❧Μια κοιοτητα των πεταλουδων.

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Era sera, anzi, notte quasi, e stavamo stesi sul tetto a guardare le stelle. Non sapevamo se fosse lecito farlo o meno, ma era una cosa che io non avevo mai fatto, e ovviamente lui volle farmelo fare non appena l'aveva saputo. Io però avevo in serbo qualcosa per lui. Un po' di tempo prima di partire avevo trovato quella collana che mio padre mi aveva donato. Ricordo che l'ultima volta in cui l'avevo vista era stata poco tempo dopo il trasferimento, e all'epoca avevo addirittura pensato di buttarla, perché convinto che non avrei potuto darla a nessuno. Adesso invece le cose erano ben diverse: volevo darla a lui, volevo che fosse lui a tenerla, perché era lui la persona importante di cui mi aveva parlato mio padre.

"Nam" lo richiamai, notando che si era perso a pensare.

"Sì?"

"Chiudi gli occhi" dissi.

"Cosa?" la voce confusa.

"Chiudili"

"Cosa hai in mente?" si preoccupò.

"Nulla di preoccupante, tranquillo. Avanti, fallo"

"Va bene" chiuse gli occhi sorridendo "ma se è uno scherzo me la pagherai"

"Non è uno scherzo, tranquillo" dissi cingendogli il collo con la catenina alla quale era appeso quel ciondolo.

"Okay, puoi aprirli"

"Mh?" si guardò attorno stranito, poi abbassò lo sguardo e la vide. Prese il ciondolo in mano e lo guardò a lungo "quando l'hai presa?"

"Mia madre la diede a mio padre e lui a me. L'ultima volta in cui la vidi fu poco dopo il trasferimento a casa tua. Da allora sono cambiate molte cose, ma non quello che provo per te... O meglio, anche quello è cambiato, ma in meglio. Mio padre mi disse di darla a qualcuno... Alla persona a cui più tenevo al mondo. La farfalla è simbolo di rinascita: da un animale tanto brutto nasce un essere bellissimo, proprio come è successo con noi, da quando sono venuto a vivere a casa tua. Da quell'odio è nato tutto ciò; certo, non si può dire che sia stato tutto rose e fiori, ma è stato bellissimo comunque e non farei a cambio con nulla. Quindi, in pratica, voglio che la tenga tu per questo motivo" spiegai, prendendogli le mani e giocherellandovi. Eravamo seduti l'uno di fronte all'altro, con le gambe incrociate, e io continuavo a fissare un punto indefinito a terra; non riuscivo a parlare così guardando qualcuno negli occhi. Quando notai però che non arrivava da lui alcuna risposta, mi accigliai, preoccupandomi.

"Nam? È tutto okay?" lo guardai e notai che anche lui teneva il capo chino.

"Mh? Sì, sì è tutto okay; e questo ciondolo è bellissimo" sorrise, ma riuscii a leggere qualcosa di amaro in quel sorriso.

"È successo qualcosa? Davvero, si nota che qualcosa non va"

"Non è niente, passerà" scosse il capo.

"No, non passerà: dimmi che succede"

"Non è nulla di grave, davvero"

"Nam..." quasi supplicai.

"È che... Quando prima pensavo al futuro, pensavo a te. Era quasi un meccanismo automatico: Se mi chiedevano come immaginavo il mio futuro io pensavo automaticamente a te. Pensavo a te, a noi, al vivere insieme in una casa nostra per davvero, al fare tutte quelle cose che si fanno quando si sta insieme. Pensavo ad un lontano futuro, e mi immaginavo ancora accanto a te, fino all'ultimo istante. Ultimamente invece... Ultimamente ho provato ad immaginare il mio futuro e sai cosa ho visto? Non ho visto nulla. Niente. Il vuoto totale. Adesso se penso al mio futuro penso al buio" si fermò un attimo, la voce tremante "e se penso che prima o poi t-tu... Sì insomma hai capito, improvvisamente i-io... Io vedo tutto nero, e sento che non posso farcela da solo" una lacrima gli rigò il volto. Odiavo vederlo piangere, era la peggior cosa che mi potesse accadere "come posso pensare al futuro se tu in quest'immagine non ci sei? Sarebbe come se un cieco provasse ad immaginare i colori. Non ci riesco e basta. Io senza te non sono nulla di definito, sono solo un punto fra un miliardo, e non ho motivazioni per continuare ad esserlo. So che è un discorso senza senso, perché pensando ciò non cambia molto, ma io non ce la faccio davvero. A volte provo ad immaginare come sarà quel momento e mi sento male, sento un vuoto all'anima enorme, come se mi stessero portando via qualcosa di vitale. Mi dispiace avertelo detto così..." continuò a parlare fra le lacrime, asciugandole di tanto in tanto.

