PREFAZIONE

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Era notte fonda. L'ultimo rintocco alla mezzanotte era ormai un ricordo lontano. Le strade, illuminate dalla fioca luce di una fila di lampioni che costeggiavano la strada, erano completamente deserte: nessun uomo si dirigeva a lavoro, neanche una donna che spingeva il passeggino, nemmeno l'ombra di un bambino che giocava nel parco con le sue risate gioiose portate dal vento. Sembrerebbe che le uniche creature presenti in questo posto fossero le stelle, che invece di abitare questo mondo imperfetto e pieno di domande, abitavano il cielo, l'altra faccia della Terra, oscura e misteriosa, ma nell'insieme perfetta, in compagnia della luna. Quante volte gli uomini le avevano bramate e cercato di possederle, eppure ancora non avevano capito che la libertà delle stelle non poteva essere deturpata da nessuno; solo i bambini avevano la capacità di puntarle, dargli un nome e decidere cosa erano per loro (persone venute a mancare nella loro vita, angeli, fiammelle, fate, amici immaginari...) perché era tutto dettato dall'innocenza e dall'amore, che non possedeva, ma legava la persona alla stella, lasciando libertà sia all'uno che all'altro. La domanda rimaneva sempre la stessa: non cosa, ma chi erano effettivamente le stelle? Per gli adulti, che non sapevano più immaginare, erano semplicemente frammenti incandescenti che prima o poi si sarebbero spenti, ma per quella piccola parte di persone che ancora faceva sopravvivere l'immaginazione?
Improvvisamente, da quel cielo blu notte in cui, come su un telo, erano ricamate le stelle, una si staccò e precipitò giù, in tutta fretta, come se fosse diventata troppo pesante, e incontrò la terra con uno schianto. Perché l'avevi fatto stella? Era troppo soffocante il tuo cielo? Avevi curiosità di vedere la Terra? O semplicemente ti mancava, dopo quel giorno in cui l'avevi lasciata all'improvviso, inconsciamente?
Un fruscio sul tetto di un palazzo. Il vento? Un uccello? Poteva darsi, ma non era quello. Un'ombra, barcollante, si sollevò piano dal rigido tetto su cui si era schiantata un attimo prima e, con grande stupore, assunse dei lineamenti umani. Dove si trovava? Per quanto tempo era rimasto lassù, come svenuto? Non ricordava nulla, ma sapeva che se si trovava lì era perché doveva svolgere una missione importante. Dove era quella ragazza che fin da piccola aveva volto la testa al cielo stellato, l'aveva puntato tra un sorriso e una lacrima, chiamandolo per nome, e gli aveva parlato, ogni sera, per tutto quel tempo? Dov'era la ragazza di cui aveva ascoltato con commozione e comprensione, incuriosito, le sue vicende, le sue emozioni e le sue preghiere, nella speranza che ritornasse sulla Terra? Quante volte avrebbe voluto rispondere a quel cuore infranto ancora pieno di speranza, a quegli occhi profondi e imploranti, a quelle labbra che, nonostante l'amarezza, si schiudevano sempre in un sorriso... In quel momento ricordò che la ragazza l'aveva ringraziato più volte per questa sua ultima qualità, perché sapeva che quella stella in vita aveva sofferto tanto, ma nonostante tutto andava sempre avanti con coraggio. Questa cosa lo onorava tantissimo, perché voleva dire che almeno lo scopo della sua breve esistenza era stato raggiunto: portare messaggi di amore, fedeltà e pace e sperare che qualcuno continuasse nella sua missione. Era per le persone come lei, quelli che continuavano ad essere i suoi "soldati dell'amore", che splendeva incessantemente ogni notte, per chi ancora credeva in lui e nella sua magia. Non era sicuro di niente, tranne che il suo cuore l'avrebbe guidato fino a lei.
