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“Domani ti porterò in un posto fantastico!”
“Dove?”
“Vedrai…”
Queste parole mi risuonano ancora in testa.
Ieri sera Michael mi ha lasciato con questa frase e io, curiosa come sono, non ho chiuso occhio questa notte, immaginando solamente i milioni di luoghi della California e dintorni in cui potremmo andare. Dove mi vorrà portare? Oddio, non vedo l’ora di scoprirlo! Fino ad oggi, tutte le sorprese promesse da Michael sono state a dir poco magiche e incredibili. Ma esisterà al mondo posto più bello di Neverland? Ormai mi convinco sempre di più che questo luogo è il posto più bello del mondo! Come si può dire il contrario? Mmmh… Non sto più nella pelle!
Cambio i vestiti e scendo in fretta le scale. Sono le sei di sera. Michael è lì in piedi, tra il tavolo di legno e una parete del muro, che beve qualcosa da una tazza. Solleva lo sguardo e mi osserva scendere in tutta fretta con i suoi occhioni scuri. Rallento il passo, incantata e stordita da quello sguardo, e mi si fanno le gambe pesanti. Ha una bellissima camicetta a quadri rossi e neri, leggera, un po’ sbottonata, e i pantaloni neri che gli danno l’aria di avere delle gambe ancora più slanciate e di essere più alto del solito.
-Tieni. Ho pensato che ti andasse qualcosa da bere– esclama allungandomi una tazza identica alla sua, comparsa magicamente dietro di lui.
-Hai pensato bene– rispondo prontamente con un sorriso, cercando di nascondere l’espressione incantata.
Un giorno me lo spiegherà come fa ad essere così meraviglioso.
-Allora, sei pronta ad andare nel posto più magico che tu abbia mai visto?
-Oltre Neverland, intendi?– chiedo ridendo, non riuscendo a trattenermi.
E’ veramente difficile trovare un posto magico come questo, ma è anche vero che qualsiasi posto se c’è lui è magico, persino la caotica Roma.
-Fidati, non ha nulla a che vedere! Anzi, non lo posso paragonare a Neverland. E’… è diverso. Su, andiamo.
Prende il suo fidato Fedora, se lo calca sulla testa e afferra una coperta di pile (mi pare proprio che sia la stessa in cui si stava avvolgendo Bubbles sul Giving Tree un po’ di tempo fa). Non chiedo il perché della coperta, anche se vorrei tanto saperlo. Questa volta mi lascerò stupire.
Fuori dai cancelli ci aspetta Frank nella Rolls Royce. Montiamo su e partiamo spediti. Sinceramente speravo che Michael desse una piccola indicazione a Frank riguardo la località in cui ci stiamo dirigendo, invece niente. Semplicemente saliamo e partiamo. Fuori, attraverso i vetri scuri, vedo solo l’asfalto che scompare sotto le ruote della macchina e i negozi che costeggiano i marciapiedi. Non sono del posto e non conosco le strade, non ho minimamente idea di dove ci stiamo dirigendo. Michael affonda nel sedile e si abbassa fino a quando la testa non arriva a metà schienale, poi prende distrattamente un libro e osserva le pagine. Non si può dire che stia leggendo, si vede lontano un miglio che non è interessato. Mi colpisce un particolare e a stento mi trattengo dal ridere. Mi abbasso anche io, a rallentatore, fino ad arrivare alla sua altezza e poi sussurro: -Interessante il libro! Peccato che sia sottosopra.
-Ahahah! E’ vero! Ma non lo devo leggere. Per le strade c’è molta gente e se mi dovessero riconoscere non potremmo più andarcene. Si riverserebbero in strada. Meglio essere prudenti.
