Always Fighting - VENTITRE

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Era convinta che alla fine Vikram avesse detto tutto a Castle e che probabilmente ora lo sapevano anche al distretto. L'avrebbero cercata, sapeva che Rick avrebbe fatto di tutto ed era proprio quello che avrebbe voluto evitare. Lo conosceva, si sarebbe messo nei guai ed invece doveva restarne fuori, pensare solo alla loro bambina.

Un rumore di passi che si avvicinavano la fece abbandonare i suoi pensieri. Sentiva l'incedere deciso di più persone farsi sempre più chiaro, poi fermarsi ed aprire quella che doveva essere una porta metallica situata sulla parete davanti a lei nell'angolo alla sua destra. La stanza fu invasa da una luce fredda molto più forte che veniva dalle lampade al neon da fuori e i suoi occhi ne furono abbagliati per qualche secondo tanto che vide solo le sagome di quattro uomini entrare, ma non riuscì a vederne i tratti. La porta fu richiusa con un rumore stridulo: uno dei tre uomini si posizionò davanti a lei, due li sentì spostarsi ai suoi lati ed uno si spostò dalla parte opposta della stanza alle sue spalle. Nessuno parlava, sentiva solo il rumore dei passi del quarto uomo allontanarsi e poi frugare in quella che poteva essere una cassapanca di legno o qualcosa del genere, lo capì da come il coperchio di legno rimbombò quando la chiuse. Kate cercava di mettere a fuoco l'uomo davanti a se, ma rimaneva nella zona di ombra della stanza, le pareva, solamente che ogni tanto scoprisse i denti in un sorriso compiaciuto. L'uomo si spostò verso il muro indietreggiando di qualche passo e premendo un'interruttore accese una luce che disorientò Kate.

- Hola Jefa! - La salutò beffardo l'uomo che si era avvicinato a lei senza che se ne rendesse conto - Ci hai messo molto più del previsto... Finalmente ci incontriamo, non sei contenta? Volevo conoscerti da tanto tempo... diciamo più o meno... dieci anni...

Kate lo guardò e ascoltava le sue parole ma non era convinta di aver capito bene. Dal suo volto traspariva tutta la sua confusione e Campos si fece una grassa risata nel vederla così.

- Non capisci vero? Ne ero sicuro. Quanta gente hai ucciso eh Capitano Beckett? Non te lo ricordi nemmeno vero? Hai perso il conto? Le mie vittime me le ricordo tutte, una per una. Sono 42. Tu ne hai uccise di più o di meno? Eppure io sono un assassino per il tuo stato e tu no, perché? 10 anni fa tu hai ucciso un uomo che per me era come un fratello. Un colpo solo in testa.

Kate sentì il rumore di una pistola che veniva caricata e poi avvertì la pressione della canna sulla sua tempia destra.

- Si chiamava Ramon, come mio figlio. L'avevo chiamato così in suo onore e tu li hai uccisi entrambi.

- Non ho ucciso io tuo figlio! - Fu la prima volta che Beckett parlò

- Oh sì, è come se l'avessi fatto tu. Se io sono il mandate di tutti gli omicidi del mio clan tu sei la responsabile dell'omicidio di mio figlio.

Campos girava intorno a lei che rimaneva con lo sguardo fisso dritto contro il muro.

- Cosa provi quando uccidi qualcuno Beckett? Ti piace? Ti senti potente? Hai la sensazione di sentirti un po' come Dio che puoi in una frazione di secondo decidere se prenderti la vita di qualcuno?

Campos tornò davanti a lei e le alzò la testa per imporla a guardarlo.

- Ma sai cosa ti da ancora più potere? Decidere. Decidere se uccidere oppure no. E quando. Quello è il potere. Vedere chi hai davanti arrivare a pregarti di ucciderlo e tu invece, non lo fai. Quello è potere. Sapere che da un tuo gesto dipende la vita di qualcuno.

L'uomo allungò la mano e quello che teneva la pistola puntata contro Kate gliela passò. Campos la prese mirò su Beckett e con un rapido gesto premette il grilletto.

Una sonora risata di Campos risuonò nella stanza mentre osservava la donna.

- Hai avuto paura eh Beckett? L'ho visto nei tuoi occhi... A cosa hai pensato in quell'istante? A tua figlia? A tuo marito? Alla tua vita o a tua madre?

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