13. Minerva

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Saggia Atena,
abusi della mia pazienza.


«Dormi?» mormorai. La mia voce, però, suonava diversa. Era più sottile e acuta, era quella di una bambina.

«No. Tu?» rispose una vocina maschile dal letto di sotto.

La stanza era in penombra, dalle finestre penetrava la luce bluastra della luna. Il vento ululava contro le inferriate, sembrava il canto di un lupo, o il lamento di un fantasma.

«Neanche io.» Scesi la scaletta del letto a castello trattenendo il respiro per non svegliare nessun'altro e m'infilai in quello di sotto. Il bambino mi fece spazio sotto le lenzuola, coprendoci fin sopra la testa.

Il vento fischiava minaccioso e il fruscìo degli alberi in lontananza sembrava un presagio oscuro.

«Fai i sogni brutti?» mi chiese il bambino. I suoi capelli ricci mi facevano il solletico sulla fronte e mi venne da ridere, dimenticando per un attimo la paura.

«Sogno sempre il dottore cattivo. E che succede qualcosa di brutto.»

«Non voglio tornare lì» si lamentò lui.

«Nemmeno io, Greggy.» Tirai su col naso. Il buio completo aiutava a calmarmi, odiavo quella stanza, la carta da parati macchiata e strappata, i letti uno sopra l'altro, il dover andare a dormire con la paura di svegliarsi al mattino. «Ma non lascerò che il dottore ti faccia ancora male.»

«E come? Non puoi mica fermarlo.»

«Gli farò esplodere il naso» risposi, seria, anche se il bambino non poteva vedermi.

Lui ridacchiò e io gli tappai la bocca, non volevo svegliare qualcuno e rischiare che qualche adulto venisse a sgridarci. Non portava mai a nulla di buono.

«Sai» sussurrò, quando lo lasciai andare. «Ho sempre paura di non tornare più indietro, come Fede.»

Federica era una dei bambini che erano entrati nel laboratorio del dottore, ma che non erano più usciti. Non l'avevamo più vista. Alcuni di noi speravano che avesse trovato una nuova famiglia, ma in fondo sapevamo che la verità era peggio di così. Che se n'era andata.

«Io...» Un magone grosso come il mondo intero mi si bloccò in gola. «Io non so se voglio più tornare indietro.»

«Non dirlo neanche per scherzo.»

«Scusa» mormorai.

Il bambino mi strinse la mano. «Se non torni più come faccio io senza di te? Sei la mia unica amica.»

«E tu sei il mio.»

Mi svegliai di soprassalto, sudata e con il cuore che mi sbatteva feroce contro le costole. Avevo avuto un altro incubo. Feci un respiro profondo e tornai a posare sul petto di Greg, stringendomi a lui, cercando conforto nel suo calore.

Spalancai gli occhi.

Che diavolo ci facevo abbracciata al mio carceriere?

Mi sfilai piano dalle sue braccia, non volevo svegliarlo. Lui mugugnò qualcosa e si girò su un fianco, continuando a dormire. Mi sdraiai accanto a lui, con la testa appoggiata alla mano per osservarlo meglio.

Aveva i capelli ricci scompigliati sul cucino, la bocca serrata in un broncio adorabile. Il suo addome si alzava al ritmo tranquillo del suo respiro e il mio sguardo si fermò sul punto in cui la maglietta si era sollevata a scoprire la pelle nuda tra il suo ombelico e l'elastico dei pantaloni della tuta.

APOKALYPSIS [Thanatos Trilogy Vol. 1&2]Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz