23

687 55 12
                                    

Alla reception non mi pare di scorgere nessuno, così suono più volte il campanello. Una donna alta e magra, con la gonna lunga e un'espressione severa esce da una minuscola stanza piena di fogli, penne e oggetti simili.
-Desidera?
-Ehm... il signor Jackson mi aspetta.
-Ha un appuntamento?- chiede in tono piatto, squadrandomi da sotto in sopra da dietro le lenti degli occhiali.
-Sì, diciamo che ho un appuntamento. Devo partire con lui oggi.
La donna non sembra credere affatto a quello che dico, nonostante glielo confermi più volte. La voce mi diventa più determinata. Non sarà certo lei ad impedirmi di partire con Michael!
-Glielo ripeto, ho un appuntamento con lui. Sono Claudia, la ragazza dell'altra sera- spiego ulteriormente, ma non sembra interessarle affatto quest'ultimo dettaglio.
-Attenda, prego.
Da sotto il bancone tira fuori un quadernino e inizia a sfogliarlo molto lentamente, bofonchiando "Questo no, neanche quest'altro...".
-Se non lo chiama farò ritardo e penserà che non sono puntuale. La prego, mi creda!
Niente da fare, sembra sorda. Tu guarda, da quando ero in anticipo ora devo preoccuparmi del ritardo! Sono nel panico, ma per fortuna arriva qualcuno, come un angelo custode, a salvarmi dall'imbarazzo. Ripetuti tonfi che provengono dalla scala, si fanno sempre più vicini, fino a quando non compare...
-Wayne! Grazie al cielo.
-Signorina...- guarda la donna che arrossisce sempre di più. -Qual è il problema?
-Ecco, il problema è che...- cerco di spiegare.
-Nessunissimo problema! Stavo giusto controllando se questa ragazza avesse un appuntamento. Prego, le faccio strada.
-Non serve, la accompagnerò io- interviene Wayne, con voce severa.
-Mi dispiace molto d'aver fatto ritardo!- cerco di giustificarmi mentre percorriamo il corridoio. -In effetti c'è stato qualche problemino con la donna alla reception... Pensava che cercassi di intrufolarmi nella camera del signor Jackson.
-E' il signore che ha dato ordine di non ricevere nessuno. Non è il suo caso, ma non può neanche immaginare quante fans hanno provato ad estorcere il numero della camera in cui alloggiava. Ogni sera c'era il delirio.
-Posso chiedere una cosa? Come mai non ho visto nessuno giù o camminare per i corridoi? Nessun rumore dalle altre camere o qualcuno che chiede informazioni alla reception? Non c'è vita!
Mi fissa per un attimo divertito e poi scoppia in una sonora risata.
-Signorina, c'è un'unica risposta a tutte le sue domande: non c'è nessun altro oltre al signor Jackson!
Ho un'espressione meravigliata. Come ci si deve sentire ad essere l'unica persona in un hotel così grande?
-Ma proprio nessuno?
-No, nessuno. Ogni camera è stata affittata da lui- afferma Wayne. -Ci sono solo la donna della reception, i camerieri e le donne delle pulizie. E' tutto per una questione di privacy. Il mio capo non può permettersi di essere una persona come le altre.
Penso che tutta questa storia sia molto triste. A nessuno fa piacere stare da soli... e poi cosa significa "una persona come le altre?" Suona quasi come un'affermazione dispregiativa. Certo che è come gli altri, ma da come ne parla la gente che gli sta intorno, sembra che lo stiano descrivendo come una specie di alieno, che non dice e non fa cose normali. Da quel poco che ho potuto capire, attraverso una breve telefonata e un fugace incontro, non è affatto così.

