26. Remedy

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Manderò i miei Angeli,
sicari e becchini, a prenderti.


Era passata quasi una settimana dal mio arrivo a casa di Filippo e, per fortuna, non avevo dato fuoco ad altri strumenti musicali. Carlo non aveva più tirato fuori l'argomento, dopo aver spiegato alla band che era stato colpa di "un brutto, assurdo, stranissimo incidente".

La chitarra era salva, la vernice era un po' bruciacchiata, ma sul nero non si notava così tanto, una volta sostituite le corde. In ogni caso, Carlo aveva un intero arsenale di chitarre con cui comporre e registrare la demo del loro nuovo album.

All'inizio l'avevo giudicato spocchioso e arrogante, ma dovevo ammettere che aveva ragione quando aveva detto che la loro musica spaccava e che le nuove canzoni avrebbero fatto un grande successo. Le melodie erano coinvolgenti e i testi orecchiabili, tant'è che mi ritrovavo a canticchiare Carlotta triste appena sveglia, o sotto la doccia. Alla fine, Carlo era solo un musicista determinato, sicuro di sé e del proprio talento. Un po' lo invidiavo, avrei voluto essere anche io brava in qualcosa, ma l'unica cosa che mi veniva bene erano gli attacchi di panico seguiti da esplosioni e incendi.

Be', forse anche quello poteva essere considerato un talento.

Il mio tempo, però, stava per scadere, me lo sentivo. Greg non avrebbe indugiato ancora, prima di cercarmi. Forse era già sulle mie tracce, ma speravo non mi avesse ancora trovata.

Non volevo ancora lasciare quel gruppo persone che iniziavo a considerare amici. Avevo spiegato loro, in modo molto vago, la mia situazione e il fatto che un ragazzo malvagio mi stesse cercando per farmi del male e loro avevano acconsentito a ospitarmi finché non mi fossi sentita al sicuro per riprendere il mio viaggio.

Carlo era l'unico a conoscere la piena verità. Aveva ascoltato la mia confessione sconclusionata senza giudicarmi, né darmi per matta, nonostante avessi distrutto una delle sue chitarre preferite. O forse non aveva detto nulla per il timore che dessi fuoco anche a lui.

Filippo si era abituato alla mia presenza e, sebbene continuasse a guardarmi sottecchi, mi aveva accolta nel loro gruppo, facendomi sentire una di loro. Non mi aveva fatto avvicinare neanche con lo sguardo alla sua batteria e né alla console di montaggio, sebbene non conoscesse le dinamiche dell'incidente Epiphone, non si fidava di me, e a buon ragione: era meglio tenermi lontana dagli strumenti musicale.

Miriam era la persona a cui mi ero avvicinata di più, dopo Carlo, forse perché era stata lei a salvarmi e portarmi al sicuro, dopo avermi messa sotto con la macchina. Era ancora dispiaciuta per l'accaduto, anche se avevo cercato di convincerla che non fosse del tutto colpa sua. Se non mi fossi lanciata in mezzo alla strada, di certo di non avrebbe presa in pieno.

Nonostante ciò, cercava ancora in tutti i modi di farsi perdonare prendendosi cura di me, così come faceva del fratello più piccolo. Eravamo entrambe due cuori a pezzi alla ricerca di conforto, specchiandosi nelle proprie ammaccature, nei propri sfregi.

Mi aveva confidato che Milo aveva sofferto di una forma acuta di leucemia, che gli aveva avvelenato il sangue. Dopo vari mesi di terapie, però, il tumore non sembrava retrocedere e si erano rivolti a una clinica privata per tentare un trapianto di cellule staminali e altre cure sperimentali. La clinica era costosissima, ma Milo era migliorato tanto che i dottori erano fiduciosi sarebbe presto guarito del tutto. Miriam contribuiva alle spese con quello che guadagnava dalla musica, ma aveva dovuto abbandonare l'università e trovarsi un lavoro per aiutare i genitori, che arrancavano per pagare le cure del fratello.

Era una situazione tragica, ma vedere Milo scherzare e stare bene mi dava speranza. Mi auguravo con tutto il cuore che potesse guarire e che Miriam potesse sciogliersi dal ruolo di sorella protettiva.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Where stories live. Discover now