Lo strinsi a me, quasi tirandolo. Non so perché lo feci, fu un gesto quasi automatico, un bisogno, oserei definirlo. Io lo sapevo che stava male per tutto quello che stava accadendo, lo sapevo che fra i due quello che soffriva di più era lui, sapevo che prima o poi avrei dovuto lasciarlo andare e che le parole che aveva detto poco fa erano ahimé sin troppo vere. Mi sentivo sempre in colpa, perché ero io che lo stavo facendo soffrire tanto. Sapevo anche che tutto quello che stava facendo lo stava facendo solo ed esclusivamente per me, che stava cercando di alleviare quel dolore che provavo... Ma la domanda era: il suo dolore, in tutto ciò, si alleviava o si stava solo accrescendo?

"Nam, ti prego, non parlare così. Non dire che senza me non vali nulla, perché non è vero. Non pensare che non ci sarà alcun futuro, non vedere tutto buio, o vuoto, non è così che sarà e io ne sono sicuro. Perché ti conosco, perché so che sei forte, lo sei sempre stato, mi hai sempre trasmesso la tua forza, e so che non cederai proprio ora. Spesso mi sento in colpa per tutto ciò, perché so che soffri tanto, ma che non vuoi dirlo, e so che tutto ciò che fai lo fai per me, che ti faccio solo soffrire"

"Tu non mi fai solo soffrire" scosse il capo "tu sei la cosa più importante che io abbia, non mi fai soffrire. Tu rendi la mia vita quello che è, e senza te la mia vita non è nulla"

"Non è vero. Non sono tut-"

"Sì. Sei tutto. Sei tutto ciò che ho, ciò che voglio e ciò che vorrei se non l'avessi. Sei tutta l'aria che respiro, tutte le stelle del mio cielo, tutto il bene che c'è nel mio male. Sei tutto e sarai sempre tutto"

"Non pensiamo a quello che sarà, ti prego. Voglio vivere giorno dopo giorno, con te, finché posso, okay?" gli alzai il volto e gli carezzai una guancia dolcemente.

"Cosa ho fatto per meritarmi proprio te?"

"Io non sono tutto questo granché, sei tu che mi rendi qualcuno. Non lo dico tanto per dire, perché sai che prima di incontrarti io non mi consideravo neanche una persona degna di vita" ridacchiai per la definizione che mi ero dato "poi sei arrivato tu, e la mia vita è stata stravolta. Sei arrivato tu e ho iniziato a vivere"

"Io ti amo, Kim Seokjin, è lo farò finché non esalerò il mio ultimo respiro. Non importa quando accadrà, io ti amerò fino al mio ultimo istante di vita"

Era la prima volta che lo sentivo pronunciare quelle due parole. Era vero, non l'aveva mai detto prima d'ora. Sapevo cosa provasse, ovviamente, ma sapevo anche che era difficile per lui pronunciare quelle due parole, non mi aspettavo che le avrebbe dette così, all'improvviso, ne rimasi molto sorpreso. Però mi sentii felice, mi sentii bene in quel momento. Ancora una volta era riuscito ad alleviare il mio dolore.


*Μια κοιοτητα των πεταλουδων [Mia koiotetà ton petaludòn]=
"Una moltitudine di farfalle" (Indica una sensazione di estremo amore che si prova nei confronti di qualcuno o qualcosa che ci fa sentire bene)

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