbracciò. Io la rifiutai perché non volevo compassione da nessuno, tantomeno da lei, ma lei se ne fregò. Mi trovai a piangere tra le sue braccia e man mano mi calmai, ma la rabbia era arrivata al culmine: volevo ucciderlo a tutti i costi, e lo avrei fatto se lei non me lo avesse impedito.

Cercò in tutti i modi di farmi ragionare e alla fine non so come ma ci riuscì. Continuava a dirmi che tutto si sarebbe risolto, e che lei mi sarebbe stata sempre vicino. Poi incominciò a fare dei strani discorsi, di quanto io le piacessi e di quanto mi avesse amato fin dal principio. Quando mi resi conto di quelle parole la allontanai da me dicendo che non si doveva più far vedere, non ricordo come ma credimi me la trovai fra le gambe. Ero talmente ubriaco da far schifo e lei continuava a toccarmi e ripetere che non ti avrebbe mai sposato perché lei mi amava e lo avrebbe fatto per sempre.»

Prendo fiato accendendomi un'altra sigaretta, Stive mi segue aspettando che io finisca il mio racconto, lo guardo attentamente e vedo il dolore nei suoi occhi, e questa sua espressione mi uccide ancora una volta. Mi fa segno di continuare.
«Caddi alle sue provocazioni, e subito dopo me ne pentii amaramente, ma purtroppo era già tardi.
La cacciai fuori dal mio ufficio, e le dissi che non doveva più tornare, e così fece per circa un mese. Una sera pioveva a dirotto, me la trovai fuori casa tutta bagnata, era davvero uno straccio, piangeva e continuava a dirmi che voleva solo parlare. Decisi di farla entrare, e mi disse che aveva sbagliato e che le mancavi tantissimo e tante altre cazzate.»
Mi fermo dopo aver visto Stive fare un respiro.
«Tutto bene?»
«Sì Neyt tutto bene! Continua.»
«No Stive è inutile continuare, dannazione ti farai solo del male lo capisci?»
«Tu non sai un cazzo di come sto io è chiaro?!» continua ringhiando.
«Non c'è più un cazzo da dire Stive!» urlo, ma lui mi guarda negli occhi e lì capisce. Mi conosce troppo bene.
«Cazzo dimmelo Neytan o giuro che ti ammazzo...»
«Hanna era incinta, incinta di due mesi! E io di certo non ero il padre.»

STIVE'S POV.

Faccio fatica a respirare, in questa casa non c'è aria. Esco di corsa fuori alla terrazza che affaccia direttamente sul mare, cerco di prendere aria, ma mi è difficile al momento. Sono confuso, Hanna aspettava un figlio, un figlio che era mio. Appoggia la mano sulla mia spalla e vede confusione, rabbia, ma soprattutto sofferenza.
«Ehy stai bene? Ecco perché non volevo che tu sapessi, credimi non avrei mai voluto.»
Mi guarda e si avvicina il più possibile al mio viso, e con tutta la rabbia gli dico:
«Tu non sai un cazzo di me!»
Faccio un ultimo respiro prima di parlare:
«Neytan, come sta?»
«Hanna ora sta bene.»
«No Neyt non me ne fotte un cazzo di Hanna! Io parlo del bambino, come sta?»

NEYTAN'S POV.

Mi siedo su una poltrona, faccio fatica a parlare. Strofino le mani sulle gambe per cercare il coraggio ma fallisco, guardo Stive e vedo che i suoi occhi aspettano una risposta, una risposta che non sono in grado di dargli, non dopo tutto questo.
«Stive il bambino non ce l'ha fatta. Mi dispiace.»
I suoi occhi sono spenti, anche se pieni di lacrime non riesce a dargli la luce. Le gambe non riescono più a reggerlo, si inginocchia davanti a me implorandomi di dire la verità.
«Ti prego, amico dimmi che è uno scherzo. Neyt, ti prego!»
Ormai a quella visione sono anch'io distrutto, solo al pensiero della sua sofferenza. Mi avvicino cercando di aiutarlo a tirarsi su, ma quando sto per farlo, i suoi occhi fissi nei miei mi distruggono. Voglio abbracciarlo ma ho paura di farlo. Ma poi me ne frego perché gli voglio bene, forse troppo. Lo stringo forte a me.
«Mi dispiace amico davvero scusami per il male che inconsapevolmente ti ho provocato, ma credimi non volevo.»

Ma dopo pochi minuti mi guarda e lì ho finalmente capito che il mio migliore amico era tornato, ed io non vedevo l'ora di riabbracciarlo.

Nulla Può SuccedertiWhere stories live. Discover now