Capitolo 5

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Ho appena finito di sistemare il mio appartamento, ora sì che sembra una casa! Non è molto grande, ma per me va più che bene, siccome vivo da sola.
La cucina è di color noce chiaro. La camera matrimoniale, invece, è proprio come l'ho sempre desiderata. All'entrata dell'appartamento c'è un divano in pelle a forma di cuore con un tappeto di un rosso acceso. Ci sono grandi finestre che illuminano tutto l'ambiente e che si affacciano su un vialone alberato.

Adoro questo posto, mi fa sentire così viva.
Decido di preparare la cena, ma mi accorgo di non avere ancora nulla in casa, quindi non mi resta altro che scendere e fare un po' di spesa.
Esco dal portone e mi accorgo di quanto si sia rinfrescata l'aria. L'odore delle foglie secche si espande per le vie della città.
Inizio a camminare lungo il vialone accorgendomi di quante foglie il vento ha fatto cadere, fino a riempirne la strada.

«Come mi rilassa questo scricchiolare, sembra quasi una melodia.»

Mi godo questa serata fantastica, e mi accorgo di trovarmi di nuovo davanti alla caffetteria.

«Devo dire che qui il caffe è veramente buono!»

Decido di entrare e ordinarne uno. Quando mi siedo, mi accorgo del barista e del suo sguardo triste.
Chissà il perché. Poi mi ricordo dell'accaduto e ripenso a quello che è successo, era veramente incazzato.
Inizio a sorseggiare il mio caffè, ricordandomi ogni lineamento di quel ragazzo dai capelli corvini. Mi ero incantata a guardarlo. Il suo sguardo da pesce lesso mi ha fatto anche sorridere, ma poi vedendo il modo in cui ha reagito al barista per la consumazione versata sono rabbrividita. Mi ha provocato un tale disgusto da farmi scappare via di lì. Il suo sguardo era freddo, quasi indifferente. E poi quegli occhi.
Dio santo lo avrebbe ucciso se avesse potuto. Lo odio e spero per lui che questo pover'uomo non venga licenziato, perché solo Dio sa quello che passerà quel gran figlio di puttana.

Mentre la rabbia mi assale, mi alzo per andare in bagno e sento un ragazzo parlare con il barista. La sua voce è così malinconica, come se stesse piangendo, ma non riesco a vederlo. È seduto davanti al bancone e mi dà le spalle. Cerco di allontanarmi e non impicciarmi, ma mi è impossibile nel momento in cui il suo tono di voce si alza notevolmente. Faccio finta di niente, ma noto che il barista mi guarda cercando di tranquillizzarmi con lo sguardo.

Ritorno al mio tavolo per finire il mio caffè, sento un telefono squillare. Mi affretto a prenderlo ma mi accorgo che non è il mio.
Quando sto per posare il mio cellulare nella borsa mi si blocca il respiro: Oh mio Dio è lui, che ci fa di nuovo qui? Risponde al suo cellulare uscendo dal locale.

NEYTAN'S POV.

«Pronto? Sì papà, ora non posso ho da fare. Sì lo so, domani farò io i colloqui ok? A domani.»
Attacco la telefonata con quello stronzo di mio padre. Rientro per pagare le mie consumazioni ma quando sto per farlo, la vedo.

Dio mio sono ubriaco o ho le allucinazioni? Cavolo quant'è bella. La vedo sorseggiare la sua bevanda, noto il rossore del suo viso e non capisco il perché. Il suo sguardo è fisso sul tavolo e non posso vedere i suoi smeraldi. Non so se è l'alcool, o se è realmente qui a soli due passi da me. Voglio conoscerla subito! Quando sto per rientrare mi gira la testa.

Cerco di ricordarmi quanto ho bevuto anche stasera.
No, non posso presentarmi in questo stato, scapperebbe subito. Chiunque lo farebbe, e poi cazzo, ho ancora l'odore di ufficio addosso. La guardo e la riguardo ancora, non sapendo proprio cosa fare. Ma chi se ne fotte, entro.

Faccio un gran respiro e inizio a camminare, vedo che si è alzata venendomi incontro con lo sguardo basso. Mi fermo.
Siamo praticamente uno l'uno di fronte all'altra e non riesco a toglierle gli occhi di dosso.
Lei è lì, ferma. I suoi occhi guardano i miei, riesco a percepire il suo imbarazzo.
«Ciao» dico balbettando, continuo a fissarla senza avere sua risposta. I suoi occhi lasciano i miei e scavano di nuovo un vuoto dentro di me, colmato soltanto da un immenso dolore.

Nulla Può SuccedertiWhere stories live. Discover now