23. Passenger

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Attendo immobile
i toni calmi dell'alba


La ragazza sembrava a disagio quanto me. Tamburellava con le dita sul volante e stringeva nervosamente la leva del cambio, come se non sapesse cosa farsene delle proprie mani. «Uhm, come ti chiami? Io sono Miriam» disse infine. Perlomeno non mi aveva chiesto cosa ne pensavo del tempo, della crisi climatica o del fatto che non ci fossero più le mezze stagioni.

«Dori» mormorai piano. Ogni parola che pronunciavo era una scheggia di vetro che mi squarciava la laringe.

«Dori come Dorotea?»

Scossi la testa. «Doralice.»

Mi guardò sorpresa. «Oh. Che nome... originale. Non l'ho mai sentito, sai?»

«È letterario. Viene dall'Orlando Innamorato. E Furioso.» Pronunciare quell'intera frase mi fece lacrimare gli occhi per il dolore ed eruppi in colpo di tosse.

«Tutto bene?» domandò preoccupata.

Annuii, massaggiandomi la gola. La pelle escoriata del collo mi bruciava ancora a contatto con le dita. Mi chiesi quanto ci avrebbe messo a guarire.

Superammo un piccolo paesino sul promontorio, per poi addentrarci sempre più a fondo nell'entroterra. Attorno a noi la valle era buia, ma nella strada così poco illuminata si vedevano tutte le costellazioni e la mezza falce della luna splendeva minacciosa sopra alle nostre teste.

Mi domandai cosa diamine ci facesse quella ragazza per le strade sterrate della campagna a quell'ora della notte. Se le mie motivazioni erano oscure e traumatiche, quali potevano essere le sue?

Miriam si allungò ad accendere la radio. «Ti piace la musica?»

Annuii, stringendomi nelle spalle. A chi è che non piaceva la musica? Ero certa che il prossimo argomento di conversazione sarebbe stato proprio il tempo.

Fece partire una canzone ritmata, tra il pop e l'indie. Tastiera, chitarra e batteria si intrecciavano in una melodia davvero orecchiabile. Sembrava familiare, qualcosa che avevo di sicuro sentito in qualche radio o in streaming. Il testo era in italiano, parlava di amore e del peso di avere vent'anni. Prima che potessi fermarmi a capire bene le parole, però, Miriam abbassò il volume.

«Sai che faccio parte di una band? Questa è il nostro ultimo singolo, ti piace?»

Annuii di nuovo e abbozzai un sorriso, anche se dentro di me rimasi confusa e basita davanti a quell'affermazione così casuale. Ma dove diamine ero capitata?

«Stiamo lavorando al nostro nuovo album! Ci siamo ritirati nella casa di campagna dei genitori di Fil, il mio ragazzo, per scrivere e comporre musica e... Ecco! Siamo arrivate.»

Imboccammo una stradina sterrata adornata da cipressi e ci fermammo davanti a un casale più rustico e piccolo rispetto alla villa dei Damiani.

Parcheggiò l'auto e si voltò a guardarmi, un po' in imbarazzo. «Entriamo?»

Scesi dalla vettura con il cuore in gola. Non ero più tanto sicura di aver preso la decisione giusta. Avevo i nervi tesi come corde, la mente ancora bloccata in un meccanismo di attacco o fuga.

Una nuova casa, una nuova prigione.

Strinsi i denti, ingoiando il dolore a tutto il corpo e seguii Miriam verso l'edificio.

La guardai meglio: era minuta, più di me. I capelli chiari le arrivavano sotto alle orecchie, erano di un biondo così chiaro che sembravano quasi argento alla luce della luna. Si fermò davanti alla porta e si voltò a guardarmi, le labbra sottili strette in un sorriso tirato.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Where stories live. Discover now