Quando la luce di un lampione lo illuminò, tutto il mondo sembrò fermarsi per un istante: era di una bellezza talmente abbagliante da sembrare astratto, un viso pallido incorniciato da riccioli neri, un paio d'occhi che emanavano la luce delle stelle e un corpo fragile. Come per magia, si librò nell'aria come una piuma portata dal vento e cominciò a passare in rassegna tutte le finestre del palazzo su cui era atterrato; ognuna aveva la tapparella abbassata e, mano a mano che il tempo passava, il povero angelo temeva che non sarebbe mai riuscito a trovarla, fino a quando...
Si fermò vicino ad una finestra, apparentemente uguale alle altre. Era tutto tremendamente irriconoscibile, se solo non fosse stato per il suo cuore, che più si avvicinava alla stanza e più gli galoppava nel petto. Proveniva una strana energia da quel posto, un'energia che non aveva mai sentito prima e quasi non riusciva a gestirla. Sì, era quella la sua destinazione, il motivo per cui era stato mandato sulla Terra e, seppur dubbioso, doveva fare un tentativo. Chiuse gli occhi, inspirò ed espirò, e con il potere dell'amore si trasformò in una luce argentata che, lasciando una scia di polvere di stelle dietro di sé, si intrufolò nella stanza.
Di fronte a lui c'era la quiete di una casa buia e il silenzio era interrotto solo da un respiro affannato. Il suo? No, gli angeli non erano soggetti ad alcuno sforzo fisico. Fece un timido passo verso un lettino accostato al muro e si inginocchiò fino alla sua altezza. La luce del suo viso illuminò la penombra circostante e lo sguardo incontrò un volto, quello di una giovane ragazza dai capelli scuri assorta nel sonno. Il petto le si alzava e abbassava ad un ritmo incessante: era nel bel mezzo di un incubo. All'angelo bastò un secondo per riconoscerla... era lei la sua ragazza. Ora che l'aveva lì di fronte a sé, a qualche centimetro dal viso, le sembrò ancora più fragile e innocente di quando si affacciava alla finestra ogni sera. Le scostò con dolcezza una ciocca di capelli che le ricadeva davanti alle labbra e le strinse una mano; il suo respiro si calmò gradualmente e il cuore le riprese a battere ad una velocità normale, al contrario di quello dell'angelo che non aveva mai provato emozioni così forti fino a quel momento. Stava per procedere verso il punto più importante della missione: doveva infiltrarsi nei suoi sogni, per mantenere la promessa che le aveva fatto segretamente una notte e mostrarsi a lei. Dopotutto, se non poteva farlo alla luce del sole, avrebbe trovato un altro modo e quello gli sembrava il più idoneo. Si trasformò di nuovo in una luce argentata e, concentrandosi al massimo, si insinuò nei suoi pensieri più profondi, esplorò la sua anima e scacciò tutti i residui di dolore che ancora permanevano nel suo cuore. Rimase lì per tutta la notte, a vagabondare come uno straniero alla ricerca della felicità altrui, e vi rimase fino a quando le prime luci dell'alba gli comunicarono che era ora di tornare al suo cielo. Uscì fuori da lì con la stessa facilità con cui vi era entrato e rimase per un secondo a fissare quel viso che ora sorrideva come se il suo più grande desiderio si fosse appena avverato. Quanto riusciva ad odiare e amare allo stesso tempo il suo lavoro! Poteva ancora rendere felici le persone, ma non poteva rimanere con loro... Ogni notte visitava qualcuno che sentiva il forte desiderio di averlo accanto, esplorava i segreti della sua anima, e poi la mattina dopo doveva lasciarseli alle spalle e ricominciare da capo.
Sospirò e le lasciò tutto quello che si poteva permettere: un tiepido bacio sulla fronte e un ricordo ancora vivo sulla pelle, dopodichè se ne andò così come era arrivato.

Al suo risveglio, la ragazza si sentì finalmente felice e completa, come se il suo angelo custode avesse vegliato su di lei per tutta la notte, ma non aveva idea del perché, finchè non trovò una strana polvere argentata sul pavimento della sua camera. Nella mente le balenò un ricordo che prese subito le sembianze di un volto.
Davanti ai suoi occhi comparve una parola e la gridò.
Gridò il suo nome.

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