Rimaniamo nel silenzio più assoluto (come se le nostri voci potessero essere udite al di fuori della macchina) fino a quando in lontananza, in basso, non vedo una lingua di terra bagnata da limpida acqua azzurra e, in alcuni tratti, persino blu scuro: l’inconfondibile mare della California. Mi raddrizzo sul sedile in cui ero sprofondata, guardando prima fuori e poi Michael, imrovvisamente piena di adrenalina. Lui prende degli occhiali da sole e fa segno a Frank di parcheggiare. Scendiamo delle scalette di legno e in un attimo siamo già in spiaggia. Devo dire la verità, ho sempre preferito la montagna al mare, ma qui in California è tutta un’altra cosa e poi i primi di Settembre non c’è nessuno. Niente caos, niente ombrelloni affollati di gente, niente urla e strilli, solo pace e tranquillità. L’acqua è cristallina, incrinata dalle piccole onde che bagnano la sabbia coperta di conchiglie e qualche alga portata dalla corrente. L’intera lunghezza della lingua di sabbia è costeggiata da palme dal fusto altissimo, scosse dai primi venti della stagione autunnale in arrivo. In lontananza si distingue il profilo dei palazzi e della città, una realtà ben distaccata ormai dal paradiso che ci si staglia di fronte. I piedi nella sabbia umida affondano ad ogni passo. Ciò che rende l’atmosfera carica di magia, però, è il sole al tramonto che, tinteggiando il mondo californiano di arancio-rosso-rosa, separa il cielo dal mare e sembra che addirittura vi si tuffi dentro.
-Che te ne pare?– mi chiede continuando a camminare lungo il bagnasciuga, proprio nel punto in cui l’acqua fa avanti e indietro ed inumidisce la sabbia.
-E’ bellissimo! Non ero mai venuta al mare in questo periodo dell’anno. A dire la verità, anche se lo facessi, a Roma non è la stessa cosa. L’acqua non è così limpida e le spiagge non sono così pulite.– Poi chiedo: -Perché la gente non viene in questo periodo dell’anno?
-E’ strano, ma  è così. La gente viene solo d’estate, è difficile trovarla qui quando comincia a fare freddo. Non capisce che in questi giorni avviene qualcosa di semplicemente magico.
-Sì, ma pensaci… Se fosse piena di persone tu non potresti più venirci.
Mi guarda a lungo, in silenzio, da dietro le  lenti scure degli occhiali; di solito non sono mai riuscita a sostenere uno sguardo per così tanto tempo, ma il SUO sguardo ha qualcosa di particolare. Ora me lo immagino senza occhiali, percependo solo la scintilla che si intravede dietro le lenti colpite dal sole, e mi perdo nella sua bellezza e nell’infinità di quegli occhi immensi in cui sembra vi sia riflesso il Paradiso. Il cuore mi batte forte e nonostante il vento sento caldo, ma vorrei che tutto questo durasse per sempre.
Poi la sua voce rompe il silenzio fatto di sguardi: -Anche questo posto mi lascia delle canzoni… Prova a chiudere gli occhi.
Ubbidisco.
-Cosa senti?
-Il suono del mare… le onde…
-E poi?
-Mmh…
-Non ci pensare, dì semplicemente ciò che senti.
-I gabbiani in lontananza e… il suono del vento che scuote le palme. C’è solo questo e la nostra voce. E’ il paradiso!
-Hai visto?– dice. –Hai fatto musica.
Continua a camminare, ma con passo più lento, come se avesse tutta l’eternità davanti a sé. La brezza marina soffia leggera e mi accarezza il viso, scompigliandomi i capelli; a Michael invece fa ricadere qualche ricciolo davanti al viso, ma non se ne cura e continua a camminare. Si avvolge nella coperta e ogni tanto la lascia svolazzare dietro le spalle, al vento, alzando un po’ di sabbia.
-E’ una meraviglia!– continua a ripetere e all’improvviso comincia a girare su sé stesso, con gli occhi chiusi e le braccia aperte. Infine fa adagiare la coperta sulla sabbia e ci si sdraia sopra, lasciando un posto accanto a sé. Mi fa un piccolo cenno con la testa ed io, timidamente, mi lascio andare sulla coperta accanto a lui. Non chiede mai un po’ di tempo per sé, per stare da solo, ma si ricorda sempre di me e cerca il più possibile di farmi stare a mio agio. Non ha idea di quanto lo apprezzi. All’inizio ero, sì, molto eccitata (direi al settimo cielo, non mi sembrava vero) all’idea di passare l’estate con il mio idolo, ma anche terrorizzata dal fatto che avrei potuto essere di troppo. Non avevo mai minimamente pensato alla sua vita privata, invece lui si è reso molto disponibile e comprensivo e, al contrario, mi ha dimostrato che ha un disperato bisogno di compagnia, compagnia vera.
Improvvisamente, oltre all’odore di salsedine, percepisco anche quello del buonissimo profumo di Mike. Mi sollevo un po’ sui gomiti per guardare il tramonto, mentre lui porta le mani dietro la testa e rimane sdraiato.
-A volte mi piacerebbe essere un perfetto sconosciuto. Camminare per la strada senza guardie e senza travestimenti. Chiacchierare con le persone di quanto sia bello il mondo e delle mie passioni senza che nessuno pensi “Oh mio Dio, sto parlando con Michael Jackson!”. Sono vittima del mio stesso successo, ma dopotutto bisogna pagarne le conseguenze se mi piace fare musica e avere dei fan per cui sei un punto di riferimento. Sai, è una grande soddisfazione, anzi, una delle più grandi– mi confida.
-Oh, non hai idea di quanta soddisfazione dia a noi essere tuoi fans– parlo al plurale perché, è vero, sono diventata una ballerina di Michael Jackson, ma prima di tutto rimarrò una sua grande fan. –Nelle nostre case risuona sempre la tua musica e le pareti sono piene di foto. Ciò che ci piace di te, oltre la musica, è che ci vedi con occhi diversi rispetto ad altre celebrità. Ci tratti come fratelli e sorelle e questo ci fa sentire bene… Ci fa capire che contiamo qualcosa nella tua vita, anche se non ci conosci, anche se sei dall’altra parte del mondo.
-E’ bello sentirselo dire da una fan. Non penso di aver mai parlato così sinceramente con una di loro… Penso che ormai non lo sei neanche più!– aggiunge con il suo solito sorrisino timido.
-Cosa vuoi dire?– ribatto io alzando un po’ la voce, voltandomi di scatto verso di lui. Come può credere che io non sia più una sua fan? Divento preoccupata di colpo.
-Intendevo dire che ormai per me non sei più una semplice fan… Ora sei un’amica, un’amica speciale. Sei sempre allegra, solare e splendida. Sei sincera e, in fondo, un po’ timida come me. Mi hai reso quest’estate più allegra e mi sono  molto divertito.
Da queste parole posso percepire che ormai il nostro tempo sta irrimediabilmente per finire e già mi sarebbero salite le lacrime agli occhi se solo quelle parole fossero state più significative del fatto che Michael mi abbia detto che sono una sua AMICA ormai. Lui, che aveva detto che di amici veri ne aveva ben pochi perché non sapeva di chi fidarsi. Dopo aver continuato a chiacchierare per circa una mezz’oretta in un’atmosfera d’incanto, con il rumore delle onde del mare di sottofondo, ripercorriamo la spiaggia a ritroso, costeggiando una scogliera rocciosa. Marchiamo delle nuove impronte, sopra quelle già fatte, e quella spiaggia si trasforma improvvisamente nell’avventura che sto vivendo. Ho camminato tanto durante questa estate, ho vissuto tante emozioni, ma prima o poi dovrò tornare indietro, alla mia vera casa, a Roma. Speravo solo che questo viaggio non fosse durato così poco. Come staranno i miei genitori? E’ da un po’ che non li sento… E Alessandra? Come starà passando i pomeriggi? Meglio godersi questi giorni  fino in fondo. Non troverò più spiagge così belle, tramonti fantastici, tutto questo svago, questa libertà, la vita come un divertimento, i bambini… ma non troverò neanche più una persona come Michael.

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