Capitolo 2

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NEYTAN CARTER'S POV.

Sento un suono terribile che mi sta facendo scoppiare il cervello. Intorno a me è tutto buio, non riesco a vedere un cazzo e non ho la più pallida idea di dove mi trovi.

Tocco con le mani qualcosa o qualcuno, non lo so.
La testa mi fa un male cane e sento delle voci provenire dall'altra stanza, ma non riesco a muovermi; sono legato. Legato a qualcosa. Sto cercando di capire cosa.
Ad un certo punto mi sento toccare, mi giro di scatto e vedo una ragazza molto carina. Mi dà un bacio sulle labbra e io l'allontano subito da me, facendola cadere a terra.
«Deve essere sicuramente una delle mie puttane giornaliere», penso. Non so chi sia e sinceramente neanche mi interessa.

Cerco di slegarmi il più veloce possibile per uscire subito da quell'appartamento che emana un odore nauseante, anche se non so dove mi trovo. Ma devo uscire subito!
Dopo essermi slegato prendo i miei vestiti ed esco di fretta e furia.

Uscito da quel posto sgradevole cerco di capire dove sono, ma soprattutto dove ho lasciato la mia Ferrari.
Mi guardo in giro, poi la trovo.
Entro in macchina e mi accorgo che sono già le 7.00 del mattino.
«Cazzo, è tardissimo!»

Quando entro nel mio appartamento noto un gran casino, non perdo tempo e mi infilo sotto la doccia fredda, cercando di riprendermi da questa terribile sbornia ma soprattutto di liberarmi dall'odore di vomito che ho addosso.

Uscito dalla doccia prendo il mio iPhone e chiamo subito la mia segretaria, avvertendola  di spostare tutti i miei appuntamenti. Non aspetto sua risposta e attacco il cellulare.
Decido di uscire da qui, lasciando la cameriera a pulire il mio schifo e vado a fare colazione al mio solito posto. Mi piace venire qui: non è la solita caffetteria, quella che purtroppo mi tocca frequentare, dove ci sono  persone con la puzza sotto il naso, snob e ben vestiti, che non sanno un cazzo di come è la vita qui fuori.

Beh in realtà nemmeno io lo so, dato che la mia famiglia è molto ricca: quasi mezza Los Angeles è di mia proprietà. Mio padre è uno dei migliori avvocati della città, e siccome io sono il suo primo e unico figlio mi ha dato la metà dei suoi beni, anche se in realtà a me non fotte un cazzo di tutto questo.

Joshua Carter, è così che si chiama mio padre. È sempre stato un uomo d'affari, a casa non c'era mai e quelle poche volte che c'era passava il suo tempo  libero nel suo ufficio a fare chissà cosa con quelle sue puttanelle.

Io avevo solo 4 anni quando mia madre morì. Non ricordo molto di lei, ma una cosa la ricordo perfettamente: era il suo profumo. Non che avesse qualcosa di specifico: era bello, era parte di lei.
Quando mia madre morì rimasi letteralmente solo, mio padre continuava col suo lavoro fregandosi di me. Sono cresciuto in fretta cavandomela senza chiedere mai aiuto a nessuno, facendo in modo che il mio vissuto di tutti i giorni mi desse degli insegnamenti.

Speravo che un giorno sarei diventato un uomo diverso, un uomo migliore. Quella era la mia paura più grande: diventare come "Josh Carter", un uomo senza un briciolo di cuore che scopa come un liceale e che tratta le sue donne come troie.

Alla fine quello che temevo di più nella mia vita è accaduto: sono un gran figlio di puttana esattamente come mio padre e questo mi fa incazzare, mi fa venir voglia di spaccare tutto e ubriacarmi di nuovo.
Mentre sto per ordinare uno dei miei caffè, i miei occhi vengono catturati da una bellissima ragazza.
La guardo attentamente e noto che sta camminando
nella direzione della caffetteria. Rimango ipnotizzato dai suoi occhi color verde smeraldo.
Il suo sguardo incrocia il mio.
Rimango lì a fissare il suo viso che mi provoca una fitta al cuore. Tutto intorno a me sembra non esistere più. Rimaniamo per svariati minuti a
fissarci senza che nessuno di noi due abbassi lo sguardo.

«Cazzo, non riesco a non guardarla.»

Continuo, ma il suo sguardo si è arreso lasciandomi un vuoto dentro, e facendomi ritornare alla mia vita di sempre.

Nulla Può SuccedertiWhere stories live. Discover now