Arriviamo davanti alla camera. La porta è aperta.
-La sua ospite è qui, signore... Signore?
Wayne rivolge un inquietante sguardo alla stanza, apparentemente vuota.
-Era in camera quando l'ho lasciato poco fa.
Entra cauto nella stanza come un agente di polizia e impugna un walkie talkie, pronto a dare l'allarme. Non so cosa fare, ma decido di aspettare fuori la porta. Guardo le pareti del corridoio, preoccupata. Che cosa è successo a Michael? Sento la voce di Wayne che tuona: -Qui non c'è!
Nel corridoio percepisco un'aria strana. Alla fine della parete c'è una tenda pesante, rossa, con dei ghirigori, che nasconde un balconcino. Non si riesce a vedere attraverso la tenda, non è trasparente, ma sembra che si muova. Wayne esce dalla camera turbato.
-Vado subito ad avvertire la reception! Venga con me, non è sicuro.
La tenda si agita di più.
-Fermo, aspetti! Guardi lì!- e indico la tenda, trattenendolo a forza. -Non possiamo fermarci a giocare!- mi ammonisce severo, ma proprio in quell'attimo da dietro la tenda sbuca Michael, che ride a crepapelle.
-Hihihi- che dolce risata, mi fa tenerezza.
-Dovevi vedere la tua faccia. Ahah!- e si piega in due, battendo una mano sul pantalone.
Scoppio a ridere anche io. È sempre stato fissato con gli scherzi e i giochi. Dentro di lui c'è un eterno bambino... La povera guardia del corpo ha una faccia sbigottita. Poi, lentamente, si riprende dallo spavento.
-Signore, vuole farmi prendere un colpo?! A prima mattina?
-L'ho già fatto Wayne, l'ho già fatto... e non chiamarmi signore!- continua lui, ridendo.
Ride anche Wayne ed entra in camera a prendere le valigie. Caspita, sono veramente tante! Afferra anche il mio trolley e ci sorpassa visibilmente più sollevato. Michael mi guarda con quegli occhi stupendi, scuri e profondi. Sento un improvviso colpo allo stomaco.
-Buonasera! Ci dobbiamo sbrigare... per colpa mia abbiamo fatto più tardi del previsto- è imbarazzato e divertito allo stesso tempo. -Tutto bene?
-Abbastanza... Sono un po' agitata. Ancora non riesco a rendermi conto di quello che sta succedendo, almeno non del tutto.
-Tranquilla, non c'è motivo, ma spero ti divertirai con me. Non voglio essere motivo di tanta ansia!
-Ma certo che mi divertirò. Ho già cominciato a divertirmi.
Mentre parlo torturo quella povera collana che ho al collo. Come al solito usciamo dal retro. Wayne carica i bagagli nella Rolls Royce e poi andiamo in aeroporto con la limousine.
-In limousine per arrivare all'aeroporto! Ci dovrò fare l'abitudine.
Michael mi sorride. Per lui è una macchina normalissima, come la piccola auto che hanno i miei genitori per andare a lavoro.
-Non vorrai certo arrivare in aeroporto con la macchina per i bagagli...-
E' divertito e mi guarda in modo strano.
Io ho sempre usato una sola macchina per i bagagli e per viaggiare e non era neanche una limousine!
Questa volta è Wayne ad aprirci gli sportelli, poi si accomoda sul sedile anteriore, accanto all'autista.
-Dai, andiamo!- mi incita Michael sorridente.
-Sì, con molto piacere!- Si avvicina lentamente a me, in silenzio, mi afferra dolcemente la mano e insieme saliamo in macchina. La guardia del corpo chiude la tendina che separa l'autista dai passeggeri per lasciarci parlare in tranquillità e partiamo.
-Ti piace?
-Vuoi scherzare? E' bellissima!
-Lo sai, la prima volta che sono salito su una macchina del genere ero piccolo, non ricordo precisamente l'età, ma ero con i miei fratelli. La ricordo come un'esperienza magica!
-Già, è proprio vero. E poi stare con te è doppiamente magico!
Mi pare che arrossisca leggermente, ma non si nota molto perché mentre parla fissa un punto imprecisato del sedile di fronte. Arrossisco leggermente anche io. Mi sa proprio che l'ho messo in imbarazzo. Mi guardo intorno e dai vetri scuri riesco a scorgere le facce sbigottite dei bambini che tirano i genitori per le maniche costringendoli a guardare perchè non hanno mai visto un'auto così lunga in vita loro. Peccato che non possano vedere chi ci sia dentro...
Queste vacanze saranno fantastiche, non vedo l'ora di salire su quell'aereo che mi porterà con il mio angelo nella terra dei miei sogni: l'America!

We are ForeverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora